di Vincenzo Jacovino
La condivisione del tortuoso e intrigante percorso dell'eccitazione
poetica aveva dato origine, nel tempo, ad una robusta comunità ove l'intrigante
follia per le varie muse delle arti orientava e condizionava sogni, aspettative
e, spesso, il personale status di realtà. Ora, invece,
se
chiudo gli occhi
vedo
il colore del mondo
certamente ma, spesso, vedo anche
i
volti degli amici
dei
compagni
incontrati
e lasciati
nel
corso della vita ( E. Treccani)
e di quella comunità si è persa ormai qualsiasi traccia perché amici e compagni si sono allontanati dal nostro
orizzonte umano e culturale. Quel florilegio di persone, trafficanti con la
poesia e l'arte in genere, continuerà,
senz'altro, a disvelare, attraverso le opere, il transito del“l’emozione” verso il
“sentimento”.
“Le anime dei
morti” rimangono “negli
altri, nei superstiti, e là” (E. Canetti) continuano
ad albergare nel nostro vissuto così come prosegue ad albergare, in noi, il
volto e la presenza discreta del poeta swing: Tommaso Mario Giaracuni. E'
stato il poeta dello swing perché la sua eccitazione poetica aveva come
sound di fondo i colori e le atmosfere della prima giovinezza tant'è che il suo
passaggio, dalla sponda dell'essere a quella del post-essere, è
stato accompagnato dalla voce di
Frank Sinatra che sussurrava “My Way”.
Giaracuni,
il poeta swing, perché sembrava che versaggiasse seguendo il suono del
sassofono tanto da portare, - avevamo scritto in una recensione a un suo volume
di poesia -: allo spasimo l'iridescenza di certi timbri oltre a fasciare
morbidamente il labile impasto armonico. Nei suoi traffici poetici, traffici
intensi e continui, aveva Mario licenziato molti volumi di poesia ma anche di
narrativa, terreno colmo di insidie; e se in poesia il suo melos irregolare ha
non poche affinità con la musica, in narrativa il descrivere con mano leggera e
narrare con grande pudore ma, anche, con intensa
partecipazione il proprio vissuto ha, sovente, innescato l'indispensabile
empatica deflagrazione con il lettore.
Mario, però, non trafficava solo con
la scrittura perché, da oltre un decennio e più, si interessava di pittura
trafficando, con caparbietà, con tele e colori e come tutti i trafficanti, con
la poesia e l'arte in genere, il suo
intento e intimo fine era quello di “dare – e naturalmente, poi,
anche trasmettere – ad ogni emozione una personalità, ad ogni stato d'animo
un'anima”( F. Pessoa).
Questo
nostro ricordo non vuole riportare l'amico Mario in vita perché non si è in
possesso di questa straordinaria magia ma accade, sovente, di inciampare nel
corso della giornata con qualche sua opera o di ritrovare tra gli appunti un
suo, ormai, antico messaggio ed allora si insinua il pensiero che
pochi sono
morti del tutto
perché è
sufficiente che si
soffi sulla
brace di un morto
e s'alzerà
una fiamma viva (R.
Graves)
ovverosia,
si ripresentano i momenti trascorsi insieme chiacchierando del comune
vizietto: la scrittura o dell'incontri che erano in programma, nonché di tutto
quello che ciascuno di noi aveva in pentola e, soprattutto, di ciò che ci
attendevamo dal domani.
Senz'altro, ascoltando
“My Way”, Mario ha percepito i profumi e rivisto i colori dei luoghi della sua
prima giovinezza, quelli ove ha vissuto il
primo e significativo frammento di vita. Certo di aver vissuto una vita piena
s'è lasciato traghettare nella speranza
…........…............................ che morte nasconda
dolci
segreti agli sguardi degli uomini, o che vicino al sonno
senza
respiro i più leggiadri sogni eternamente veglino. ( P.B. Shelley)
:)
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