Giuseppe Gavazza
Ho
conosciuto la fiaba “Zizola,
bene come il sale”
grazie alla bellissima
versione musicale per infanzia
fatta da SergioLiberovici nei
tardi anni '80. In
quel decennio ho avuto la fortuna di lavorare con questo straordinario artista e
musicista torinese prima che morisse, ancora giovane, tradito da
un cuore troppo fragile.
In
quel triste 16 novembre 1991 con
l'amico musicista Giulio Castagnoli - anche lui coinvolto in quella
grande avventura umana,
artistica
e musicale - avevamo deciso di pubblicare sulla pagina de La Stampa,
in memoria dell'amico ebreo, questa quartina di Omar
Khayyām,
poeta,
matematico e mistico persiano
del XII
secolo, una delle sue splendide Rubʿayyāt
(quartine:
in
arabo رباعیات):
O
cuore, fa’ conto d’avere tutte le cose del mondo,
Fa’
conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
E
tu su quell’erba fa’ conto d’esser rugiada
Gocciata
colà nella notte, e al sorger dell’alba svanita.
Prendo
lo spunto da qui anche perché l'avventura di Sergio Liberovici,
probabilmente il più interessante musicista torinese del dopoguerra,
é sintomatica di un'altra avventura che volge alla tristezza che é
quella delle sorti della musica e dell'arte a Torino, in Italia e,
per quanto ne so, nel mondo.
Liberovici
a Torino, dove ha sempre vissuto, ha dato molto ricevendo qualcosa
finché in vita: poi é scomparso nel dimenticatoio e i tentativi che
da 25 anni facciamo, cocciutamente
e controcorrente,
perché ciò non accada, sono destinati nel migliore dei casi a
vedere qualche successo altrove: in altre città italiane o in altre
nazione europee.
Mi
riferisco alla collocazione della sua eredità artistica “concreta”
- nella forma del gigantesco archivio delle sue opere conservato ora
presso il CREL a Maison Musique di Rivoli, ormai chiuso al pubblico e
di futuro molto incerto – e dei suoi lavori ineseguiti a partire
dall'opera lirica “Maelzel, o delle macchinazioni” su
libretto di Emilio Jona, commissionata
da Teatro Regio di Torino 30 anni, edita
da Ricordi, definita
un capolavoro da personalità eccellenti della musica, completata
nell'orchestrazione da Castagnoli e da me in
collaborazione con
Luciano Berio che
forse vedrà la scena tra un paio d'anni in un teatro straniero (non
aggiungo nulla per scaramanzia).
Detto
questo prendo
molto libero spunto dalla fiaba "Zizola,
Bene come il sale",
riportata da Calvino nel suo Fiabe Italiane (che
si può leggere in varie versioni cercando in
internet)
per scrivere una storiella morale dal finale poco poetico:
«
In un bel paese in un tempo non meglio definito i bambini di una
famiglia come tante altre si lamentano perché giorno dopo giorno,
sempre di più il cibo é insipido. Chiedono perché ai genitori e i
genitori rispondono loro che c’é la crisi, i soldi che entrano
sono sempre meno ed é necessario ridurre i costi su tutto,
purtroppo: ci
si deve accontentare abituandosi
alla rinuncia sperando
che i tempi migliorino. I bambini annuiscono e non ribattono perché
non sanno che il consumo medio annuo pro capite di sale nel bel paese
- come in ogni altro paese europeo - é di 3 kg, corrispondenti al
valore di circa 1 €.»
L’Italia
é all’ultimo posto in Europa nelle spese per l'arte
e la cultura:
1,1 %.
Pensare
di sanare i conti nazionali tagliando su un bilancio dell’1,1% é
pura menzogna: se non siamo bambini dovremmo rifiutarlo.
Personalmente
mi convinco sempre più che dietro alla metodica distruzione della
educazione e della pratica all'arte e alla cultura fatta con
tagli devastanti che apportano benefici economici irrilevanti, ci sia
una volontà politica precisa;
l'arte e la cultura, non subite come
prodotto imposto dai sistemi commerciali dello star system e delle
mayor dei vari settori, ma vissute come pratica sociale, comunicativa
e collettiva (come é sempre stato ovunque nel mondo) sono
probabilmente
il modo migliore per educare alla libertà del pensiero.
E
a molti una collettività di pensatori liberi non fa comodo.
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