Una sorpresa annunciata


di Vincenzo Jacovino


Sovente accade, almeno allo scrivente, di essere intrigato non tanto dalla conoscenza o dalla sodale amicizia che intercorre con l’autore quanto dalle affiliazioni o crediti che all’autore si attribuiscono o si attribuisce. Quali le ragioni? Probabilmente affiorano affinità elettive o memorie culturali che le suddette affiliazioni o crediti fanno improvvisamente emergere tra l’autore e lo scrivente. Un altro motivo d’intrigo è a volte, anche se ciò accade di rado, l’inattesa o inaspettata invasione in un campo non proprio. E Giovanni Caserta: studioso della letteratura, critico letterario, storico e fine conoscitore d’arte. ora si è avventurato nel campo della narrativa con fare spigliato sì, ma con circospezione tant’è che al racconto lungo frammette quelli di breve respiro.
E’ una sorpresa, comunque, annunciata perché la sua scrittura che si tratti di critica letteraria, scritti storici o d’arte ha l’andamento e struttura narrativa pertanto, si attendeva, prima o poi, un simile sconfinamento; si aggiunga, inoltre, che già nel l’ultimo decennio del secolo scorso, il Caserta aveva già effettuato un’incursione di campo con un racconto Il Pozzo. Lì, il nostro si specchiava nei ricordi di un emigrante componendo sotto gli occhi del lettore la vita “comunitaria e civile degli antichi abitanti dei Sassi di Matera”. Era, anche, uno struggente autoritratto giovanile o della prima infanzia visto attraverso le tessere memoriali del vecchio emigrante.
Fu una fugace invasione di campo perché, dopo, il Caserta ha proseguito la sua intensa attività di studioso, di critico e di storico, ufficialmente mentre, in segreto, continuava a coltivare il suo sogno di “fare lo scrittore”, ossia “lo scrittore di novelle e romanzi”. Ed ecco che, oggi, Giovanni Caserta si presenta al lettore con Lettere Provinciali, Osanna edizioni, una raccolta di racconti i cui personaggi e le loro storie si muovono e si sviluppano in uno “stretto e ben delimitato ambito geografico e sociale”: Matera e dintorni.
In Lettere Provinciali il Caserta non si affida mai alla fantasia ma imbastisce storie improntate, sempre, sulla sofferenza, sul disagio sociale, sull’emarginazione, sulla disoccupazione, sulle ingiustizie prodotte vuoi dal caso vuoi dalla società, sulla povertà, sull’emigrazione e suo spaesamento o straniamento. Ogni racconto, corto o lungo che sia, è sempre una scatola colma di ricordi anche quando il protagonista non è, ufficialmente, l’io. Soprattutto nei racconti lunghi, è palpabilissima l’intima urgenza dell’autore di parlare in filigrana, tramite il personaggio, di sé e delle condizioni e situazioni sociali da cui la sua gente, e non solo, è partita.
I racconti lunghi hanno un impianto novecentesco che rimanda a memorie culturali o, meglio, a tempérie culturale di una generazione, quella degli anni trentaquaranta cresciuta insieme allo Stato repubblicano, che approdava finalmente nelle stanze del sapere E’ quella stessa generazione che. ha vissuto e ha contribuito attivamente alla trasformazione del mondo contadino in quello industriale poi, così velocemente svanito. Ora, purtroppo, si è passivi testimoni del vorticoso cambiamento del mondo postindustriale in cui si soggiorna.
Il Caserta parla, in questi racconti, di persone e cose che conosce o ha, ipote ticamente, conosciuto; ma sono i racconti di breve respiro a dare un più intenso coinvolgimento empatico anche perché in essi, sovente, il protagonista è lo stesso autore.

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