LA PAROLA CONTRO LA CAMORRA? (parte II)

Nico Parente

Ma concedetemi per un attimo di analizzare in sintesi Gomorra. Il saggio è anzitutto  privo di documentazione e prove che confermino quanto raccontato dall’autore. Non  a caso il libro è scritto in prima persona, dal punto di vista di chi scrive. A tal punto, al lettore non rimane che riporre l’intera fiducia nella penna di Saviano. Quanto riportato all’interno e disseminato, secondo le esigenze dell’autore, lungo gli undici capitoli è una ricostruzione cronologica della faida di camorra che si combatte tra Scampia e Secondigliano. Non mancano esempi e fatti aventi come location l’entroterra e la provincia anche. Ma torniamo ai fatti di sangue napoletani. E’necessario premettere che l’autore non riporta nulla che non sia stato raccontato da altri. Anzi, molto spesso scredita giornalisti presenti sul luogo dei fatti. Se poi Saviano sia stato presente o meno, il lettore non può saperlo. E’ la sua parola la sola testimonianza a suo favore. Saviano ci presenta quindi una ricostruzione cronologica dei fatti di sangue più efferati, senza comunque possederne l’esclusiva. Nel libro non mancano poi anche esempi a dir poco surreali: come i corpi dei cinesi morti che cadono a decine sul porto di Napoli. Saviano fa uso di personaggi quali Pasquale o Xyan per poter raccontare l’impresa del malaffare che fa dell’abbigliamento uno dei suoi mercati principali. Ma ricorre ad essi anche per digressioni futili e poco incisive. La reale esistenza di questi personaggi non è ovviamente provata e alcuni passaggi del romanzo, come quello che vede Pasquale salvarlo dall’aggressione dei cosiddetti ‘Visitors’ (tossici) o il cellulare della povera ragazza morta per mano della camorra squillare nella bara, ci inducono seriamente a pensare che il ricorso alla fantasia per larga parte del racconto non sia certo un fattore marginale. Saviano ricollega fatti di cronaca, anche tra loro distanti, cercando di fornire al lettore un’interpretazione lungimirante e originale, distante dall’approccio giornalistico, il racconto di ‘uno che sa e ha le prove’, proprio così come afferma lo stesso Saviano nel suo racconto. Peccato soltanto che di prove esclusive non ce ne fornisca neppure una! ‘Io so e ho le prove’, Saviano con queste parole tenta di ricollegare il suo Io, poi riversato nel romanzo, a quello di Pier Paolo Pasolini. Non a caso il regista ucciso viene poi menzionato all’interno di Gomorra come esempio per l’autore: il passaggio che lo vede, in preda alla disperazione per la guerra di camorra, salire su un autobus e andare a pregare sulla tomba di Pasolini rasenta l’autoesaltazione. Nella mente dei più ritornerà l’immagine di Pasolini che prega sulla tomba di Gramsci. Ma le continue digressioni intellettuali e il divagare dell’autore costituiscono un buon 60% dell’elaborato in questione. Premesso quanto sopra, siamo davvero ancora certi che l’opera prima di Saviano, certamente eccellente sotto alcuni punti di vista sopra oltretutto evidenziati, abbia davvero danneggiato la malavita campana? Quanto poi del libro e di reale sia contenuto nella serie tv o nel film è argomento che tratteremo di qui a breve. Vi invito intanto a una rilettura o lettura del best-seller Gomorra e, perché no, anche dell’ormai ‘tuttologo’ Saviano. 

1 Commenti

  1. non ho letto il romanzo ma ho visto il film e seguito il tam tam mediatico che ha costruito un "eroe" che non mi ha mai convinto. Ho letto anche articoli di Saviano e non ho mai trovato nulla che non fosse già stato raccontato da altri: su libri, articoli (Francesco La Licata ad esempio é ben più incisivo e verosimile) o dagli sceneggiati tipo La Piovra (per la finzione romanzesca che sia mafia o camorra poco importa). Poi sempre difficile andare contro corrente e mettere in dubbio i personaggi da prima pagina. Ma non é proprio questo il conformismo?

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