Giuseppe Gavazza
Altre
voci e altri spazi a riempire l'utopia di un palazzo enciclopedico:
le Biennali Arte e Musica si intrecciano e si incrociano non solo nei
titoli e nelle intenzioni ma nella realtà delle opere proposte che si allargano alle altre “arti”
come l'Architettura - evidentemente ed esplicitamente - il Teatro, la
Danza, il Cinema.
L'utopia
dell'arte totale si sta, poco a poco, realizzando attraverso i nuovi
strumenti della scena tecnologica ?
1
- Altra voce, altro spazio. 57°
Festival
Internazionale di Musica Contemporanea.
Venezia,
4 > 13 ottobre 2013
2
- Il palazzo Enciclopedico. 55a Esposizione
Internazionale d'arte.
Venezia, 1.6 > 24.11 2013
Venezia, 1.6 > 24.11 2013
Indice
breve
1.1
- Biennale Musica 2013 : Venerdì 4 ottobre
ore 15.00 – Sala Grande Palazzo del Cinema
Karlheinz
Stockhausen (1928-2007) Helicopter String Quartet
(1992-93, 31’)
Quartetto
Arditti. Direzione regia del suono André Richard, regia del suono,
informatica musicale Thierry Coduys.
2.1
- Biennale Arte 2013. Ariel Guzik : Cordiox.
Padiglione Messico, ex Chiesa di San Lorenzo. Installazione sonora.
1.2
- Biennale Musica 2013 : Sabato
5 ottobre ore 17.15 – Teatro Piccolo Arsenale
Visioni.
Per
ensemble, elettronica, luci e oggetti in scena, un progetto di Eric
Maestri, musiche di Daniele Ghisi e Eric Maestri, in collaborazione
con Tempo Reale
Ensemble
L’Imaginaire, messa in scena Chiara Villa, disegno luci Chiara
Villa e Victor Egéa, regia luci Victor Egéa, regia suono Matthieu
Zisswiller, oggetti Olivier Perriquet.
2.2
- Biennale Arte. Anri
Sala : Ravel
Ravel Unravel. Padiglione
Francia, Giardini
1.3 – Biennale Musica : Martedì 8 ottobre, ore 17.15 - Teatro alle Tese
1.3 – Biennale Musica : Martedì 8 ottobre, ore 17.15 - Teatro alle Tese
Homoiomèreia,
o della mutazione computazionale
opera-performance
per apparati percussivi, elettronica, protesi e automazioni,
ideazione, regia, musica Pietro Luca
Congedo, Pietro Luca Congedo apparati
percussivi; protesi e automazioni, elettrophonie, Paolo Brandi; regia
suono e programmazione, Flavio Astorino; ingegneria elettromeccanica,
Roberto Mucchiut; disegno luci e video; Barbara Zanichelli voce
registrata
2.3
- Biennale Arte 2013. Konrad
Smoleński
: Everything Was
Forever, Until It Was No More.
Padiglione
Polonia, Giardini. Installazione sonora.
Dettagli
Dettagli
1.1
- Helicopter String Quartet. Lo spazio dell'ascolto
si allarga a dismisura: dal piazzale del palazzo del cinema decolla
il quartetto di elicotteri che porta in volo per 31 minuti esatti i
quattro musicisti del Quartetto Arditti: nella sala grande del
palazzo del Cinema, i quattro musicisti si sentono e si vedono
proiettati su quattro schermi. Stockhausen - come ci racconterà in
sala subito dopo l'atterraggio Irvine Arditti - rifiutava di scrivere
un quartetto d'archi: forma e formazione troppo convenzionali per la
visione poetica, filosofica ed estetica del visionario compositore
tedesco. L'idea è letteralmente grandiosa, sia quella del
compositore sia quella di inaugurare così un festival di musica
nuova, aprendolo a suggestioni spettacolari e allo stupore
tecnologico suscitato dagli elicotteri. Gli elicotteri al cinema sono
protagonisti e qui siamo negli spazi ufficiali del cinema. Ma mi
viene anche in mente la bella canzone “Mario” cantata da
Enzo Jannacci (il testo è di Danilo Franco, la musica di Pino
Donaggio): “Questi prendono, vanno, tornano, non fanno niente, è
solo un volo”.
La partitura non è, musicalmente, delle migliori del grande Karlheinz che finisce, a mio avviso, per sedersi nella grandiosità dell'idea per comporre un contrappunto a quattro parti su basso continuo poco interessante e convenzionale, forse anche un po' barocco e scolastico. Ma l'impatto di una performance (non solo) musicale dal vivo come viaggio, come forma che decolla, vola, gira, insegue, sviluppa, ritorna, atterra funziona e rimane impressa. E la Sala Grande dei clamori mondani cinematografici che resta alla fine silenziosissima per molte decine di secondi ad ascoltare il frullare delle pale degli elicotteri che, in diminuendo al nulla, si spegne è un finale degno di una sinfonia incompiuta di Mahler, una conclusione perfetta ad un Grande Rondò Brillante.
La partitura non è, musicalmente, delle migliori del grande Karlheinz che finisce, a mio avviso, per sedersi nella grandiosità dell'idea per comporre un contrappunto a quattro parti su basso continuo poco interessante e convenzionale, forse anche un po' barocco e scolastico. Ma l'impatto di una performance (non solo) musicale dal vivo come viaggio, come forma che decolla, vola, gira, insegue, sviluppa, ritorna, atterra funziona e rimane impressa. E la Sala Grande dei clamori mondani cinematografici che resta alla fine silenziosissima per molte decine di secondi ad ascoltare il frullare delle pale degli elicotteri che, in diminuendo al nulla, si spegne è un finale degno di una sinfonia incompiuta di Mahler, una conclusione perfetta ad un Grande Rondò Brillante.
2.1
- Cordiox.Gli spazi vuoti e in disuso nello spazio
usato da Luigi Nono nel 1984, nell'arca lignea realizzata ad hoc, a
fini acustici e musicali, da Renzo Piano per la prima di Prometeo,
tragedia dell'ascolto risuonano di voci misteriose e bellissime.
La suggestione è affascinante e l'evocazione è forte e si nutre di
memorie storiche e sonore: Nono, con la sua grande Opera – che
risuonò proprio qui dunque, puro ascolto senza testo, senza
narrazione esplicita né scenografia - metteva in scena la memoria,
la storia e la tradizione della Scuola Veneziana dal 1500: Andrea e
Giovanni Gabrieli innanzitutto e il loro uso musicale dello spazio
suggerito dalla struttura architettonica della Basilica di San Marco.
Gli spazi stessi della città lagunare, così speciali anche
acusticamente, hanno alimentato l'ispirazione a Nono per la sua
musica, come si ascolta in una intervista video che ricordo di aver
visto e ascoltato anni fa (e potrebbe essere questa:
http://www.luiginono.it/it/node/17110)
Lo
spazio come elemento compositivo ripreso, in eco al Barocco, dalla
musica degli ultimi decenni, ha qui una messa in scena ideale e
significativa. Quello che ascoltiamo, nel bellissimo lavoro di Guzik,
è null'altro che lo spazio stesso, messo in risonanza da un impianto
tecnologico sonoro ed acustico tanto sofisticato e ben temperato
quanto monumentale, teatrale ed esplicitamente “arcaico”
tecnologicamente. Già nel disegno della consolle di controllo
(legno finemente lavorato, grandi manopole che sembrano di bachelite
e valvole termoioniche a vista, piccole lampadine intermittenti) che
pare recuperata da una vecchia scenografia cinematografica per la
cabina di pilotaggio di Capitano Nemo. Una esperienza musicale
profondamente site specific, come si usa dire oggi troppo
frequentemente.
1.2
- Visioni.
GiÃ
il titolo, per uno spettacolo musicale, pone la questione
poli/multi/pluri-sensoriale/modale/disciplinare/mediale/
...
I musicisti sono in scena, come è ovvio in un concerto, ma la scena è parte dell'insieme, anzi ne è solista: un Concerto Grosso per oggetti visivi e sonori, luci, immagini e Gruppo Strumentale Sonoro. La regia è parte della partitura, forse diventa di fatto essa stessa partitura (score) o direttore d'ensemble. Le premesse sono intriganti: “Visioni è un brano sonoro e visivo che, attraverso l’elettronica con le sue macchine immaginarie, mette in moto il mistero dell’ascolto, il gioco della rappresentazione del suono che da invisibile si fa visibile”. Il risultato è interessante e l'attenzione dello spettatore è guidata all'ascolto dalle percezioni visive e viceversa e in parte svela l'invisibile che è sotto i nostri occhi in ogni concerto evidenziandolo intenzionalmente. Personalmente avrei apprezzato una scena più vuota e meno geometrica nella disposizione degli oggetti e nel movimento delle proiezioni e con una teatralità meno tecnologica; ma mi pare una bella strada da seguire tra le proposte della nuova scena ibrida che sta delineando confini diversi tra le arti performative e non.
2.2 - Ravel Ravel Unravel.Pianoforte a due mani ma con due pianisti e due pianoforti in luoghi e tempi, alla fonte, diversi. Il Concerto per la mano sinistra per pianoforte e orchestra, composto da Maurice Ravel nel 1930 per Paul Wittgenstein (fratello di Ludwig e pianista che perse il braccio destro nella Prima Guerra) è qui presentato in due diverse interpretazioni filmate in audio-video e proiettate nella stessa sala. In altra sala un video mostra una donna che armeggia con due giradischi: si scoprirà nell'ultimo video che sta cercando di “accordare” i vinili delle due registrazioni. Ovviamente le due interpretazioni sono diverse e le esecuzioni slittano sfasandosi: le riprese video si concentrano sulle sole mani che suonano, le sinistre, ovviamente. Il titolo fa riferimento alla omografia tra il cognome del compositore francese ed il verbo inglese to ravel che possiamo tradurre come annodare, intrecciare con il suo opposto to unravel, sbrogliare, districare. Per imbrogliare ulteriormente il lavoro di Anri Sala, portato a rappresentare la Francia, è presentato nel Padiglione Germania che, a sua volta ha utilizzato il Padiglione Francia per i suoi artisti. La qualità delle riprese video e audio è eccellente, così come l'interpretazione dei solisti e delle orchestre, l'allestimento ed il bel libro che è parte integrante del progetto. Gli artisti nel dossier de presse, fotografati impeccabilmente da fotografi professionali in studi professionali, hanno le facce giuste e severe di chi è ben consapevole di essere artista. La Grandeur francese non si smentisce anche se l'idea a me sembra un po' debole per un tale dispiego di mezzi: ma vive la musique, comunque.
I musicisti sono in scena, come è ovvio in un concerto, ma la scena è parte dell'insieme, anzi ne è solista: un Concerto Grosso per oggetti visivi e sonori, luci, immagini e Gruppo Strumentale Sonoro. La regia è parte della partitura, forse diventa di fatto essa stessa partitura (score) o direttore d'ensemble. Le premesse sono intriganti: “Visioni è un brano sonoro e visivo che, attraverso l’elettronica con le sue macchine immaginarie, mette in moto il mistero dell’ascolto, il gioco della rappresentazione del suono che da invisibile si fa visibile”. Il risultato è interessante e l'attenzione dello spettatore è guidata all'ascolto dalle percezioni visive e viceversa e in parte svela l'invisibile che è sotto i nostri occhi in ogni concerto evidenziandolo intenzionalmente. Personalmente avrei apprezzato una scena più vuota e meno geometrica nella disposizione degli oggetti e nel movimento delle proiezioni e con una teatralità meno tecnologica; ma mi pare una bella strada da seguire tra le proposte della nuova scena ibrida che sta delineando confini diversi tra le arti performative e non.
2.2 - Ravel Ravel Unravel.Pianoforte a due mani ma con due pianisti e due pianoforti in luoghi e tempi, alla fonte, diversi. Il Concerto per la mano sinistra per pianoforte e orchestra, composto da Maurice Ravel nel 1930 per Paul Wittgenstein (fratello di Ludwig e pianista che perse il braccio destro nella Prima Guerra) è qui presentato in due diverse interpretazioni filmate in audio-video e proiettate nella stessa sala. In altra sala un video mostra una donna che armeggia con due giradischi: si scoprirà nell'ultimo video che sta cercando di “accordare” i vinili delle due registrazioni. Ovviamente le due interpretazioni sono diverse e le esecuzioni slittano sfasandosi: le riprese video si concentrano sulle sole mani che suonano, le sinistre, ovviamente. Il titolo fa riferimento alla omografia tra il cognome del compositore francese ed il verbo inglese to ravel che possiamo tradurre come annodare, intrecciare con il suo opposto to unravel, sbrogliare, districare. Per imbrogliare ulteriormente il lavoro di Anri Sala, portato a rappresentare la Francia, è presentato nel Padiglione Germania che, a sua volta ha utilizzato il Padiglione Francia per i suoi artisti. La qualità delle riprese video e audio è eccellente, così come l'interpretazione dei solisti e delle orchestre, l'allestimento ed il bel libro che è parte integrante del progetto. Gli artisti nel dossier de presse, fotografati impeccabilmente da fotografi professionali in studi professionali, hanno le facce giuste e severe di chi è ben consapevole di essere artista. La Grandeur francese non si smentisce anche se l'idea a me sembra un po' debole per un tale dispiego di mezzi: ma vive la musique, comunque.
1.3
– Homoioméreia.
E' una grande macchineria da spettacolo: spettacolare e macchinosa. Una pièce di teatro acustico e visivo che riempie lo spazio e attornia il pubblico, lo assedia con suoni e immagini di oggetti sonori in movimento, fumi, luci e proiezioni. Pietro Luca Congedo da voce alla materia pilotando automi sonori percussivi che sono protesi del suo corpo (lui stesso è percussionista) pilotate dalla sua consolle informatica. “Homoioméreia è lo spettacolo della materia trasformata in fenomeno acustico.” Sorprende ed emerge nel fenomeno acustico materializzato in spettacolo la distanza tra il corpo, il gesto e il suono.
“Se il corpo del mago danzatore é carico di bubboli o pacchetti di mezzi gusci di frutta secca o pezzi di metallo, questo uomo-sonagli' (Schaeffner) non é più che uno strumento musicale del dio che lo ha invaso.” Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi 1992, p.72
Nella performance Congedo sembra proporre un paradigma materialistico dello strumento come estensione del corpo: la materia si trasforma in fenomeno acustico allo stesso tempo che il gesto strumentale si smaterializza sbriciolato nella catena delle interfacce che stanno tra pensiero (scrittura ?) e suono ascoltato prima ancora che nella distanza fisica.
“Congedo fa della realtà fisica uno spettacolo materialista e, insieme, metafisico.” La distanza tra uomo e strumento non è qui dunque solo fisica (i metri che separano la consolle dagli oggetti sonori che potrebbero essere chilometri o anni suono) e non so quanto sia metafisica o, piuttosto, dissociata: ma anche la dissociazione e l'asincronismo sono parte integrante del nuovo linguaggio artistici.
2.3 - Everything Was Forever, Until It Was No More.Due grandi campane vere e funzionanti e due muri di altoparlanti che sembrano pronti per un set di dancefloor. Circa ad ogni ora una sessioni di performance e di ascolto che dura circa 20 minuti: gli avvisi da una parte puntualizzano che il livello sonoro è stato abbassato rispetto all'intenzione dell'artista ma in rispetto delle norme cittadine, dall'altra prima della sessione si viene avvisati che il livello sonoro sarà molto alto quindi si resta a proprio rischio e pericolo (e distribuire tappi per le orecchie come ormai, paradossalmente, succede a molti concerti con elettronica?). Le campane motorizzate oscillano, piano piano l'oscillazione aumenta ed iniziano a suonare; i microfoni registrano ed il suono viene inviato con ampio ritardo agli altoparlanti che lo restituiscono filtrato, diverso, infedele, non proprio low-fi ma certo cupo, impoverito, certo ben lontano dal ricco suono originario. L'esperienza vale la pena di essere vissuta; il catalogo racconta della ”possibilità di accedere a un mondo in cui la storia si è fermata, avvicinandosi alle proposte radicali della fisica contemporanea che considera il passare del tempo un'illusione.” Parafrasando un proverbio (attribuito) cinese: se ciò che hai da scrivere non è meglio del nulla allora meglio non scrivere nulla. Anche qui la forza dell'esperienza sonora vince sulla sua forzata spiegazione concettuale.
Nel consueto cameo sonoro che si può ascoltare cliccando la foto di copertina della consolle di Cordiox si ascolta una breve registrazione fatta a San Lorenzo martedì 8 ottobre alle ore 9,50: anche i click, che a me paiono quelli di una macchina fotografica, sono un bel paradigma della multisensorialità che, talvolta, non è ben accordata. Il visivo che si impone sull'acustico, talvolta invadendolo e inquinandolo.
E' una grande macchineria da spettacolo: spettacolare e macchinosa. Una pièce di teatro acustico e visivo che riempie lo spazio e attornia il pubblico, lo assedia con suoni e immagini di oggetti sonori in movimento, fumi, luci e proiezioni. Pietro Luca Congedo da voce alla materia pilotando automi sonori percussivi che sono protesi del suo corpo (lui stesso è percussionista) pilotate dalla sua consolle informatica. “Homoioméreia è lo spettacolo della materia trasformata in fenomeno acustico.” Sorprende ed emerge nel fenomeno acustico materializzato in spettacolo la distanza tra il corpo, il gesto e il suono.
“Se il corpo del mago danzatore é carico di bubboli o pacchetti di mezzi gusci di frutta secca o pezzi di metallo, questo uomo-sonagli' (Schaeffner) non é più che uno strumento musicale del dio che lo ha invaso.” Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi 1992, p.72
Nella performance Congedo sembra proporre un paradigma materialistico dello strumento come estensione del corpo: la materia si trasforma in fenomeno acustico allo stesso tempo che il gesto strumentale si smaterializza sbriciolato nella catena delle interfacce che stanno tra pensiero (scrittura ?) e suono ascoltato prima ancora che nella distanza fisica.
“Congedo fa della realtà fisica uno spettacolo materialista e, insieme, metafisico.” La distanza tra uomo e strumento non è qui dunque solo fisica (i metri che separano la consolle dagli oggetti sonori che potrebbero essere chilometri o anni suono) e non so quanto sia metafisica o, piuttosto, dissociata: ma anche la dissociazione e l'asincronismo sono parte integrante del nuovo linguaggio artistici.
2.3 - Everything Was Forever, Until It Was No More.Due grandi campane vere e funzionanti e due muri di altoparlanti che sembrano pronti per un set di dancefloor. Circa ad ogni ora una sessioni di performance e di ascolto che dura circa 20 minuti: gli avvisi da una parte puntualizzano che il livello sonoro è stato abbassato rispetto all'intenzione dell'artista ma in rispetto delle norme cittadine, dall'altra prima della sessione si viene avvisati che il livello sonoro sarà molto alto quindi si resta a proprio rischio e pericolo (e distribuire tappi per le orecchie come ormai, paradossalmente, succede a molti concerti con elettronica?). Le campane motorizzate oscillano, piano piano l'oscillazione aumenta ed iniziano a suonare; i microfoni registrano ed il suono viene inviato con ampio ritardo agli altoparlanti che lo restituiscono filtrato, diverso, infedele, non proprio low-fi ma certo cupo, impoverito, certo ben lontano dal ricco suono originario. L'esperienza vale la pena di essere vissuta; il catalogo racconta della ”possibilità di accedere a un mondo in cui la storia si è fermata, avvicinandosi alle proposte radicali della fisica contemporanea che considera il passare del tempo un'illusione.” Parafrasando un proverbio (attribuito) cinese: se ciò che hai da scrivere non è meglio del nulla allora meglio non scrivere nulla. Anche qui la forza dell'esperienza sonora vince sulla sua forzata spiegazione concettuale.
Nel consueto cameo sonoro che si può ascoltare cliccando la foto di copertina della consolle di Cordiox si ascolta una breve registrazione fatta a San Lorenzo martedì 8 ottobre alle ore 9,50: anche i click, che a me paiono quelli di una macchina fotografica, sono un bel paradigma della multisensorialità che, talvolta, non è ben accordata. Il visivo che si impone sull'acustico, talvolta invadendolo e inquinandolo.
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