Grande ritorno di Rosa Mauro
Astronomia e disabilità adulta
C'è un fenomeno fisico estremo che si aggira in Italia, che fa
svanire di un colpo parecchie persone senza apparente motivo.
Nessuno è mai riuscito a dargli un nome ben preciso, però sembra
ubiquitario in tutte le regioni italiane, e sospetto non solo italiane e i suoi
danni sono notevoli, perché le persone scomparse non riescono a ricomparire
nello schema sociale.
Si tratta dei disabili adulti, ed erroneamente si pensa sia uno
schema che riguarda solo gli autistici adulti, sui quali vigeva anche, qualche
tempo fa, la maledizione del nome, che scattava dopo i diciotto anni e
consisteva nel negargli il nome di persone con autismo.
Ma non é così, il fenomeno non riguarda solo gli adulti, ma
proprio la disabilità adulta in generale, sia quella congenita e acquisita.
Che la diagnosi sia autismo, o epilessia, che sia disabilità
visiva o motoria, l'adulto NON è proprio preso in considerazione dal mondo di
convegni, progetti e piani di sistemazione nel mondo sociale.
A malapena, e solo per impegno suo, può essere preso in
considerazione per un lavoro, ma intendiamoci, basta non guardare troppo per il
sottile: se sei cieco, sei centralinista, ohibò, mica vorrai fare davvero un
lavoro che desideri tu?
Ma per il resto: supporto psicologico, progetti di svago, sport,
con buona pace degli spot paralimpici, il disabile adulto non esiste proprio.
A malapena si arriva a considerare la sessualità
dell'adolescente, ma per carità, credete davvero che il disabile adulto possa
permettersi di coniugarsi, avere una relazione stabile, o instabile?
Voglio dire, chi insegna ad un disabile acquisito il modo giusto
di relazionarsi con il partner? Ma nessuno, il disabile adulto ha il sesso degli
angeli, si capisce!
IMprovvisamente, a diciotto anni e naturalmente oltre, si entra
in una lunga fase di oblio, ormai persi ad ogni recupero sociale, ormai senza
voce per tutti, a meno di non volere andare a "piangere" in qualche
salotto.
Convegni e nuove terapie, studi e loro applicazioni, non solo
non appartengono al mondo delle persone con autismo: non appartengono a nessun
disabile o pluridisabile adulto.
L'altro giorno leggevo incuriosita di un convegno della lega del
filo d'oro sulla disabilità plurima, credete che da qualche parte, avessero
preso minimamente in considerazione i casi come il mio, cioè la disabilità
plurima di un adulto? Ma nemmeno per sogno: il lutto per la diagnosi, la
riabilitazione, le competenze... tutto destinato ai bambini, massimo agli
adolescenti.
E gli adulti? Ah, ma perché esistiamo anche noi?
Vero e proprio ectoplasma, ho provato invano a trovare qualcosa
di serio sul problema di una pluridisabile sposata, con una sua famiglia, non
trovando nulla.
Siamo tutti figli e bambini a vita, miei cari, oppure,
semplicemente, non siamo.
Non c'è un altro modo per spiegarlo: esiste una singolarità nuda
che separa i disabili adulti dalla società di cui fanno parte, impedendo
empatia, comprensione, inclusione sociale.
Per mio figlio, pluridisabile adulto ipovedente con autismo, non
esiste nessuno spot, seppure sbagliato, con bolle e simpatici omini.
Non esistono terapie riabilitative e di sicuro non viene
considerato importante che socializzi, é salito sul treno della maggiore età e
in questo ci siamo ritrovati praticamente nello stesso scompartimento.
Anche per me non esiste quasi nulla. Ho provato per tre mesi a
trovare un posto dove mi facessero praticare un minimo di sport, ma non
avendolo praticato in precedenza, dove lo trovo un istruttore? Da nessuna
parte, e mi sono rivolta al comitato paralimpico, mica pizza e fichi.
Sorvolo per il momento su una questione ancora aperta di un
lavoro, frutto di un concorso vinto, non dico con chi non dico dove, perché
sono attualmente in attesa di sapere se graziosamente, visto che non posso
recarmici autonomamente, mi concederanno il telelavoro.
Ma questo é nulla rispetto a quanto dovrà affrontare mio figlio,
o almeno cosa dovrà NON affrontare, quando la scuola sarà finita.
E in tutto questo ogni giornata dell'autismo finisce con le
solite promesse di diagnosi precoce per i bimbi di tre anni, con i progetti per
quelli fino a dodici. Con le poche, pionieristiche realtà per gli adolescenti.
Capisco, miei cari signori, che forse i nostri figli, e noi
visto che sono della categoria, siamo più carini da cuccioli. Ma visto che
viviamo più di diciotto anni, che ne direste di cominciare a guardarci negli
occhi, da pari a pari, senza echi di compassione inutile o trionfalismo per
quei quattro o cinque che riescono, vostro malgrado devo dire, a fare qualcosa
di eccezionale?
Coraggio, qualcuno sfidi questa singolarità nuda.
Qualcuno finalmente apra un convegno con il titolo:
"Persone con autismo in età adulta: possibilità e
realizzazione individuale". Io la butto lì, eh.
Perchè anche se lo desiderate con tutte le vostre forze, noi
mica spariamo all'alba come i vampiri.
E prima o poi, anche se ci rinchiuderete in un ospizio senza
altra speranza che non quella di invecchiare, il nostro silenzio sarà talmente
vasto da diventare eloquente e qualcuno, finalmente, scoprirà che il nazismo
non è morto. Si era solo nascosto molto bene dietro le parole dell'ennesimo
convegno sul bambino con autismo, che non diventerà mai adulto.
Mentre scrivo queste parole sono cosciente che l'unica soluzione
per non far si che il nostro treno porti ad una destinazione dove un
fantomatico lavoro che non c'è ci renderà liberi, é che proprio tutti voi,
cittadini comuni e non solo disabili, veniate a fare deragliare quel binario.
Perchè quei professoroni, dottori, esperti, non lo faranno mai.
Ma io voglio crederci, che si possa fare comunque questa
rivoluzione, magari un creativo finalmente mette una mamma sulla sedia a
rotelle invece di farla saltabeccare da un prato ad una bicicletta, eternamente
giovane anche a novant'anni.
E così la smetto di guardarmi allo specchio e di credere che non
sono vera perché non é mai esistita una mamma in carrozzina nelle pubblicità
non solo della nutella, ma manco della pasta Barilla, e dire che io gli spaghetti
li so cuocere.
Così mio figlio smette di pensare che forse é solo un sogno
perché nessuno studio sui giovani prende in considerazione i ragazzi come lui.
E vi prego, non venitevene fuori con le paralimpiadi e così via,
il mondo quotidiano, sappiatelo, è pieno di gente con la sedia a rotelle che
non guida un handbike, di ragazzi che non corrono alla velocità della luce, e
quindi non vincono medaglie, ma vogliono, semplicemente, essere visti, al di là
di quella singolarità nuda, esistere nel vostro mondo normale.
Allora lo allarghiamo o no sto cerchio?
Rosa Mauro
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