Gordiano Lupi
Marcello Baraghini è
l’ultimo grande editore italiano, nel senso che è uno che ci crede e che
l’editore continua a farlo, pure in questo mondo marcio che tenta a ogni costo
di convincerci che letteratura significa leggere Moccia, Volo, Camilleri, nani,
ballerine, calciatori tatuati e deficienti patentati da un sistema che celebra
il niente. Marcello Baraghini è uno che i suoi scrittori se li va a cercare, che
inventa collane nuove, tipo dare voce agli analfabeti, alle tradizioni
maremmane, che si fa venire delle idee come aprire una libreria a Pitigliano
dove vende soltanto Stampa Alternativa. Fuori dal coro, con orgoglio. Non ha
senso lottare contro l’industria del libro, contro editori sfornafenomeni a corto di idee. Non ha senso accettare il loro
gioco. Ha un senso scrivere, invece, e continuare a pubblicare e a denunciare
quel che non va come dovrebbe, come fa Alessandro Angeli, scrittore di talento,
poco noto ai frequentatori dei supermercati del libro che una volta leggevano
Baricco e ora si danno un tono sfogliando Ammaniti (una enne o due, il dubbio
mi tormenta ancora). Io non sono la Coop
– infelice epilogo di uno stagionale nel
tritacarne della grande distribuzione è il diario di vita vissuta che
un giovane scrittore alle prese con i meccanismi di un lavoro alienante redige
punto per punto, senza fare sconti a nessuno. Il marxismo è morto, certo, ha
fallito in tutto e per tutto, ma certe cose contro cui Marx lottava sono ancora
vive e purtroppo hanno vinto loro: l’alienazione, per esempio, un lavoro
spersonalizzante che ti ruba l’anima. Il protagonista vorrebbe fare lo
scrittore, nonostante tutto resta uno scrittore, ma è costretto a passare abbrutenti
giornate alle prese con codici a barre da far scorre sopra un lettore ottico,
oppure a disporre casse di ortaggi nel reparto ortofrutta. Angeli traccia un
quadro sconfortante di quel che siamo diventati, consumatori e niente più,
uomini e donne a caccia del prodotto reclamizzato, in fila con sempre meno
tempo e pervasi da dosi massicce di stress. La storia, scritta con buon ritmo,
incalzante al punto giusto, alterna momenti di lavoro al supermercato, istanti
passati in famiglia, giornate da libraio ambulante nei mercatini di paese, un
imminente matrimonio e la voglia liberatoria di scrivere, in fondo la sola cosa
che conta, secondo l’autore. Un libro intriso di sangue, del sangue versato
dalle ferite della vita, contro la narrativa senza sangue che impera nel nostro mondo letterario contemporaneo,
contro i gialli del cazzo - tanto poi
ci fanno un film o una serie televisiva - e i romanzi a base di serial killer,
contro le storie sentimentali che non ti lasciano niente, solo un senso di
sconforto. Termino la lettura di questo libro e sento che dentro mi è rimasto
qualcosa che si cancellerà difficilmente, come dopo aver letto un romanzo di
Bianciardi, Cassola, Pavese. Ecco come si riconosce la letteratura, mi dico. Il
problema è che editori criminali ci stanno togliendo il gusto di leggere, dando
in pasto al pubblico dei non lettori
dei prodotti che sono dei non libri.
E noi che amiamo leggere dobbiamo rassegnarci a cercare nei cataloghi dei
piccoli editori che ancora hanno il coraggio di narrare le ferite che dispensa
la vita. Grande Marcello Barghini. Spero solo di aver imparato qualcosa da un
simile Maestro. E bravo Angeli che deve continuare a scrivere. Deve farlo per
noi.
Alessandro Angeli
Io non sono la CoopLe Stradebianche di Stampalternativa
Almeno 5 euro – pag. 86
Io non sono la CoopLe Stradebianche di Stampalternativa
Almeno 5 euro – pag. 86
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