di Valeria Del Forno
Welcome to London. A few meters and a few seconds away from each other
Fonte: Fabio Venni, FlickrIl Senato francese vara la legge che vieta il burqa in pubblico e, tra falsi allarmi bomba, il mondo intero s’interroga sulla questione. E’ giusto proibire l’uso del burqa e del niqāb?
Il velo integrale? No, grazie. Il Parlamento francese ha approvato definitivamente la legge che proibisce in luoghi pubblici il velo integrale – che sia il niqāb, abito che lascia libera solo una fessura all'altezza degli occhi, o il burqa, che copre completamente il volto e ha una retina all'altezza degli occhi che consente di vedere -. Il divieto ha ora sei mesi di “mediazione” e “pedagogia” per aiutare le donne a comprenderne il valore (si calcola che in Francia le persone che usano il burqa siano 1900). A patto che la norma non venga bocciata dal consiglio costituzionale, chiamato ad esprimersi nelle prossime settimane, dall’aprile 2011, ogni donna che si coprirà il volto in pubblico sarà multata per 150 euro, ai quali seguiranno dei corsi di educazione civica. Pene molto più severe, come un anno di carcere e 30mila euro di multa, per chiunque obblighi una donna ad usare il velo integrale. Se si tratta di una minorenne, la condanna è doppia (due anni di prigione e 60 mila euro di multa). La legge prende così di mira gli uomini che costringono la partner a indossare il velo integrale con “minacce, violenza (...) abuso di potere o autorità” . Quindi, niente più volto coperto in strade, piazze, “luoghi aperti al pubblico” (negozi, bar e ristoranti, parchi, trasporti...) e in quelli “destinati ad un servizio pubblico” (scuole, ospedali, uffici postali...).
Una piccola rivoluzione, soprattutto nei quartieri di periferia delle grandi città dove vive maggior parte dei musulmani più integralisti, che ha già ha mobilitato il proprio Imam per convincere le donne a non rispettare la norma.
REAZIONI DAL MONDO ISLAMICO
Diverse le reazioni nei paesi islamici. Il consiglio degli ulema indonesiani, che rappresentano la nazione musulmana più popolosa del mondo, si sono detti dispiaciuti della decisione francese. Tuttavia, hanno aggiunto, il problema non tocca le donne indonesiane, che per tradizione seguono dettami più elastici riguardo alla copertura del capo.
Favorevoli, invece, i religiosi della moschea al-Azhar de Il Cairo, massima istituzione sunnita. Abdel Muti al-Bayyumu, membro influente del consiglio dell’istituto religioso ha detto, infatti, di approvare la decisione. Posizione condivisa, tra l’altro, come ha sottolineato lo stesso al-Bayyumi, da molti dei suoi colleghi dell’università di ricerche islamiche. Il burqa “non ha basi nella legge musulmana e non trova nessun riferimento nel Corano e nella sunna (codice di comportamento ispirato al profeta)”, ha spiegato a chiare lettere. “Voglio mandare un messaggio ai miei fratelli musulmani in Francia e in Europa: il burqa non ha basi nell’Islam e io rimango costernato ogni volta che vedo donne musulmane”. Questo non dà certo una buona impressione della religione musulmana”, conclude al-Bayyumu.
La resistenza più forte rimane quella proveniente dalla Tv satellitare Al Jazeera che, da tutta l’estate, sta conducendo una campagna sull“islamofobia” francese. E Al Zawahiri, braccio destro di Bin Laden, a luglio ha lanciato personalmente pesanti avvertimenti alla Francia.
COME SI COMPORTA IL RESTO D’EUROPA?
Tra falsi allarmi bomba, il mondo intero s’interroga sulla questione. In Europa, in particolare, oltre in Italia, leggi simili sono in discussione in Belgio e in Spagna.
Il Belgio si appresta ad adottare l'interdizione totale del velo islamico integrale. Il progetto di legge approvato a fine aprile dalla Camera dei deputati deve essere ora adottato anche dal Senato. In Spagna, invece, dopo le iniziative di alcuni comuni, in particolare in Catalogna (Nordest), che proibiscono il velo integrale in pubblico, il governo prevede d'includere in una futura legge sulla “libertà di religione” una misura che restringa l'uso del burqa nei luoghi pubblici. Vi sono anche paesi che limitano l’uso del burqa e del niqāb in tutti gli spazi pubblici ma non lo vietano, come la Danimarca. Secondo la decisione del governo danese del gennaio 2010, la scelta è stata lasciata alle scuole, alle diverse amministrazioni e alle aziende. In Germania, invece, in diversi Länder, di cui tre dei più grandi, il velo è proibito solo alle insegnanti. Vi è poi il caso del Regno Unito dove non vi sono leggi che vietano il velo integrale. Qui gruppi anti-europei stanno facendo campagna per la loro introduzione e il Ministero dell'Istruzione ha pubblicato nel 2007 direttive che permettono ai responsabili di edifici pubblici e scuole confessionali di proibire il niqāb. Numerosi progetti di legge che riguardano il divieto del velo integrale sono tuttora in preparazione in Olanda, mentre in Svizzera il Ministero della Giustizia vorrebbe proibire il velo integrale a livello cantonale nei luoghi pubblici, pur prevedendo una serie di eccezioni per i turisti musulmani. Anche in Austria il dibattito è stato aperto recentemente dal Ministro social-democratico per le Donne, Gabriele Heinisch-Hosek, che potrebbe chiedere l'introduzione del divieto del velo integrale nei luoghi pubblici se il numero delle donne completamente velate dovesse aumentare sensibilmente.
Nel nostro Paese, il presidente della Camera Gianfranco Fini si è espresso a favore della norma per vietare il burqa. “Quel che ha deciso il parlamento francese credo sia non solo giusto ma opportuno e doveroso – sostiene Fini - in ragione di un valore che è quello della nostra Carta Costituzionale relativo alla dignità della donna che non può essere sottoposta a violenze o comportamenti indotti da gerarchie diverse da quelle della legge”.
Sulla stessa linea si è pronunciata il Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna che ha sottolineato come, pur non esistendo un’emergenza burqa in Italia, i casi di donne costrette ad indossarlo non sono meno gravi. “Il burqa - continua il Ministro - rappresenta, infatti, la negazione dei diritti della donna e la sua sottomissione, obbliga all'emarginazione chi lo porta ed ostacola l'integrazione: per questa ragione va tenuto ben alla larga dai confini del nostro Paese. In questo senso sono favorevole ad una legge che, considerato l'aumento costante dei flussi migratori e la diffusione del fenomeno anche in Europa, abbia una funzione per così dire 'preventiva'. Auspico quindi - conclude Carfagna - che il Parlamento, dopo lo stimolo venuto dalla Francia, decida di proseguire e portare a compimento la discussione del progetto di legge che vieta l'uso del burqa nei luoghi pubblici anche in Italia”.
DISEGNO DI LEGGE IN ITALIA
In Italia, in realtà, vige già il divieto di occultare il proprio volto in pubblico, si tratta della legge 152 del 22 maggio 1975, che fa parte delle 'disposizioni per la protezione dell'ordine pubblico'. Basterebbe quindi far rispettare in maniera rigorosa tale divieto?
Il mondo politico italiano sembra unanime del ritenere necessario un provvedimento legislativo specifico. A tal proposito, la Lega annuncia che presenterà venerdì 17 settembre un disegno di legge esattamente identico alla legge dello Stato francese per vietare l'uso del burqa. La proposta di legge c'è già ed è stata presentata dalla deputata di Fli Souad Sbai il 6 maggio 2009; proprio partendo dal provvedimento del 1975, si propone di modificarlo, aggiungendo il divieto del burqa: “E' altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l'utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqāb”.
Vi è tuttavia il rischio che un divieto costringa le donne musulmane a rimanere segregate in casa, sia per imposizione maschile, sia per decisione intenzionale, nei casi di scelta volontaria di indossare il velo. Ecco che al provvedimento legislativo bisogna affiancare un’opera di educazione. Lo afferma un editoriale di Avvenire, in cui si auspica che, in Italia come altrove, la questione venga comunque affrontata “sul piano di una positiva laicità e non degeneri in una guerra di religione”.
Nell'articolo si sottolinea che né il burqa, né il niqāb, “sono prescrizioni religiose musulmane”, come affermato anche da autorevoli voci del mondo islamico. "Più che di un simbolo religioso, dunque - osserva il giornale dei vescovi - si deve parlare di un simbolo identitario di carattere ideologico”. E' il radicalismo islamico, ad averlo “eretto a simbolo di un’irriducibile alterità identitaria in opposizione ai valori occidentali”, “cosa che preoccupa gli stessi ambienti musulmani moderati francesi”.
Ma “il solo divieto - osserva Avvenire - ha il fiato corto e rischia di produrre una radicalizzazione dell’islam francese”. Eventuali divieti, anche in Italia, - spiega - saranno perciò “realmente efficaci solo se accompagnati da un’opera di educazione che deve coinvolgere le comunità musulmane che hanno messo radici in Italia, nel segno di una cultura autenticamente inclusiva”.
Una piccola rivoluzione, soprattutto nei quartieri di periferia delle grandi città dove vive maggior parte dei musulmani più integralisti, che ha già ha mobilitato il proprio Imam per convincere le donne a non rispettare la norma.
REAZIONI DAL MONDO ISLAMICO
Diverse le reazioni nei paesi islamici. Il consiglio degli ulema indonesiani, che rappresentano la nazione musulmana più popolosa del mondo, si sono detti dispiaciuti della decisione francese. Tuttavia, hanno aggiunto, il problema non tocca le donne indonesiane, che per tradizione seguono dettami più elastici riguardo alla copertura del capo.
Favorevoli, invece, i religiosi della moschea al-Azhar de Il Cairo, massima istituzione sunnita. Abdel Muti al-Bayyumu, membro influente del consiglio dell’istituto religioso ha detto, infatti, di approvare la decisione. Posizione condivisa, tra l’altro, come ha sottolineato lo stesso al-Bayyumi, da molti dei suoi colleghi dell’università di ricerche islamiche. Il burqa “non ha basi nella legge musulmana e non trova nessun riferimento nel Corano e nella sunna (codice di comportamento ispirato al profeta)”, ha spiegato a chiare lettere. “Voglio mandare un messaggio ai miei fratelli musulmani in Francia e in Europa: il burqa non ha basi nell’Islam e io rimango costernato ogni volta che vedo donne musulmane”. Questo non dà certo una buona impressione della religione musulmana”, conclude al-Bayyumu.
La resistenza più forte rimane quella proveniente dalla Tv satellitare Al Jazeera che, da tutta l’estate, sta conducendo una campagna sull“islamofobia” francese. E Al Zawahiri, braccio destro di Bin Laden, a luglio ha lanciato personalmente pesanti avvertimenti alla Francia.
COME SI COMPORTA IL RESTO D’EUROPA?
Tra falsi allarmi bomba, il mondo intero s’interroga sulla questione. In Europa, in particolare, oltre in Italia, leggi simili sono in discussione in Belgio e in Spagna.
Il Belgio si appresta ad adottare l'interdizione totale del velo islamico integrale. Il progetto di legge approvato a fine aprile dalla Camera dei deputati deve essere ora adottato anche dal Senato. In Spagna, invece, dopo le iniziative di alcuni comuni, in particolare in Catalogna (Nordest), che proibiscono il velo integrale in pubblico, il governo prevede d'includere in una futura legge sulla “libertà di religione” una misura che restringa l'uso del burqa nei luoghi pubblici. Vi sono anche paesi che limitano l’uso del burqa e del niqāb in tutti gli spazi pubblici ma non lo vietano, come la Danimarca. Secondo la decisione del governo danese del gennaio 2010, la scelta è stata lasciata alle scuole, alle diverse amministrazioni e alle aziende. In Germania, invece, in diversi Länder, di cui tre dei più grandi, il velo è proibito solo alle insegnanti. Vi è poi il caso del Regno Unito dove non vi sono leggi che vietano il velo integrale. Qui gruppi anti-europei stanno facendo campagna per la loro introduzione e il Ministero dell'Istruzione ha pubblicato nel 2007 direttive che permettono ai responsabili di edifici pubblici e scuole confessionali di proibire il niqāb. Numerosi progetti di legge che riguardano il divieto del velo integrale sono tuttora in preparazione in Olanda, mentre in Svizzera il Ministero della Giustizia vorrebbe proibire il velo integrale a livello cantonale nei luoghi pubblici, pur prevedendo una serie di eccezioni per i turisti musulmani. Anche in Austria il dibattito è stato aperto recentemente dal Ministro social-democratico per le Donne, Gabriele Heinisch-Hosek, che potrebbe chiedere l'introduzione del divieto del velo integrale nei luoghi pubblici se il numero delle donne completamente velate dovesse aumentare sensibilmente.
Nel nostro Paese, il presidente della Camera Gianfranco Fini si è espresso a favore della norma per vietare il burqa. “Quel che ha deciso il parlamento francese credo sia non solo giusto ma opportuno e doveroso – sostiene Fini - in ragione di un valore che è quello della nostra Carta Costituzionale relativo alla dignità della donna che non può essere sottoposta a violenze o comportamenti indotti da gerarchie diverse da quelle della legge”.
Sulla stessa linea si è pronunciata il Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna che ha sottolineato come, pur non esistendo un’emergenza burqa in Italia, i casi di donne costrette ad indossarlo non sono meno gravi. “Il burqa - continua il Ministro - rappresenta, infatti, la negazione dei diritti della donna e la sua sottomissione, obbliga all'emarginazione chi lo porta ed ostacola l'integrazione: per questa ragione va tenuto ben alla larga dai confini del nostro Paese. In questo senso sono favorevole ad una legge che, considerato l'aumento costante dei flussi migratori e la diffusione del fenomeno anche in Europa, abbia una funzione per così dire 'preventiva'. Auspico quindi - conclude Carfagna - che il Parlamento, dopo lo stimolo venuto dalla Francia, decida di proseguire e portare a compimento la discussione del progetto di legge che vieta l'uso del burqa nei luoghi pubblici anche in Italia”.
DISEGNO DI LEGGE IN ITALIA
In Italia, in realtà, vige già il divieto di occultare il proprio volto in pubblico, si tratta della legge 152 del 22 maggio 1975, che fa parte delle 'disposizioni per la protezione dell'ordine pubblico'. Basterebbe quindi far rispettare in maniera rigorosa tale divieto?
Il mondo politico italiano sembra unanime del ritenere necessario un provvedimento legislativo specifico. A tal proposito, la Lega annuncia che presenterà venerdì 17 settembre un disegno di legge esattamente identico alla legge dello Stato francese per vietare l'uso del burqa. La proposta di legge c'è già ed è stata presentata dalla deputata di Fli Souad Sbai il 6 maggio 2009; proprio partendo dal provvedimento del 1975, si propone di modificarlo, aggiungendo il divieto del burqa: “E' altresì vietato, al fine di cui al primo periodo, l'utilizzo degli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqāb”.
Vi è tuttavia il rischio che un divieto costringa le donne musulmane a rimanere segregate in casa, sia per imposizione maschile, sia per decisione intenzionale, nei casi di scelta volontaria di indossare il velo. Ecco che al provvedimento legislativo bisogna affiancare un’opera di educazione. Lo afferma un editoriale di Avvenire, in cui si auspica che, in Italia come altrove, la questione venga comunque affrontata “sul piano di una positiva laicità e non degeneri in una guerra di religione”.
Nell'articolo si sottolinea che né il burqa, né il niqāb, “sono prescrizioni religiose musulmane”, come affermato anche da autorevoli voci del mondo islamico. "Più che di un simbolo religioso, dunque - osserva il giornale dei vescovi - si deve parlare di un simbolo identitario di carattere ideologico”. E' il radicalismo islamico, ad averlo “eretto a simbolo di un’irriducibile alterità identitaria in opposizione ai valori occidentali”, “cosa che preoccupa gli stessi ambienti musulmani moderati francesi”.
Ma “il solo divieto - osserva Avvenire - ha il fiato corto e rischia di produrre una radicalizzazione dell’islam francese”. Eventuali divieti, anche in Italia, - spiega - saranno perciò “realmente efficaci solo se accompagnati da un’opera di educazione che deve coinvolgere le comunità musulmane che hanno messo radici in Italia, nel segno di una cultura autenticamente inclusiva”.
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