Felicità


di Roberto Tortora

Gli Americani vanno matti per le classifiche. Dev’essere qualcosa che risale allo “spirito della frontiera”. Sono sempre pronti a stilare l’elenco di quelli che hanno più soldi, più mogli, più hamburger sotto i denti.

Come se non bastasse la classifica stilata da Forbes per aggiornarci sugli uomini più ricchi del pianeta; come se non bastasse l’incoronazione di “uomo dell’anno” che a dicembre ci propina il settimanale “Time”, ecco che arriva l’investitura di “Donna più felice d’America”, Happiest woman in America, apparsa sul quotidiano Usa Today.

Finalmente, non vedevamo l’ora di conoscerla! Lei si chiama Mary Claire Orenic, 50 anni, dirigente presso una multinazionale. Il suo primo piano sorridente è apparso su tutti i quotidiani del mondo. E questa, signori, si chiama “notorietà”. E’ il successo. Molto americano. Molto occidentale. Vien voglia di mettersi lì a studiare con la lente di ingrandimento com’è fatta questa donna fortunatissima. Siamo tutti curiosi di carpirle il segreto della felicità, il segreto che da qualche migliaio di anni assilla la vita di filosofi, teologi e poeti e che vorremmo far nostro per apparire anche noi sorridenti su tutti i giornali del mondo.

Ebbene, basta leggere gli articoli per capire come stanno le cose. Lei, Mary Claire Orenic, neoeletta donna più felice d’America, è pronta a svelarci il rimedio al male di vivere: “Lavorare a casa due giorni alla settimana. Non viaggiare più di dieci minuti per recarsi al lavoro. Dedicare tutte le serate alla cena in famiglia. Non rinunciare alla passeggiata serale insieme al marito.”

Ah però! E allora, donne, da domattina niente più mugugni, niente più aria tetra prima di andare al lavoro mentre cambiate il pannolino al pupo. Non avete più scuse. Stasera stessa, dopo cena, fate quattro passi a braccetto con vostro marito e domattina la vita vi sorriderà.

Casa, lavoro e marito. Un mondo chiuso, piccolo piccolo, da tenersi stretto stretto.

Qualche anno fa, quando le nostre menti erano meno stritolate dall’egoismo, avremmo definito tutto questo come un chiaro esempio di riflusso nel privato. E oggi, invece? Oggi diventa quanto di meglio possiamo augurarci dalla vita? Starcene nascosti nel nostro personalissimo recinto, curandoci solo di un marito, di un figlio e di un gruzzoletto da mettere al sicuro?

Per fortuna non è così dappertutto. In queste settimane di Avvento, noi di Terpress che ancora crediamo a Babbo Natale, siamo sicuri che la Felicità sia altrove. Siamo certi che la felicità alberghi nel cuore di quanti quel recinto lo hanno scavalcato con un salto degno della più nobile delle classifiche. Come a Genova durante l’alluvione. Gente che ha scavalcato il lindo salotto domestico per tuffarsi nel fango. Per tuffarsi nella marea marrone portatrice di morte e di distruzione. “Angeli del fango”, così sono stati chiamati. Perché degli angeli hanno tutto, la generosità incondizionata, l’impulso a rischiare la propria vita pur di salvarne un’altra, il senso di solidarietà come istinto insopprimibile.

Li abbiamo ammirati nei video girati con i telefonini. Ragazzi e ragazze, donne e uomini che si addentrano nei mulinelli di melma che invadono le strade, fino alle ginocchia, fino alla cintola, fino al collo. Sfidano la corrente che tutto travolge per tentare di acciuffare per i capelli qualcuno che sta precipitando e che da solo non ce la fa a tornare a galla. Sono pronti a dire addio alla vita, ai loro figli, alle loro compagne per consentire a un altro, a uno sconosciuto che sta per affogare, di tornare ad abbracciare le compagne e i figli.

Sono gli angeli del fango, ma non guadagneranno nessuna copertina, nessun primo posto in nessuna classifica. Non rilasceranno interviste, né la loro foto apparirà sui quotidiani di tutto il mondo. Anche perché sarebbero irriconoscibili, coperti come sono di una crosta di fanghiglia, e sempre ammesso che ce l’abbiano fatta a ritornare a casa.

Eppure questi eroi senza nome e senza classifica qualcosa di speciale devono averlo ed è il segreto della felicità. Quella vera, quella nobile.

Noi possiamo solo immaginare che dentro di loro sia accesa una luce.

Perché chi salva una vita, salva il mondo intero.


Foto: Tito Rossini, Intorno al fuoco, olio su tela

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