L’aspetto inerte e buio de “Il leone in noi”


di Vincenzo Jacovino

L’incontro con la pittura di Mario De Poli è lontano nel tempo e col prosieguo degli anni gli incontri sono stati sporadici anche se comuni amici, a più riprese, davano notizie e informazioni sulle linee evolutive della sua pittura. Si era, in effetti, in costante compagnia con quest’artista perché una sua opera ha campeggiato prima nello studio in seguito, traslocando in altra stanza, non ha mai mancato di catturare gli occhi e, di volta in volta, di inviare stimoli emozionali.
Veduta aerea di una campagna luminosa e resa suggestiva da una luce cromatica variegata ma intensa. E’ una tela che esalta l’oggettiva bellezza della natura. E’ un “naturalismo di matrice espressionistica”, si però personale tale da non richiamare rimandi e/o influenze. Dalle tele di ieri, alquanto remoto, al volume “Il leone in noi”, La Cittadella edizioni, di oggi è evidente il percorso evolutivo effettuato in tutti questi anni dall’artista. Il volume riporta tutte le opere che furono esposte presso il palazzo Dolfin-Casale di Rosà (VI).
Il tema predominante e unico è il leone costantemente raffigurato immerso in una “luce corrusca ed accecante”; una luce che vibra ed è mutevole per effetto di un cromatismo dalle tonalità sempre più sfumate. La luce abbacinante incombe sul leone lasciando in penombra “il paesaggio intorno, spesso rarefatto,” tanto da suggerire “una dimensione prettamente onirica”. Tutto ciò insinua l’allegoria del silenzio e conduce alla meditazione e alla sosta. Sfogliando, inoltre, il volume e nello scorrere delle immagini - l’icona-leone-, pagina dopo pagina, c’è, al sovrapporsi dei colori qui accesi lì più soft e caldi, un maturo processo pittorico “in cui i lacerti” trovano “una ragione unitaria e, dagli elementi singoli,” è possibile avere o ricomporre “una visione d’insieme”.
Il leone diventa il complemento, sovente di attrazione profonda dato il suo in-trinseco carattere misterioso, di se stesso. E’ un’entità di carattere primitivo dove il colore funziona da motivo espressionista, perché enfatizza la quiete ma, soprattutto, il sentire tormentato e tragico che traspare tramite “la grande pregnanza antropomorfa dell’animale”. A questo pathos contribuisce la corposità pittorica del cromatismo e della sua stesura a piani intersecanti e contrapposti.
Il leone in noi è l’aspetto inerte e buio della realtà con implicazioni morali. La reiterata figura leonina si afferma come la narrazione dell’altro da sé e le tele si accendono di un cromatismo vivace, a tratti sensuale, abbacinante.

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