Questa pazza pazza estate

di Vincenzo Jacovino



Ci si chiede: c’è da meravigliarsi se nella pazza pazza estate, oramai alle spalle, è implosa una tendenza che da latente pian piano ha raggiunto il suo apice? No; perché l’assioma che qualunque mezzo è lecito pur di garantirsi l’uscita dall’anonimato, dall’inesistente è insita nel genere umano però, fino all’altro ieri, era tenuto a freno dall’etica. Ma quando l’etica fa vacanza o, meglio, va in vacanza allora il degrado morale, culturale, comportamentale e perché no, a coronamento del tutto, anche ambientale sorge, si espande e si diffonde. Questa tendenza, a dire il vero, è l’effettivo stile di vita per la maggioranza dei componenti della società e per i giovani e giovanissimi un preciso progetto di vita.
Sulle spiagge, come nei luoghi frequentati dai villeggianti ex-plebei e da plebei ex-borghesucci in bombetta, vi era un florilegio eccessivo di piercing, quale oggetto distintivo e ornamentale perforanti “labbra e nasi e orecchie come in un Gauguin di fantasia” (A. Arbassino) oltre alle altre parti, esposte o nascoste, del corpo. E poi circolava una moltitudine di pelle (umana, naturalmente) dipinta, in alto e in basso, in toto o in parte magnificando questo o quell’animale o fiore, né mancavano le raf- figurazioni osé, il tutto quale riproduzione inerte, impoverita, degradata della società presente incapace di rappresentare tutta la ricchezza e la genuinità del “buon selvaggio”di settecentesca memoria.
Era ed è, il nostro purtroppo, il “selvaggio” surriscaldato dal culto dell’apparire, dall’ossessione del denaro e soffocato dalla proliferazione incontenibile dei beni ma, soprattutto, dei consumi.
Se dall’alto si propinano questi valori, se tutti gli sforzi promossi dai massimi referenti approdano unicamente alla liberazione dagli indumenti e alla liberazione dai fondamentali etici, è ovvio che lo scenario non può che essere la desolante realtà che viviamo giorno dopo giorno. Ma è, proprio questo, il modo per uscire dall’anonimato, dall’inesistente? E’ necessario la mortificazione della carne e le modificazioni dei connotati personali per far parte della gente che conta perché si possa contare? E’ lecito usare il proprio corpo come merce lasciando che il mercato catturi e alletti certi desideri individuandoli e indicandoli come bisogni?
E si potrebbe proseguire perché la selva di interrogativi incalza ma, spesso, a frenare l’onda incalzante giunge, in soccorso, il ricordo della nonna, buon’anima. Donna, sempre allerta, e pronta a rintuzzare chi cercava di intaccare, se pur solo scherzando, la sua integrità intellettuale e fisica con un piccato: “Non ho mica l’anello al naso”.
Povera nonna! Purtroppo non sa quali modificazioni ha subito la società del bel Paese. Non in meglio, comunque. Pare che la comunità nazionale, e particolarmente quella giovanile, si sia fatta affascinare, irretire ma, soprattutto, catturare dal suddetto piercing (l’anello al naso), tanto d’aver agganciato ad esso le proprie pulsioni, i propri sogni e, finanche, le proprie attese..

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