Doppietta di Rosa Mauro oggi
Io, artista figlia di due mondi, ho un sogno
Salve. Mi
sono svegliata qualche giorno fa con la notizia "rivoluzionaria"
del nobel a Dylan. E più ci riflettevo, meno me ne sentivo contenta. Questo
mi ha causato verosimilmente una crisi non da poco. Vedete, io scrivo in
Internet, sono quella che si chiama una "giornalista da strada",
che comunica, almeno spero, direttamente con il suo lettore. Avrebbe dovuto
rendermi contenta il nobel a Dylan, invece ero stranamente dispiaciuta di
esso, e ovviamente, eccovene i motivi. Ma prima una premessa: io amo Bob Dylan,
non so quante volte il verso How many road can a man é risuonato nella mia
testa, come mantra nei momenti duri. E premesso questo, la mia scontentezza
derivava, guarda caso, dall'assoluta assenza, nel nobel di quest'anno, di
riferimenti alla letteratura "pura" alla scrittura tout court, alla
nostra fatica quotidiana che non ha musiche accattivanti né folle oceaniche
ad accoglierla. Questa scrittura, che mi porta a scrivere romanzi che solo a
volte riesco a pubblicare, solitaria, che ricostruisce un intero mondo da una
cellula staminale del suo autore, non é dunque letteratura? Non é dunque
rivoluzione quella, in quanto creazione di un mondo unico che non può, nei
suoi grandi interpreti come Murakami Haruki, essere replicato? Bob Dylan é un
grande interprete della libertà ma lo era anche Pirandello, Montale e coloro
che, con il solo aiuto di parole, costruiscono un DNA spirituale unico nei
loro laboratori che non hanno poi tutti questi fan fuori. E poi mi sono
detta: ma da dove nasce la leggenda del poeta maledetto, diverso dai suoi
fratelli "algidi"? Da un equivoco, sostanzialmente: i grandi
interpreti della musica e della poesia on the road lavorano sodo allo stesso
modo degli altri, spesso con le stesse modalità, anche se sapientemente rese
invisibili. E parliamo di letteratura e canzoni, ma potremmo parlare di arte
e musica, di cinema, di tante altre arti umanistiche che gomito a gomito
trovano centinaia di modi espressivi, alcuni percepiti vicini altri meno. A
questo punto, io come figlia di due mondi, quello immediato di Internet e
quello mediato della scrittura narrativa, ho un sogno: creare un nobel per le
arti umanistiche, dove vedere salire agli onori Bob Dylan e Murakami Haruki,
Altan e l'epigono di Picasso. Le scienze umane non hanno una sola anima, ma
per l'accademia dei Nobel si: e volta a volta possono sceglierne una o
un'altra, amputando l'artista stesso. E' questa la ragione della mia emozione
negativa: non riconoscere all'arte ed agli artisti una libertà che li può
portare di volta in volta a scrivere libri, comporre canzoni, disegnare una
vignetta o un quadro. Tutto in nome di quella rivoluzione interiore, ma che é
guida per una autentica rivoluzione anche esteriore, trasmessa agli altri,
che caratterizza ogni artista, che si chiami Bob Dylan o Baricco, De André o
De Carlo. La libertà non può essere inscatolata, e nemmeno noi, non dobbiamo
essere costretti a scegliere da che parte stare, perché é proprio nella non
scelta che trasmettiamo la nostra anima, che studia e che accoglie, che desidera
amare ed essere amata, che cerca la solitudine ma anche le folle oceaniche.
La letteratura ma non solo lei, é cresciuta in queste contraddizioni da
quando é nata, ha avuto Omero, che sia un uomo o un gruppo di uomini poco ce
ne cale, che ha narrato le grandi guerre e il poeta che in guerra c'è andato
per incitare alla battaglia, ha avuto Petrarca che "solo et pensoso i
più deserti campi vo mesurando a passi tardi e lenti" e Boccaccio che
strizzava l'occhio alle storie popolari. Negarne una, é uccidere la
letteratura, la creatività, l'essenza stessa del fare arte. Invece di
combattere Bob Dylan o la sua scelta, lottiamo perché tutte le anime delle
varie arti vengano riconosciute e le eccellenze di esse possano avere insieme
un riconoscimento tanto importante. Io, blogger e scrittrice, giornalista di
strada e romanziera, ho un sogno: sogno che venga finalmente riconosciuta la
vasta ricchezza del mondo artistico, che la rosa e il giglio di campo
crescano insieme nel "giardino" delle accademie e che si smetta di
mettere un cancello tra il giardino "selvatico e quello di corte, tra
poeta e poeta. Viviamo in un mondo comune e tale deve rimanere: se lottiamo
insieme contro i polverosi cancelli di nobel e premi, ce la faremo a
abbattere le barriere. Viva Bob Dylan e Murakami Haruki!
Rosa Mauro
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