Oregon: quando il maestro è gay. Ovvero la scuola, i bambini, e come educare alla realtà

di Beatrice Pozzi

Un aspirante maestro trasferito in altra sede per aver fatto coming out in classe.
Una cosa così, da noi, non si è ancora sentita, o magari, in una ipotesi peggiore, non è venuta fuori.
E' successo, invece, in una scuola dell'Oregon, dove Seth Stambaugh, stagista ventitreenne laureando nella versione statunitense di Scienze dell'educazione, ha risposto a un bambino di dieci anni che gli chiedeva perchè non fosse sposato che lui non può sposarsi, perchè gli piacciono gli uomini e la legge vieta agli uomini di sposarsi con altri uomini: uno dei genitori presenti ha sentito e si è lamentato con i vertici della scuola. Un genitore. Uno. E l’amministrazione scolastica cosa fa? Decide immediatamente di annullare il tirocinio del giovane, a cui i tutor dell'università dovranno trovare un nuovo collocamento.
Immediate le proteste della comunità LGBT nordamericana, seguite alla pubblicazione del caso sulla stampa locale, e incentrate, oltre che sul fatto in sé, sulla (prevedibile) reticenza dell’ufficio stampa della scuola a rispondere alle domande dei giornalisti, a cui è stato dichiarato che la richiesta di trasferimento è stata motivata da ragioni diverse.
L’interessato, invece, ha accettato il provvedimento e non ha ritenuto di presentare ricorsi, mentre la presidenza della facoltà presso cui Stambaugh studia ha espresso solidarietà nei suoi confronti, auspicando una maggiore presenza di insegnanti LGBT dichiarati nelle scuole come via per mettere fine alle discriminazioni, che negli USA continuano a spingere un certo numero di ragazzi che si scoprono omosessuali al suicidio: una via da percorrere educando da subito i bambini all’accettazione delle diversità. A questa come, beninteso, alle altre.
Certo, bisognerebbe trovare i tempi e i modi giusti per farlo, ma non raccontare ai bambini che esistono uomini a cui piacciono gli uomini, donne a cui piacciono le donne, o persone a cui piacciono tutti e due non è la soluzione. Lo scopriranno comunque, prima o poi, e forse sulla propria pelle. E allora è giusto che entrino in contatto anche precocemente con questa realtà, che è LA realtà, la realtà della vita.
Di cosa si ha paura? Che il maestro gay molesti i propri alunni? Che gli alunni, per il solo fatto di essere in contatto con lui, “siano influenzati” e sviluppino il suo orientamento sessuale?
Dichiarare di voler proteggere i bambini da un incontro precoce con la sessualità umana nelle sue diverse forme di espressione, che i bambini possono esserne traumatizzati, che non sono abbastanza maturi per capire, in un’epoca e in un mondo globale dove qualsiasi figlio lasciato solo da genitori premurosi a parole ma poco attenti nei fatti può andare su Internet e trovare di tutto, è nascondersi dietro un dito.
E allora, cosa è meglio? Continuare a fingere o proporre ai bambini modelli positivi, persone del tutto valide che hanno un orientamento sessuale diverso da quello della mamma e del papà, ma non importa? E se i genitori stessi sono omofobi e continuano a voler vivere nel Paese-Dove-LGBT-E’-Un-Acronimo-Che-Non-Ci-Riguarda, è la scuola che si deve fare carico della formazione dei piccoli, anche andando contro l’educazione familiare. Per il futuro. Per il bene della società.


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