click on image to listen La voce della Metropolitana
foto e suoni di Giuseppe Gavazza
Ci vorrebbe un passaggio riservato per iper-udenti o per ascoltatori sensibili, per amanti della musica; o almeno dovrebbero regalare i tappi per le orecchie.
La nuova (ha 4 anni, i giorni magici delle Olimpiadi invernali torinesi), luccicante, efficiente e bella Metropolitana Torinese ha un difetto grave: suona malissimo, ha una pessima voce.
Non mi stupisco e non m'indigno troppo. Mi sono abituato all'iposensibilità musicale nazionale (=analfabetismo musicale) e ai suoi tanti svantaggi non solo e non tanto per i musicisti (che intanto sempre più devono abdicare la passione, la competenza e il talento ad una crisi che taglia ad iniziare da un superfluo valutato con criteri colpevolmente superficiali) ma per un'occasione sempre più perduta di possibilità di arricchirsi attraverso la pratica dell'arte (e sottolineo pratica: l'arte vissuta attivamente. Come si fa per lo sport.)
I progettisti e la committenza della metropolitana hanno posto attenzione, cura e competenza nella “usability”, nella fruibilità di un servizio pubblico, nella qualità del tempo speso dal cittadino che si serve. Le luci, le decorazioni colorate, firmate da un artista ben conosciuto, i materiali.
Il suono invece, come quasi sempre, non si pensa che esista: l'impianto di amplificazione è stato progettato e installato perché indispensabile alle comunicazioni di servizio, dopo di che si collega l'ingresso ad una radio qualunque (peraltro, mi pare di capire, tra quelle locali di scarso livello; almeno si fossero collegati ad un canale Filodiffusione) e vai così. In fondo la musica e il suono sono solo sottofondo d'ambiente, anzi meno, visto che l'ambiente visivo non è stato lasciato al caso.
Non ci vorrebbero grandi investimenti: niente passaggi riservati per udenti sensibili e tappi per le orecchie. Basterebbe la volontà di ricordarsi che l'udito è uno dei sensi e l'ascolto accompagna la nostra vita e la influenza, basterebbe collegare il cavo d'ingresso audio a qualcosa di voluto e pensato apposta, possibilmente da qualcuno che se ne intende di suoni e di musiche. Allora anche Bennato sarebbe musica: banalmente quello che s'insegna in educazione musicale a proposito della differenza tra sentire ed ascoltare.
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