I rumor “silenti” di Franco Clary



di Vincenzo Jacovino


Il castello “De Falconibus” di Pulsano (Taranto) ha accolto degnamente l’artista degli squarci di realtà metafisica che suggestionano. Franco Clary ha per l’ennesima volta ha catturato con il suo realismo onirico mai gelido, è vero, però pur sempre velato da una sottilissima malinconia. I suoi squarci non sono la trascrizione della realtà ma atmosfere senza tempo da cui si espandono e si disperdono i rumor “silenti” di una condizione umana che non è solo di oggi o di ieri, ma di un tempo indeterminato che appartiene più che alla storia alla natura umana.

Dal tempo dei “palloncini” e dei “grattacieli” della grafica, fino all’attuale pittura, il discorso di Franco Clary resta pressoché immutato perché la sua realtà è sempre vista con occhio poetico e, oggi, per far levitare questi rumor “silenti” lascia che l’impianto cromatico si sviluppi ora a larghe superfici di colore ora a fasce ondeggianti ma sempre con giochi tonali molto avvertiti.

I rumor silenti” riportano al recupero di immagini di un mondo che abbandona il tempo normale per andare incontro ad atmosfere ove il senso della solitudine predomina anche se quasi sempre è materializzata da oggetti o da casuali arredi. Sembra che il tutto si srotoli per proprio conto davanti agli occhi attentissimi dell’artista e sempre più la sua realtà si fa fluida, si apre allo spazio e alla luce. Ecco, quindi, l’evocatività, il guizzo, il senso del moto e di labilità, il gusto di immagini incorporei, nonché l’accensione cromatica che va dal lilla al verde e azzurro, dal giallo e rosa all’azzurro blu e a tutte le tonalità del blu.

Va detto che questa volta Clary fa affiorare dalla tessitura delle tele nuovi verdi e rosa e bellissimi grigi tra guizzi di giallo e di bianco, mentre estende l’ambiguità delle forme e delle atmosfere in uno spazio vago e approfondito, nel contempo. Nel cielo si librano, invece, gabbiani volti e profili di donne, lune, aquiloni, zolle di terre sospese, ombrelli; il tutto, spesso, accompagnato da ondulanti drappeggi quasi a simboleggiare a un moto di liberazione dagli stracci della vita vissuta.

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