di Natty Patanè
Fuori piove. Tutto è diventato d’improvviso scuro, sto seduto sulla poltroncina, sull’altra accanto a me siede Agnés, sorseggiamo un the caldo e guardiamo fuori dall’ampia vetrata che chiude la veranda, durante l’estate è stata sempre aperta ma da qualche giorno abbiamo cominciato a chiuderla ben prima del tramonto, dopo il viottolo si allarga il bosco. La pioggia si fa più fitta mentre un vento violento inizia a scuotere i rami, vibrano e cantano. Agnés stringe gli occhi miopi e fa rumore succhiando dalla tazza colorata. D’un tratto una scheggia luminosa solca il cielo, poi uno schianto quasi ci fa sobbalzare mentre il bagliore scompare tra le cime
- Che è stato? –
- Un fulmine –
Le rispondo con calma
- Dovremmo accendere una candela –
- Perché? –
Chiedo incuriosito
- Perché le candele allontanano i fulmini! Così mi hanno detto dove stavo prima!–
Mi risponde Agnés con l’espressione di chi ti ha colto in evidente stato di ignoranza, mi guarda abbassando la testa e fissandomi da sopra gli occhiali spessi, poi d’improvviso si alza
- La compressa fa effetto, vado da Julie a farmi dare le gocce e vado a dormire, buona notte –
Si allontana ciabattando e ondeggiando nella penombra del corridoio, mi alzo e apro uno spiraglio della vetrata, l’aria è pungente ma, mentre finisco il mio the, voglio respirare l’odore della terra che si bagna. Immagino che lo schianto di pochi minuti prima potesse essere un albero colpito da un fulmine e mi compiaccio che stia lentamente spiovendo. Esco fuori stringendomi al petto la giacca di lana nera, accendo una sigaretta e, riparandomi dalle ultime gocce sotto la piccola tettoia, gioco col fumo. Tra qualche minuto anche Julie finirà il suo turno somministrando le ultime terapie e ci avvieremo insieme verso casa sua. In fondo al corridoio, in controluce vedo delinearsi la sua figura, nonostante il peso non sia proprio minimo, mantiene una rapidità e leggerezza dei movimenti che cancella ogni possibilità di soffermarsi sulle sue misure. Come sempre sorride e appena varcata la porta esplode in uno dei suoi cinguettii che riescono a carezzare l’udito
- Mon petit ami ! –
Appena conosciuta, questo suo darmi del “piccolo” mi infastidiva, quasi che nessun affetto dovessi accettare dalla notte in cui il mare aveva deciso di lasciare lo zenzero tra i miei ricordi quasi impronunciabili, impronunciabile quasi come il tuo nome, caduto giù dalle mie labbra e rapito dalle onde del canale di Sicilia. Forse proprio per questo suo vezzo cominciai a chiamarla “maman Julie”
Ci incamminiamo sulla stretta stradina che costeggia il bosco, il cielo si è ripulito e la luna si frantuma in milioni di luccichii dispersi sull’asfalto, di tanto in tanto qualche animale suona un rametto o il tappeto di foglie cadute che comincia ad inspessirsi, in lontananza il profilo di una chiesa dal tetto spiovente
- Sal ci avrà preparato la quiche –
Mi dice sapendo che sarò stremato dopo 7 ore di pulizie e le chiacchierate con gli utenti mentre la aspettavo
- E poi ci facciamo una bella birra! Tanto domani non si lavora! –
Il solo sentirla parlare mi rasserena e da tempo non ho dubbi sulla fortuna che ho avuto nell’incontrare lei e il suo Sal.
- Chissà se un giorno ci andrò in Olanda? -
Le dico, quasi come se rispondessi ad una sua domanda, e poi senza fiato aggiungo
- Chissà se un giorno lo ritroverò, se è ancora … -
- Zitto! –
Mi dice con fermezza mentre blocca i suoi passi e si ravviva i corti capelli biondi, annuisco riconoscendo che dopo più di un anno dovrei cominciare a non pensare, a non sperare di ritrovarti. Il bosco si dirada e appaiono alcune case con le travi incastrate a vista nelle pareti colorate e i tetti dalle pendenze ardite, le finestre tremano di luce fioca, quasi che si fossero fermate al tempo delle candele, so che dietro una di quelle ci sarà Sal con la sua cucina francese così straordinariamente contaminata dalle sue origini italiane, ero proprio a pochi chilometri dal suo paese natale nelle notti in cui guardavo il vuoto della campagna e mi chiedevo se avessero ritrovato quel barcone, il tuo.
Maman Julie apre il cancelletto in legno colorato d’azzurro, attraversiamo il cortiletto e Sal si affaccia sui due gradini d’ingresso, sorride e lei affretta il passo per raggiungerlo, si abbracciano e scambiano un lungo bacio. Mi fermo due passi indietro, non posso far altro che guardarli e sperare, perdendomi nel silenzio freddo della notte ormai prossima.
إرسال تعليق