Quando riaprirà la scuola?

Raffaello, La scuola di Atene (fonte foto: beniculturali.it)


di Roberto Tortora

Vedi alla voce “altro”.
Se cercate una risposta alla recente questione relativa alla prossima apertura dell’anno scolastico, dovete aggirarvi negli ambiti più disparati, dal turismo all’assistenza sociale, dai flussi migratori alle previsioni meteo. Guardate dappertutto tranne che nell’ambito scolastico, quello più ragionevole.
Niente di nuovo, siamo in Italia.
Ricapitoliamo: un senatore del Pdl, Giorgio Rosario Costa, propone la riapertura dell’anno scolastico alla fine di settembre, come accadeva un po’ di anni fa. Immediatamente scoppiano le polemiche, si aprono discussioni interminabili (non ancora terminate), scattano le proteste, neanche a dirlo, il mondo politico si spacca in due: di qua la destra, di là la sinistra. Anzi no, si spacca in tre, perché la Lega fa qualche distinguo; di più, in quattro, il ministro Prestigiacomo, ritiene che sia meglio lasciare tutto così com’è…
Siccome in questo nostro meraviglioso Paese tutti gli argomenti che riguardano il mondo della scuola risultano intrisi di una prepotente comicità, val la pena ricordare le argomentazioni addotte a favore o contro la proposta di aprire le scuole alla fine dell’estate. A cominciare dalla più autorevole: per il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini il rinvio a fine estate servirebbe al turismo. Avete letto bene: al turismo. Infatti molti studenti lavorano negli stabilimenti balneari e negli alberghi e nei ristoranti fino alla fine di settembre, e poi - volete mettere? - le famiglie avrebbero la possibilità di prolungare le vacanze estive con maggior profitto dell’economia nazionale, specialmente in questo difficile periodo di crisi economica.
Ma ecco il sospetto di Confturismo: gli Italiani, disponendo di più giorni per le vacanze, potrebbero dirigersi all’estero. Bella fregatura!
Ancora più intrigante, però, è la reazione-preoccupazione della Lega e delle famiglie degli studenti: i genitori che lavorano dove lasceranno i loro figli? Eh già, perché gli asili costano cari, le colonie estive non sono presenti in tutte le città, animatori e baby sitter a settembre costano un occhio della testa e pretendono pure lo straordinario…
Accidenti, queste sì che sono obiezioni!
Perché, come finalmente tutti abbiamo capito, la scuola in Italia non è un luogo che gli studenti frequentino per imparare qualcosa. No, qui da noi la scuola è un posto in cui parcheggiare i figli che altrimenti non saprebbero dove andare e che rimarrebbero senza sorveglianti. La scuola è una specie di recinto protetto in cui le famiglie possono lasciare i propri figli affinché – dico: “affinché” – insegnanti e bidelli e presidi possano badare loro come si farebbe con un bimbo in fasce o con un anziano non del tutto autonomo: chiudendo un occhio se entrano in classe in bermuda e infradito, alzando la voce – ma poco, piano piano per non spaventarli – se fumano o si addormentano sul banco col dito incollato al tastierino del cellulare.
Ecco come stanno le cose. Ecco quanto è emerso dai servizi sui giornali e nelle interviste mandate in onda durante il telegiornale della sera.
Non uno che si sia posto l’unica domanda possibile in un caso come questo, l’unica domanda ovvia, la più ragionevole, la più semplice: “Ma l’apprendimento degli studenti è favorito oppure ostacolato da lunghi periodi di vacanza?” In altre parole: “Una sosta estiva di tre mesi e mezzo potrebbe aumentare la motivazione ad apprendere oppure potrebbe favorire il lento arrugginirsi dell’attenzione?”
Nessuno che abbia affrontato la questione da questo punto di vista: queste, d’altro canto, sono domande di carattere pedagogico, riguardano la sfera cognitiva, la dimensione psicologica. Come dire? Sono domande “troppo” scolastiche.
Meglio lasciar perdere.
Le questioni importanti per la scuola italiana sono ben altre: i flussi turistici, le previsioni meteo, l’apertura degli asili a settembre, il costo delle baby sitter.

1 Commenti

  1. la scuola serve a impiegare dipendenti: il resto è secondario, si sa. Cosa possiamo aspettarci da una classe dirigente che vede solo il profitto? Come ha detto un "povero selvaggio" (ricordo di averlo letto, non ricordo chi lo ha detto se un nativo d'America o un Indio delle Amazzoni o un Inouit): "quando non ci sarà più un albero ne un animale gli uomini capiranno che i soldi non si possono mangiare".

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