Machismo (anti)musicale

Giuseppe Gavazza

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Machismo (anti)musicale

Nei giorni scorsi alcuni concerti a cui ho assistito a Settembre Musica MiTo mi hanno riportato ad una considerazione.

Premessa
L'ignoranza di una società si rivela anche nell'atteggiamento machista di chi non concepisce che una donna possa essere intelligente; per questi machos la donna per piacere deve essere “bella” cioè seducente, vistosa, decorativa, facile, disponibile. L'intelligenza e la cultura - insomma lo spessore - non vengono neppure considerati possibili criteri di giudizio; non compaiono nelle caselle dei giudizi estetici. Salvo poi sfuggire, criticare, accusare, negarle il diritto d'esistere.
L'intelligenza è impegnativa, chiede sforzo e fatica, capacità di autocritica, disponibilità al continuo aggiornamento e alla discussione.

Analogia
Nei confronti della musica ritrovo spesso un atteggiamento simile: la musica per piacere deve essere “bella” e, per essere considerata tale, deve dare estasi, stordire, deve essere facile, immediata, seducente. Non deve far pensare; anzi deve allontanarci dai pensieri (anche se lo fa con mezzi volgari), è una droga legale a basso costo (sull'innocuità ho qualche dubbio e che esista una musicoterapia conferma che, per converso, possano esistere musicopatologie, anche gravi).
Pochi accettano il concetto che una musica possa essere intelligente e colta, avere spessore insomma.

Nessuna arte é più seducente della musica specialmente quanto diserta dal consesso delle arti per darsi alla prostituzione.
(Gianfrancesco Malipiero, Ti co mi e mi co ti, Vanni Scheiwiller, Milano 1966, p.24)

Capire la musica è impegnativo, richiede sforzo e fatica, capacità di autocritica, voglia di continuo aggiornamento, disponibilità alla discussione.

E' molto strano come un così piccolo numero di persone sia in grado di capire un pensiero musicale.
(Anton Webern, Il cammino verso la nuova musica, SE 1989 p.23)

Dopo l'antefatto i fatti
Ho ripensato a queste considerazioni all'uscita del concerto di lunedì sera del Clemencic Consort Gli imperatori austriaci e la musica. Un concerto bellissimo, intelligente ed interessante sulla carta che si è rivelato godibile e piacevole nella realtà, interpreti di eccellente livello in un ensemble famoso da anni, anche discograficamente. Sala semideserta però; peccato, a causa – probabilmente - di un repertorio troppo “originale” cioè inconsueto non standard (Le Stagioni di Vivaldi anche suonate male fanno sempre il pieno con grande successo e applausometro a fondo corsa). Un concerto da scoprire, mettendo il rischio di una sorpresa negativa a contrappeso di quello di una sorpresa positiva che ci potrebbe far conoscere e capire di più.
Ed è stato così, come nella seconda ipotesi, e ne valeva la pena.

Per impossibilità di credere a ciò che crede il mistico, si é finito spesso per non credere all'esistenza del mistico.
(Elvio Facchinelli, La mente estatica, Adelphi 1989, p.29 )

Ho ascoltato ieri sera -martedì - Il canto del vuoto tagliente Current 93 di David Tibet.Vero vuoto Hallucinatory (aggettivo ricorrente nei titoli del gruppo, musica ripetitiva ad ogni scala di tempo - dal giro di 3 accordi dei brani ai 25 anni di storia - come un frattale), per nulla tagliente, più ottusa che acuta; musicalmente un abecedario di banalità ostinato psichedelicamente per riempire il tempo e tanto, tanto kitch: gonfio, trionfante e retorico (via di mezzo tra uno show di Renato Zero e un film di Lucio Fulci, che non a caso viene dal rock; forse letto così era vuoto e tagliente ) per una sala grande gremita di un pubblico black&dark pittoresco e partecipe, molto omogeneamente dedicato, che già sa, conosce e si riconosce e si aspetta dalla musica quelle sensazioni allucinatorie che una musica che chiede attenzione d'ascolto non potrebbe dare con altrettanta generosità.
Il Barolo non è il miglior modo di ubriacarsi, per fortuna.

Ciò che non è straziante è superfluo, almeno in musica.
(Emil Cioran)


Non sono andato (succede mentre scrivo, mercoledì) ad ascoltare il tutto esaurito per la ormai consueta Nona di Beethoven, formato festa del paese, amplificata in una sala (Palaolimpico Isozaki) pensata per altro che per la musica acustica, in condizioni di ascolto che avrebbero fatto infuriare Beethoven, pur sordo.

Considerazione
La musica è una delle discipline più complesse che esistano. Le nove sinfonie di Beethoven sono la vita di un genio, sono complesse da capire e apprezzare quanto la teoria ristretta della relatività; ma della teoria della relatività, se non la capisci almeno un poco, non te ne fai nulla, mentre la musica - anche se non la capisci neanche un po' - ti può sedurre, ti può ubriacare, ti può consolare, ti fa sentire partecipe con chi, intorno a te, sente come tu senti in quel momento.
Molto si è scritto e detto su musica ed estasi, musica e sublime, funzioni sociali aggreganti della musica, musica, rito e pratiche mistiche. Poco si sa, tra chi ascolta (ascolta? Sente) musica, della musica come esercizio intellettivo colto e intelligente, profondo.
Eppure proprio questa musica è un patrimonio unico della nostra cultura.

E' attraverso la musica che l'Occidente rivela la sua fisionomia e raggiunge la profondità. Se l'Occidente non ha creato una saggezza né una metafisica che gli fossero del tutto proprie, e nemmeno una poesia della quale si possa dire che non ha esempio, in compenso ha proiettato nelle sue produzioni musicali tutta la sua forza di originalità, la sua finezza, il suo mistero e la sua capacità di ineffabile ... Senza la musica l'Occidente non avrebbe prodotto che uno stile di civiltà insignificante, scontato ... Se depositerà dunque il suo bilancio, la musica sola testimonierà che non si é sprecato invano, che davvero aveva qualcosa da perdere.
(Emil Cioran, La tentazione di esistere, Adelphi)


Finale
Il luogo comune “la musica è un linguaggio universale” è una cazzata: la musica è universale solo nella misura in cui sono universali l'analfabetismo e l'ignoranza musicali.
Semmai la musica è apolide e trasversale: chi coglie e capisce musiche diverse in modi diversi non appartiene a nazionalità che risultino dal passaporto. E dello staterello che non ha dimenticato che la lingua musicale si scrive, parla, si riflette e si discute da 5 secoli siamo davvero in pochi.

Torino, 24 settembre 2009


(1*) La breve bellissima analisi di Helmut Lachenmann del IV dei Cinque Pezzi per orchestra op.10 di Anton Webern è stata registrata e trascritta in occasione di uno dei Pomeriggi di Musica Nuova, al Circolo degli Artisti, in una data che non ricordo della primavera 1989.
Webern è citato nel testo; rumors mi sussurrano che forse Lachenmann sarà il compositore del prossimo Settembre Musica MiTo. Buona nuova, se vera.

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