L’Italia della paura. Alcuni primi effetti della nuova politica migratoria (parte II)

di leo Palmisano




2. Io ho paura: quando la socialità è emotivamente orientata
Tra gli immigrati in Europa ed in Italia, si sono sempre contraddistinti per numerosità e operosità i magrebini, marocchini e tunisini in testa6. Dopo il recentissimo varo del cosiddetto decreto sicurezza da parte dell’attuale governo, abbiamo intervistato una ventina di magrebini regolari e non (15 marocchini, 3 tunisini e 2 algerini) per verificare l’impatto che può essere provocato dal timore di essere espulsi dall’Italia anche dopo anni di lavoro regolare. Riporteremo di seguito alcuni spezzoni di intervista, lasciando a successive e più ampie elaborazioni ed analisi la possibilità di approfondire un discorso attorno alle nuove paure dei migranti in Italia.
Io sono in Italia dal 1998. Un’eternità, eppure adesso questo ci vuole cacciare. E sai perché? Io sono stato a lavorare in fabbrica al nord, dove quando ti vedono che hai i capelli così e la pelle così già ti scansano per la strada, figurati se ti danno una casa. Ho dormito in macchina e all’alba andavo a lavorare, senza contratto, per una fabbrica importante. Il padrone ci doveva dare una casa e mettere in regole, ma non l’ha mai fatto. Allora me ne sono tornato al sud Italia. Meglio fare l’ambulante che lo schiavo. Però adesso arriva Bossi che ci vuole cacciare. Allora ce ne stiamo di più in casa, senza fare niente, a pregare Allah che non venga la polizia. Io, se torno al mio paese, non so con che faccia mi presento alla mia famiglia (Marocchino, 32 anni, ambulante);

Recentemente mi hanno picchiato dei ragazzi italiani, a Milano. Si volevano divertire e mi hanno preso di mira. Non posso fare denuncia, perché mi cacciano! Sono irregolare da due anni, da quando ho perso il lavoro. Prima ero meccanico, riparavo le automobili a Sesto San Giovanni, mo non faccio altro che vendere qualcosa per strada. Qualche volta mi fanno fare il guardiano in un garage, a Quarto Oggiaro, ma è solo un modo per non passare la notte in giro. Nessuno mi dà più un contratto da quando c’è questo governo. Ho paura di incontrare i miei amici, di vederci tutti insieme, perché la polizia sta sempre dietro l’angolo e se ti prende, ti fa il c…(Tunisino, 27 anni, disoccupato).

Se c’è qualcosa che accomuna italiani e stranieri è la paura, sentimento reciproco che governa i tempi e i modi della socialità in Italia in epoca berlusconiana. Non una paura indiscriminata, ma discriminante, orientata ad escludere scientificamente alcuni gruppi di popolazione immigrata dalla possibilità di costruire relazioni sociali durature con gli autoctoni. Ad accrescere questi timori, due parti del decreto sicurezza: 1) quella che impone ai medici dei presidi ospedalieri la denuncia dei pazienti clandestini; 2) quella che espone gli immigrati irregolari a denuncia anche anonima da parte del vicinato di condominio, in questo caso verrebbe sanzionato con una semplice ammenda di 3.000 euro anche il proprietario dell’appartamento.
È assurdo. Mi può denunciare pure un vicino di casa, pure quello che mi viene a chiedere se c’ho un poco di zucchero o di sale. Ti rendi conto? Se il proprietario di casa mia sta antipatico a un mio vicino, mi denunciano e io vengo cacciato e lui paga una multa salata! (Algerino, 29 anni, operaio al nero).
Il principio ordinatore di questa nuova normativa d’urgenza è la delazione: la trasformazione di ogni singolo cittadino in spione, informatore individuale di polizia. A questo si aggiunga che, sempre nel pacchetto summenzionato, si legalizza l’organizzazione - da parte di ex agenti delle forze dell’ordine in pensione e di gruppi di cittadini - di associazioni para-poliziesche (denominate ronde) per effettuare sorveglianza gratuita e denuncia alla polizia. Si tratta di un pattugliamento lasciato a forme di scientifico spontaneismo securitario che discendono culturalmente dalle cosiddette ‘camicie verdi’ della Lega Nord – vere e proprie bande armate organizzate dalla Lega, che hanno compiuto e compiono ancora pogrom razzisti nelle periferie del Nord Italia a danno di migranti, di omosessuali e di prostitute, evidentemente sul modello delle camicie nere mussoliniane e delle camicie brune hitleriane.
Quando ero al nord, bastava avvicinarsi ai bar della Lega per sentire tutti gli occhi addosso. Poi, la sera, spesso ci venivano a trovare a casa e ci prendevano a bastonate. Ora lo possono fare quando vogliono e nessuno gli può dire niente. Abbiamo paura di andare a lavorare, di andare al bar, di uscire la sera. Hanno paura tutti, pure quelli col permesso, perché dalla faccia nessuno è considerato regolare, ma siamo tutti dei presunti irregolari (Marocchino, 43 anni, rifugiato politico);

Ma secondo te come dobbiamo continuare a vivere noi? Possiamo essere denunciati anche da un bambino. Lavoriamo dieci ore al giorno per una paga da fame. Col padrone che ci sta addosso. Paghiamo affitti altissimi per delle case che fanno schifo. Per la strada ci guardano tutti male. E basta che un magrebino faccia qualcosa, che subito la gente ci schifa e la polizia ci viene a cercare. Voi italiani non siete brave persone, quando vi comportate così (Algerino, 40 anni, ambulante).
La cornice culturale entro la quale questi migranti si trovano a vivere è cambiata radicalmente nell’ultimo decennio, fino a diventare terreno di perenne conflitto tra autoctoni orientati dalla stampa – non soltanto da quella berlusconiana, purtroppo – e immigrati ridotti alla condizione sub-umana di invadenti e intollerabili gastarbeiter .

Ma l’elemento che più di altri fa riflettere sulla natura incontrollabile del crescente razzismo in Italia è il clima esplosivo che le politiche del centro-destra stanno artificiosamente creando nelle periferie urbane del centro-nord, dove le sacche di sotto-proletariato nazionale coabitano con il sotto-proletariato immigrato. Anche qui, esclusione e marginalizzazione sono l’effetto di una lenta trasformazione delle periferie in discariche umane dove la deprivazione e la devianza vengono compensate dalla retorica televisiva di massa che riduce il migrante a bersaglio dell’odio collettivo e neutralizza qualunque forma di socialità o qualunque barlume di integrazione spontanea.
Da quando questo imbecille di Bossi è di nuovo al governo, mi hanno picchiato sei volte. Sei volte, hai capito? Che devo fare? Devo cominciare a girare col coltello in tasca? A volte sono ragazzini, con i capelli rasati. Altre volte sono quelli della Lega. Quelli del posto. Ma anche qualche persona normale che ormai non ci sopporta più e ci chiamano terroristi (Marocchino, 35 anni, meccanico regolare).
Sembra così sostanzialmente confermata la ‘stretta sorveglianza’ applicata dai governi occidentali a danno dei migranti provenienti soprattutto dai paesi arabi (Musette, 2006) dopo l’11 settembre.


3. Oltre il razzismo: lo schiavismo italiano

Ancor più dannoso, sul piano materiale prima ancora che esistenziale, è il forte indebolimento contrattuale subito dalle coorti di lavoratori immigrati irregolari sul mercato informale del lavoro in Italia.
Il padrone in campagna mi ha detto che se non voglio essere denunciato devo fare come dice lui. ha detto che ormai comanda lui e che se vado da un sindacato, mi denuncia alla polizia e mi cacciano subito o mi fanno il processo. Se voglio tenere il lavoro, devo fare così (Tunisino, 21 anni, bracciante).
È storicamente nota la natura feroce del lavoro nero in Italia. Il fenomeno del caporalato, come quello della finta assunzione, sono prassi consolidate in tutta la penisola, ed hanno consentito al mondo imprenditoriale italiano di nutrirsi di intere generazioni di lavoratori costretti a massacranti condizioni di lavoro. Sempre su questo versante, le importanti vittorie sindacali della seconda metà del novecento rischiano di essere vanificate dalle nuove forme di flessibilità imposte dai datori di lavoro, con la compiacenza dei governi di centro-destra e di centro-sinistra. È ancora aperto il dibattito sulla flessibilità in Italia, dibattito attorno al quale si coagulano gli interessi di particolari categorie imprenditoriali che più di altre minacciano ciclicamente licenziamenti per strappare finanziamenti pubblici locali e governativi. La ricaduta prima di queste costanti minacce è il ricorso a un’indiscriminata riduzione del costo del lavoro.
Da quando c’è la crisi, il padrone mi ha ridotto la paga sul cantiere. Lui però continua a lavorare e a guadagnare. C’ha oltre dieci appalti a Roma. Lui dice che se non fa così, quando arriverà la crisi nel settore ci licenzierà tutti quanti. E siamo tanti davvero, e quasi tutti al nero (Marocchino, 31 anni, muratore).
Siamo certi che la minaccia di licenziamento prima o poi si avvererà, perché l’eventuale contrazione del ricorso a manodopera immigrata irregolare si instaura in quella «lutte [occidentale] qui s’annonce implacable contre les immigrés illégaux»; lotta precisamente descritta dalla reporter Catherine Simon (2008, 122) nelle cifre e negli interrogativi umanitari che essa pone. E dopo i licenziamenti ricomincia l’odissea dei singoli, di questi meteci, indesiderati, che se pescati dalla polizia sono ricondotti in patria dove li attende, spesso, un destino ancor più amaro. (continua nel prossimo numero)

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