Ricordo di Leonardo Mancino - uomo e intellettuale inquieto

di Vincenzo Jacovino

Anche se “la letteratura non è la vita”(F.Fortini) Mancino ha tentato, giorno dopo giorno, di realizzare un percorso ove vita e letteratura si intersecassero e si confondessero in modo da marciare comunque, in simbiosi. Per questo ogni suo gesto era sempre un atto rivoluzionario alonato, però, da tanta tanta inquietudine. E’ stato, in effetti, un uomo inquieto con un percorso esistenziale agitato, gonfio sì di passioni ma, anche, di impegno morale e civile. Ha vissuto la sua inquietudine come un’inguaribile malattia, spesso crogiolandosi però accadeva, di frequente, che con il gesto e la scrittura cercava di allontanare da sé la forte percezione di essere

un albero
abbandonato alla pioggia
e al vento.

L’amico Leonardo Mancino, ora, potrà trovare, forse, risposta all’angosciosa domanda che con qualche frequenza si rivolgeva pensando al padre

ma come sarà
e quali occhi e quali suoni
di voce il ritorno vicino a te
padre?

infatti si scrisse a suo tempo, nel recensire i suoi scritti poetici, che “serpeggia tra le pagine” e nella vita dell’uomo e dell’intellettuale “madama malinconia, la quale si insinua sotto, dentro e attraverso”.
Il nostro primo incontro fu alquanto sbilanciato. Leonardo mi salutò con calore come se ci fosse stata, tra noi, un’antica e quotidiana frequentazione. Iniziò a proporre idee, a parlare di testi e di autori lasciando poco spazio alle mie risposte. Era uno spazio che, per indole, lascavo volentieri che l’occupasse. Riempì, quello spazio e quel primo incontro, dei suoi pensieri, della sua affabulazione che la natura aveva a lui, così benignamente, concesso Gli incontri successivi non furono molto diversi dal primo però, nonostante fossi investito dalla sua affabulazione torrentizia (caratteristica precipua anche della sua scrittura), incontro dopo incontro riuscii a ritagliarmi la porzione di spazio necessario per condividere ma, soprattutto, dibattere sulle varie problematiche letterarie, politiche e sociali.
Non si vuole, qui, narrare della nostra sodale amicizia né dei frequentissimi e familiari incontri ma ricordare l’uomo e l’intellettuale che ha vissuto con l’ansia di capire e la voglia imperiosa di agire. Ha scritto, qualche anno addietro, Valli che in lui “colpisce l’alto grado di coinvolgimento personale, quel sentimento della scrittura come partecipazione, sfida, scommessa”. E per Leonardo la letteratura era, in effetti, l’alimento indispensabile per rendere la vita di ciascuno più vera e, secondo il suo precipuo intendere, più reale.
Uomo e intellettuale impegnato e animato da furori violenti e da giudizi, a volte, definitivi. Negli scritti c’è, sì, la sua scrittura e la sua maniera ma, soprattutto, c’è tutta la sua passionalità e le sue intemperanze. Si vuol chiudere questo ricordo con alcuni significativi suoi versi che, pur se dedicati al padre, preconizzano il malinconico e ultimo traguardo esistenziale:

ora l’anima s’è arrampicata con i consueti
passi delle ascese di una volta
fin sul ramo più debole e sottile
dell’albero delle solitudini

perché

in questa città dolente, tra queste voci
non s’agita la paura
non senti il ferro di un’idea cattiva
attraversarti il capo.

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