di ALESSANDRO DE SANCTIS
Qualche mattina fa stavo oziando sul nuovo ponte della Scienza, sotto al
gazometro, imponente figura dello skyline romano (ora in un ipotetica gara
vince ormail il “grattacielo” di Purini,
si vede da ogniddove), nell’area ex industriale dell’Ostiense, e ho fatto un
tuffo nell’inizio dell’era industriale.
In questa zona si produceva energia tramite la prima centrale elettrica
romana, la Montemartini (1912), con produzione a carbone, che arrivava tramite
fiume e veniva caricato tramite gru nella tramoggia, ora dichiarata pericolante
(a seguito dell’apertura del ponte pedonale), due bellissime gru o carro-ponte
a traliccio di ferro, che ancora svettano scure in prospettiva con il gazometro
(esattamente sulla Riva Ostiense) servivano i vecchi magazzini “all’inglese” (a
piani sovrapposti, nell’edificio dove ora c’è il Centro Sperimentale dei Vigili
del Fuoco), una novità per la Roma dell’epoca. Si possono vedere dei bellissimi
(a volte un po’ retorici) filmati dell’Istituto Luce che ritraggono l’area al
lavoro, brulicante di operai, marittimi, facchini, dando il senso vero di
questi spazi ora semi-abbandonati, incredibile!
Un signore abbastanza anziano, ma arzillo, mi passa piano piano davanti e
alla buona vecchia maniera, vedendo anche che non sono molto pressato dai
tempi, è sabato, mi saluta e cominciamo a parlare del ponte, della sua utilità ,
dei problemi dell’area, della Città della Scienza mai iniziata, a cui l’omonimo
Ponte doveva fare da utile compendio.
L’argomento primo che porta avanti Mister X, vagamente rassomigliante a
un alpino degli anni ’20 (ha 86 anni), è che le giovani generazioni vivono
nella ‘bambagia’, mentre loro avevano la corrente elettrica razionata (chi ce
l’aveva), anzi razionatissima, le case avevano una lampadina sola, e si usava a
fasce orarie, i frigoriferi, quando c’erano, erano piccoli, sennò si usava la
ghiacciaia, un contenitore in cui s’inseriva una grande barra di ghiaccio che
veniva portata ogni due giorni, oppure si conservava all’antica maniera, con il
sale, o affumicando i prodotti, pesce, formaggio, carne.
Nell’area Ostiense c’era solo il Ponte dell’Industria,si dovevano fare
dei giri immensi per andare da una parte all’altra del biondo (Tevere). Il
sabato e la domenica si andava al mare (Ostia) con il trenino dalla stazione
Roma-Ostia Lido, ancora presente davanti la Piramide, la Via del Mare era
agl’inizi, oppure si andava a Termini (la vecchia stazione) per prendere il
trenino per i castelli.
X si ricorda ancora negli anni ’60 l’arrivo delle chiatte cariche di
carbone, tutto era movimento, ora è solo immobilità . Viale Marconi non
esisteva, c’erano solo le piccole case (a via Blaserna), a forma di casali,
degli operai della centrale poco distante. I palazzoni sono poi venuti su in un
lampo (anni ’60), senza lasciare spazio a ripensamenti, contestazioni,
modifiche, rendendo l’area una di quelle che potremmo definire ad alto tasso
speculativo.
Rimangono alcuni margini di libertà ; l’area dei gazometri e delle
centrali Enel, dov’era stata pensata la Città della Scienza, e dall’altra parte
del Tevere, l’area dell’ex Miralanza, con le sue costruzioni a doppia falda,
con i mattoncini marroni, occupate in parte dal Teatro India potrebbero
diventare un bellissimo parco tematico per un quartiere soffocante e soffocato.
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