Non
so come reagirebbero nel mondo delle arti visive e in quello
letterario se si parlasse di scultura, pittura
o letteratura classica contemporanea. Credo
che anche una filosofia classica contemporanea susciterebbe
perplessità.
La
definizione musica classica contemporanea é invece consueta anche se
compresa da pochi perché riguarda un settore della musica veramente
minuscolo in termini di fruitori, ascoltatori o produttori
(compositori ed interpreti).
Settore
minuscolo che ha avuto, e ancora talvolta ha, la pretesa di essere il
solo degno di continuare la storia della musica per poi entrarci a
diritto: “vedremo (ascolteremo) tra un secolo chi sarà
scomparso e dimenticato e chi invece entrerà nella storia”.
Ma
tra un secolo noi non saremo qui a vedere ed ad ascoltare (io
quantomeno spero proprio di no). Una pretesa in parte giustificata,
ma difficile da motivare anche perché autocertificante, che si regge
sulle alleanze di storici, musicologi e musicisti. Quanti grandi
musicisti sono stati dimenticati e poi recuperati e chissà quanti
restano e resteranno dimenticati, per caso o per (s)fortuna.
Sul
tema consiglio la lettura del bellissimo romanzo: Le voci del
mondo di Robert Schneider.
È
vero che la situazione é complessa: il rapporto tra storia sociale
della musica, sociologia della musica, musicologia, storia,
storiografia, estetica e filosofia della musica a partire
dall'analisi (quali analisi?), dalla ricezione (quale ricezione?) o
dalla popolarità (cos'é la popolarità?) é un universo di
contrasti, contraddizioni, lotte, ostilità, alleanze, dogmi,
evoluzioni e rivoluzione, flussi e riflussi, vittorie e sconfitte in
battaglie e guerre: insomma un gran bel mondo vivace e interessante.
Cosa
sia la musica classica lo possiamo definire con una certa
precisione: é quanto ci é giunto di una tradizione musicale che ci
appartiene, quindi europea ed occidentale, che copre circa cinque
secoli segnati dalla scrittura musicale a stampa il cui repertorio ne
costituisce la storia.
A
voler essere rigorosi la musica, all'ascolto, non può che essere
contemporanea: appena risuonata cessa di essere. La scrittura fissa
questo attimo anticipandolo in qualcosa di materialmente concreto: la
carta scritta leggibile che costituisce il repertorio della storia
della musica.
Poi,
un secolo fa, la registrazione audio ha cambiato tutto e ora il
repertorio musicale é principalmente, anziché un repertorio
scritto su carta, una memoria sonora prêt
à écouter, che all'ascoltatore
medio nasconde l'eventuale fonte scritta; a chi ascolta poco importa
di una scrittura che sempre meno si sa leggere (che é anche sempre
meno necessaria alla produzione) e che rischia di perdersi.
La
continuità classica, o storica é garantita da musicisti che,
riflettendo sul significato della musica, hanno adeguato forme e
linguaggi alle nuove scritture: le tecnologie che integrano o
sostituiscono la scrittura su carta.
La
caratteristica forse paradossale della musica, tra classico e
contemporaneo, é che la tradizione classica é un grande archivio
storico che copre circa 5 secoli di storia dei quali i due secoli
centrali, 18° e 19°, coprono la grandissima parte del repertorio.
Il repertorio precedente e quello successivo, che include la
produzione contemporanea, l'unica viva, attiva e capace di
rinnovarsi, sono poco presenti.
La
storia della musica classica, nell'era della riproducibilità tecnica
della registrazione audio, é diventata essenzialmente archivio di
diverse interpretazioni di un repertorio ristretto e molto statico.
La
coazione al riascolto, il potenziale incantatorio della musica, il
commercio editoriale e discografico che ha più interesse ad
investire su interpreti vivi che eseguono compositori morti che su
compositori vivi, la pigrizia degli interpreti ad affrontare
repertori non conosciuti, inconsueti, spesso complessi e non sempre
di alto livello (la storia certo filtra e del passato possiamo
selezionare il meglio, oltre che il confortante già ascoltato):
queste alcune delle cause della situazione.
Pigrizia,
conformismo, criteri commerciali e miopia hanno sclerotizzato il
repertorio della musica classica facendo degli interpreti, e non
degli autori (caso unico, questo della musica) i grandi protagonisti.
La musica classica é giunta su una faglia di crisi: il pubblico
stenta a rinnovarsi, l'età media sale, il repertorio ingiallisce,
gli interpreti si assomigliano sempre più, la riproduzione tecnica
perfetta a costo zero é disponibile, gli esecutori tecnicamente
ineccepibili sono sempre di più, i veri interpreti sono sempre di
meno.
La
sedicente musica classica dovendo scegliere tra cultura e commercio
ha, da molti anni e in larga maggioranza, scelto il commercio.
Ma
qui, dovendo competere con professionisti (della musica di consumo,
leggera, popular, o ….. insomma non classica) più dinamici e
creativi oltre che più liberi di muoversi tra i repertori per
soddisfare (e creare) i gusti del pubblico e avendo abbandonato una
autentica capacità di innovare in una coerente profonda continuità
culturale con la storia, la musica classica, come i panda, chiede di
essere protetta perché rischia l'estinzione.
A
giudicare dalle resistenze ad un cambiamento vero e dai penosi
tentativi di rinnovare il repertorio senza rischiare di toccare i
gusti del grande pubblico (che in fondo poco si discostano da quelli
della maggioranza degli interpreti) mi viene da pensare che forse é
giusto che succeda.
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