La magia del linguaggio


di Patrizia Lùperi

Nel linguaggio umano non c'è una parola che non implichi in sè il riferimento o la corrispondenza all'universo intero e questo è senz'altro un aspetto intrigante del nostro Essere.
Il parlare rende tutto più semplice e, anche se non sempre il fluente sgorgare dei pensieri emerge con naturalezza, con estrema naturalezza muore quando non riecheggia più nell'aria se non viene impresso su un frammento di mondo capace di ricordare.
Scrivere invece è più complicato, servono i sinonimi, le cognizioni di causa ed effetto, serve quella "onnipotenza" che Flaubert reputava il potere dell'artista ("l'artista deve muoversi nella sua opera cone Dio nel creato"), serve lo sguardo, quello particolare e originale che molti credono appartenga solo agli eletti.

Sciocchezze!
Tutti sappiamo guardare, qualcuno di noi magari preferisce osservare il mondo con gli occhi semichiusi, ma prima o poi si renderà conto della sensualità dei colori, e proprio in quell'istante cercherà impulsivamente una penna, una matita, un foglio, oppure più semplicemente, un attimo di quiete, per immortalare quel pensiero.
Un piccolo esercizio potrebbe essere l'Immaginazione!

"... Vedo un uomo, è fermo davanti all'ascensore, sta aspettando che il pulsante rosso si spenga per pigiarlo a sua volta. Avrà 60 anni, è un bell'uomo, sebbene i segni del tempo siano ben visibili sul suo volto. Sembra indaffarato, ingarbugliato come una matassa nei suoi pensieri, tanto che quando il pulsante si spegne resta almeno 6 secondi a fissarlo prima di pigiarlo nuovamente..."

Questo è l'istante cruciale: non volgo lo sguardo altrove, ma Immagino una vita, la vita di quel signore paffuto e un pò altezzoso che magari

"...sta pensando a sua sorella, la più grande delle tre. Da due anni, con l'Alzheimer, è costretta in una casa di riposo. Lui si sente in colpa perchè potrebbe andare a farle visita più spesso, ma non lo fa, perchè il lavoro, la famiglia, quella causa in corso contro quei voli low cost che lo hanno truffato... troppi pensieri... e che mal di testa... ah... finalmente l'ascensore!"

Oppure no.

Questo è il bello: poter decidere, ma allo stesso tempo creare una vita che poi, autonomamente, si evolverà e sembrerà fuoriuscire dalle pagine sbiadite del vostro block notes.
A cosa servono le parole? Dove portano le parole?
Questi piccoli fagottini panciuti di idee nascono un pò goffi nella mente e muoiono sulle nostre labbra, oppure vivono sulla punta delle dita e delle nostre penne.
Proviamo a inventarci una vita, non una vita straordinaria, una semplice vita di un uomo qualunque.

Queste sono le parole-chiave che dovrete adoperare necessariamente, anche ampliando le loro aree tematiche e semantiche:
SGUARDO, INCHIOSTRO, FREDDO, LABBRA, TEPORE, IDEA, SENTIRE.

Queste invece sono le parole tabù, quelle che mai dovranno comparire nei vostri commenti:
CUORE, OCCHI, CIELO, AMORE, VITA, CARTA, SENTIMENTO.

Allora, ognuno alla sua fedele "qwerty" e via con questa sfida!

di Mariagiovanna Scarale




4 Commenti

  1. Ecco a voi un breve incipit che segue le indicazioni sopra citate.

    Scendeva in fretta le scale del suo tristissimo condominio in periferia. Era domenica e faceva freddo. Avrebbe tanto voluto trovare quella lettera tanto attesa, ma nella buca della posta non c’era niente, tranne quei volantini pubblicitari colorati, che sporcano le mani col loro inchiostro chimico.
    Thomas andava alla ricerca di qualcosa, non sapeva ancora cosa, ma era da un paio d’anni che il corso degli eventi lo aveva portato tanto alla deriva da fargli dimenticare quali fossero davvero i suoi obiettivi.
    Risalì in casa e si sedette sul divano, cercava il telecomando tra le fessure dello schienale e dei braccioli, ma trovò solo un mucchio di briciole. Non avrebbe dovuto mangiarci sopra. Decise così di metter su uno di quei dischi che scaldano un po’ i pensieri, quelli non troppo complicati da seguire, ma allo stesso tempo profondi varchi che conducono alle frontiere più inconsce delle idee. Era il caso del grande Coltrane di Giant Steps.
    La musica andava e Thomas si sentiva sempre più leggero, sembrava quasi che un dolce tepore risalisse lentamente il suo corpo, partendo dalle estremità dei suoi mocassini e dalla punta delle dita, fino a percorrere le maniche leggermente risvolte della camicia bianca. Più la canzone andava, più lui si sentiva un partecipante attivo di quel momento. Era il protagonista e questo lo faceva sorridere leggermente. Lasciava cadere indietro la testa, mentre poggiava alle labbra un caldo bicchiere di brandy. Sembrava quasi Natale, mancavano solo le lucine colorate e The Voice che cantava la sua versione di Jingle Bells, quando il campanello suonò per tre volte consecutive. Riconosceva perfettamente quel modo di irrompere in casa. Solo una persona lo faceva, ma la cosa più strana era che lo stesse facendo proprio in quel momento. Non si era addormentato, Thomas era sveglio ed ora più che mai aveva le palpebre nascoste. Si alzò di scatto, abbassò per un istante la colonna sonora della sua esistenza e si diresse, con passi incerti, alla porta.

    Mariagiovanna S. (-MGS-)

    RispondiElimina
  2. MOLTE VOLTE LA NOSTRA MENTE SEMBRA UN FOGLIO BIANCO, SU CUI L' INCHIOSTRO DEI NOSTRI PENSIERI SI AFFRETTA
    A COMPORSI IN UN QUALCOSA DI CONCRETO PER PLACARE LE INFINITE EMOZIONI, CHE CI SORPRENDONO E CI INVADONO, NELLA TOTALE CONFUSIONE DI IDEE CHE CI RIPORTANO INDIETRO A RIPERCORRERE TUTTI I MOMENTI PASSATI INSIEME A LEI, LE PAROLE NON DETTE E QUELLE URLATE PER IL SEMPLICE GUSTO DI FARSI MALE.
    ADESSO, LEI ERA Lì DI FRONTE A THOMAS E UN INFINITà DI PAROLE SCORREVANO NELLA SUA TESTA MA L' UNICA PAROLA CHE USCì DALLE SUE LABBRA " TU?!!".
    LEI RIMANEVA FERMA E IN SILENZIO CON QUELLA SUA SOLITA ARIA SCOCCIATA , FREDDA CHE LO AVEVA SEMPRE DISARMATO, ASPETTAVA CHE LUI SI ARRENDESSE COME SEMPRE E LA FACESSE ENTRARE.LEI AVEVA AVUTO SEMPRE PAURA DELLE CONSEGUENZE DELLE SUE AZIONI E LASCIAVA AGLI ALTRI LA FACOLTà DI SCEGLIERE PER NON SENTIRSI MAI RESPONSABILE . QUESTO ATTEGGIAMENTO LI AVEVA PORTATI AD ALLONTANARSI A DIRSI ADDIO. THOMAS NON VOLEVA E CERCAVA DI NON LASCIARSI SOPRAFFARE ANCHE QUESTA VOLTA DA LEI E DA TUTTA UN VALANGA DI RICORDI ,DI SENSAZIONI CHE OGNI GIORNO REPRIMEVA NELLA SUA PARTE PIù TORMENTATA .
    SEI ANNI PER DIMENTICARLA ED ORA DI NUOVO DAVANTI AL SUO SGUARDO CON QUELLA SUA SOLITA INSOLENZA CHE IN FONDO LO ATTRAEVA ANCORA, E LO PORTAVA A RISENTIRE IL TEPORE DELLE SUE BRACCIA.

    RispondiElimina
  3. Marianne, questo era il suo nome. Quante volte lo aveva pronunciato stringendo i pugni e digrignando i denti, quante volte lo aveva gridato dalla porta di ingresso a quella figura snella e veloce che si allontanava, come sempre, da lui.
    Lei non era assolutamente la donna della sua vita e lui ne era perfettamente consapevole. Era stupido credere alle favole e lo aveva imparato a sue spese.
    "Ma, che ci fai qui?" disse a metà strada tra stupore e risentimento.
    "Non mi fai entrare?" replicò lei masticando le parole come se fossero pezzi di carne stopposa.
    Thomas la fece entrare e per educazione le offrì un caffé. Lei subito accettò, si accese una sigaretta e si sedette sul divano, dopo aver sbirciato con noncuranza tra i volumi polverosi della libreria e passato un dito sul giradischi nero.
    Thomas era rimasto in piedi, la guardava con aria interrogativa e aspettava che lei gli dicesse qualcosa. Perché era lì?
    "Vedo che ti sei sistemato, finalmente! ricordo lo stato di questa casa quando... quando... un paio di anni fa" disse Marianne con lo sguardo basso, rompendo il silenzio di ghiaccio che si era creato.
    Thomas sentiva pulsare le sue tempie e il rumore del fumo che usciva dalle sue labbra semichiuse lo innervosiva, non sapeva cosa avrebbe dovuto risponderle, non sapeva come porsi nei suoi confronti, lei lo aveva sempre intimorito con quella sua freddezza e superficialità.
    "si... sono cambiate un pò di cose, come vedi"
    le disse con troppi sottintesi e mentre parlava sentiva le sue idee che si delineavano in una nuova forma, stava acquistando una sorta di coraggio che un po' lo spaventava. Non aveva mai amato quel tepore che smuove le viscere, quello dettato dalla rabbia.
    La loro non era mai stata una storia facile.
    Lei era una donna estremamente concreta, non amava i giri di parole e tantomeno le fantasticherie, Thomas invece era l'opposto, dannatamente costretto nelle sue fissazioni tanto da dimenticarsi di vivere.
    Osservava ogni giorno la sua vita che sembrava cadergli addosso e aspettava che qualcosa gli accadesse, come quella sera, mentre lei andava costantemente alla ricerca di percorsi nuovi e alternativi, che si opponessero a quelli che per inerzia avrebbe potuto percorrere. Lui era come un libro, lei invece era inchiostro e sapeva fare bene il suo lavoro: era riuscita in pochissimo tempo a macchiargli la vita in modo indelebile.
    Sebbene le palesi differenze, la certezza di un contatto c'era stata, un contatto durato più di un paio di secondi, ma destinato inesorabilmente a una fine.


    Mariagiovanna S. (-MGS-)

    RispondiElimina
  4. Thomas continuava a guardarla mentre si muoveva nella stanza, nemmeno per un secondo i loro sguardi si erano incontrati e con voce secca Thomas " mi vuoi dire il motivo per cui sei qui? non voglio pensare che avevi bisogno di vedermi o di sapere come stavo!" concluse con un tono sarcastico, era la prima volta che trovava il coraggio di affrontarla " sei sempre il solito polemico che ama complicare le cose" e sbuffando si voltò di scatto e all' improvviso un pensiero si bloccò sulle sue labbra " e tu sei la solita stronzs!" ma lasciò cadere queste parole , era curioso, voleva sapere il motivo di questo assurdo ritorno ed era pienamente consapevole che sarebbe bastato poco per vederla di nuovo uscire da quella porta.
    Quante volte aveva sperato di sentire il campanello , vederla tornare sentire di nuovo quella voce e adesso tutto questo lo innervosiva non capiva o forse capiva troppo bene che fra di loro si era creata una frattura insormontabile. Rimaneva in piedi di fronte alla finestra e con lo sguardo perso nel vuoto guardava come in un film le immagini della sua sofferenza proiettate nel cielo della sera. sentiva mancargli il fiato ma all' improvviso la voce di Marianne ruppe il brusio dei suoi pensiei " Con lui ci siamo lasciati".

    RispondiElimina

Posta un commento

Nuova Vecchia