All is full of sound 1

Giuseppe Gavazza

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foto e audio di Giuseppe Gavazza

A poche centinaia di metri dal London Eye che si vede nella copertina di Terpress di questa settimana, giorni fa, in chiusura della Tate Modern di Londra: guardiani attendono che le poche persone rimaste escano attraversando lo spazio gigantesco della Turbine Hall, atrio della galleria d'arte moderna e contemporanea più grande del mondo. Al rumore dei passi e delle voci in dissolvenza fa basso continuo un suono grave, monotonico, diffuso, cupo, invasivo: è un sol (poco crescente), la voce degli impianti tecnici (elettricità, climatizzazione, illuminazione, generatori, trasformatori, …?) e mi fa immaginare cosa dovessero essere i suoni in questo spazio gigantesco quando accoglieva, appunto, le turbine in piena attività della centrale termoelettrica che cessò di funzionare nel 1981 (per riaprire come museo nel 2000).


Il suono grave è la memoria di una voce ben più possente, adeguata all'enormità dello spazio visibile, eco e riverbero dei suoni delle macchine scomparse. Almeno così mi è parso.


Come lo scheletro del dinosauro visto qui nel 2008 (TH.2058 di Dominique Gonzalez-Foerster) ascolto questo suono come reperto e memoria di macchine gigantesche non più in vita, estinte.


Ho registrato un frammento di questo basso continuo. Muovendomi nello spazio e nel suono la voce della Tate Modern Turbine Hall cambia, si trasforma: si entra nei ventri e nei nodi di onde stazionarie, archi e volte invisibili modulate dallo spazio. Potete ascoltare il frammento cliccando la foto e la scritta didascalica intestazione di questo articolo


In fondo allo spazio immenso della Turbine Hall l'installazione How it is di Miroslaw Balka che si vede in parte nella foto: un container in ferro, alto come un palazzo di 5 piani, un parallelepipedo interamente aperto da un lato dentro il quale si può entrare salendo una rampa in ferro. All'interno gruppi di giovani non potevano resistere alla tentazione di gridare e percuotere le pareti metalliche, creando un rumore assordante e poco adatto ad ascoltare l'opera site specific di Balka, il suo volume vuoto dentro un volume più grande, vuoto.


Nella quiete della chiusura purtroppo l'accesso all'interno di How it is era ormai negato: peccato perché avrei voluto percepire e vivere anche acusticamente il grande lavoro, capire come la memoria della voce delle turbine entrava a riempire lo spazio in ferro dentro lo spazio più grande in cemento e vetro. Il bel sito Tate Modern propone frammenti video di questa installazione nella quale si sente chiaramente il basso continuo in sol (crescente), la voce di Turbine Hall.


Nella brochure leggo: “Miroslaw Balka's How it is is the tenth commission in The Unilever Series. Like his predecessors, Balka has found an innovative, bold and challenging way to fill the space in Tate Modern's vaste Turbine Hall


Ho pensato subito che il modo migliore per “fill up the space” sia il suono: solo il suono (oppure un fluido liquido o gassoso) può riempire totalmente uno spazio. Navigando nel sito vedo adesso che tra le opere chieste a dieci artisti di oggi per questo spazio immenso solo uno, Bruce Nauman, ha usato i suoni nel suo Raw Materials del 2004: voci che parlano, prese da suoi lavori precedenti, usate per "creare una folla invisibile a riempire lo spazio per trasformare lo spazio in una metafora del mondo e della comunicazione o non comunicazione tra gli esseri umani."
Poca fantasia, un'occasione persa per uno spazio unico.


Mi piacerebbe che dalla voce residua della Turbine Hall - così come dal DNA dei dinosauri nei film di fantascienza si fanno rivivere mostri viventi - si potesse far rivivere in tutta la sua possenza la voce delle vecchie turbine scomparse.


All is full of sound 2, la prossima puntata, sarà un altro lavoro monumentale e sonoro, a Parigi.


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