di Natty Patanè
Alla
fine della strada, incastrato tra due villette, uno spicchio di cielo abbandonava
rapidamente l’arancio per darsi un tono di seriosità degradante verso il viola.
Era uno di quei momenti in cui tutto sembra richiamarti ai bilanci e invece
Carla avrebbe voluto spalancare le braccia e cominciare a ruotare come si
vedeva in certi video musicali degli anni ’80. Magari con un sottofondo in
crescendo dal tipico ritmo coinvolgente, insomma una ballata tutta corde e
percussioni e fiati sul finire. Invece decise di farlo.
-
Adesso devo proprio –
Si
ripetè sottovoce mentre si avviava verso il centro, il passo era deciso mentre
stringeva i pugni nelle tasche del cappotto rosso che non aveva mai voluto
indossare
-
Troppo appariscente –
Diceva
sempre alla sorella che la rimproverava
-
E già perché invece tu vorresti essere
trasparente! –
E
normalmente se ne andava oscillando il capo come faceva fin da bambina quando
litigavano per qualche gioco.
Così
mentre il cielo perdeva i suoi ultimi colori caldi, effluvi marini scivolavano
per le strade del centro. Una fila di tre quattro bambinetti correvano sul
marciapiedi facendo lo slalom tra pali e sedie dei bar, uno la urtò senza
girarsi, a Carla apparvero buffi
-
Come folletti che percorrono correndo
sentieri muschiosi –
Risuonò
nella sua mente un pezzo di una filastrocca, poi guardò l’orologio e si accorse
di essere in anticipo.
-
Ristretto per favore –
Poggiò
la sua borsa nella sedia accanto alla sua e cominciò a scrutare i passanti nel
tentativo di riconoscere per tempo chi l’avrebbe aspettata di fronte alla
vetrina della libreria.
-
Ecco sarà lui –
Si
disse sorridendo alla vista di un anziano signore, distinto con al guinzaglio un
cane dall’albero genealogico quanto meno discutibile
-
No, non può essere, troppo ferrato nella
musica dei mie tempi, ecco potrebbe essere quello con la felpa con cappuccio
nera, troppo giovane? –
Sorrise
al cameriere serissimo che le porgeva il caffè dal vassoio rosso un po’
graffiato e gli consegnò i soldi
-
Sono sicura! È lui –
Quasi
indicò un uomo alto, un po’ stempiato, dalla giacca di velluto verde scura.
- Grazie, buona sera –
Si
avvicinava l’ora dell’appuntamento, Carla diede uno sguardo verso il porto dove
un affare galleggiante a cui lei non
sapeva dare neanche il nome sfoggiava vele e cromature, strinse la cintura alla
vita, alzò un po’ il bavero e si avviò verso casa.
-
Adesso devo proprio –
Si
sentì leggera e non guardò più i passanti. Lasciando lo sconosciuto al suo
appuntamento mancato
-
Non sono più una ragazzina –
Ripassò
uno ad uno i nomi degli amici che in quegli anni aveva perso e tirò una boccata
dalla sigaretta appena accesa, scuotendo indietro la massa dei suoi capelli che
un tempo Simone carezzava
-
Secondo me quelli di Adele sono meno
lucenti –
Pensò
con un cenno di soddisfazione mentre da un jeans a vita bassa che deambulava a
pochi passi da lei faceva capolino una scritta incomprensibile ma tatuata in
elegantissimi caratteri blu.
-
Adesso devo proprio -
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