Edda, Astrid e i magnifici natali - Epistolario in novembre


di Natty Patanè




sottofondo musicale consigliato:
“Too good at goodbyes” - Sam Smith
“Via del campo” - Fabrizio De Andrè



Cara Astrid,
Mo basta! Si si, hai capito bene! Adesso smettiamola, mi hai segnato la vita, oh! Non rinnego niente sai? Però è ora di smetterla. Tirare le somme direbbero quelli avvezzi ai bilanci.
Falegnameria? Non pervenuta. 
Si si mi sono anche dilettato ma le statuette non le so intagliare, mi dispiace!
Vacanze su isole quiete e piene di baite in legno? Zero. 
Di isole ne continuo a praticare solo una, quella grande, infuocata che nulla ha a che vedere con quelle fredde e nordiche che raccontavi tu. 
Certo per un breve periodo ho anche avuto un bellissimo Gutzman con quell'aria triste e distaccata che se mi guardo allo specchio mi pare di vedere. Come dici? Era un cane? Un San Bernardo? Si si lo so! parlo proprio di lui, ti sembra strano che io gli somigli? Boh fai tu! Che poi dovrei andare a ricercare come lo avevi chiamato in realtà nella tua lingua ma so che ti sta bene anche quello che gli avevano dato gli adattatori italiani.
Ebbene si! tutta quell'aria di libertà incombente, anelata, non è che poi la si viva facilmente! Certo ogni tanto la sfiori, o meglio, ti sembra di sfiorarla ma sono attimi, persi tra un appuntamento e l'altro, tra una rata e l'altra, tra un cambio dell'olio e l'altro e poi li perdi, diluendoti nelle appartenenze altrui.
Torniamo a noi che è meglio. Ti dicevo di quanto mi hai accompagnato, si lo so che suona meglio rispetto al “segnato” che ho usato prima, e in fondo te lo devo un minimo di ossequio, ma sai un po' di dissacrazione ogni tanto ci sta, così giusto per sentirsi come quegli artisti che azzeccano un capolavoro da giovani, si godono gli osanna di critica e pubblico e poi, quasi storditi, tornano lentamente nel silenzio, dimenticati, d'altra parte qualsiasi alba ti parla del suo stesso tramonto. Potrei farti nomi ma forse non li conosceresti proprio, passati in un tempo che non era già più il tuo.
E sai, oggi mi venivi in mente, e mi veniva in mente la persona che ho deciso ti dovesse somigliare, probabilmente perchè anche lei nordica, si, certo, mica quanto te! ma sempre qualche migliaio di chilometri più a nord c'era nata!
Edda era minuta e con gli occhi acquosi, si muoveva con garbo e movimenti lenti fendendo l'aria con grazia, quasi a spostarla. Se sedeva, stava con le mani raccolte una nell'altra, posate lievemente, quasi levitanti, sulle ginocchia, protendendosi ad ascoltarti mentre sorseggiavi il the o addentavi un biscotto al burro che aveva elegantemente posato su un piattino di porcellana coperto da un tovagliolo ricamato. Spesso indossava camicette in seta, ne ricordo una con un grande fiocco sul davanti, che acuivano l'aria di signora dell'alta borghesia che sfiora il tavolo veneziano per trovare piccole tracce di polvere ma, in realtà, lei non aveva nulla di tutto questo, era solo baciata dall'eleganza e memore della sua giovinezza nelle campagne friulane. 
Proprio là, da contadina orfana, si era trovata di fronte un piccolo soldato dalla fronte larga e dagli occhi piccoli e svegli malgrado il terrore da disertore braccato. Sai, non aveva avuto esitazioni e insieme alla madre lo avevano nascosto fino alla fine della guerra, per poi seguirlo in una terra così lontana dalla loro. 
Insieme, io e lei, guardavamo fuori dal terrazzo dell'attico la scogliera lavica, il castello d'Aci e una Catania che svuotava i bordelli di San Berillo e apriva pub. Chissà quanta solitudine in quegli occhi azzurri e stanchi.
Si Astrid, sono proprio convinto che dovesse somigliarti e ora è bene che vi lasci andare, entrambe, che bisogna assaporare anche il gusto del silenzio oltre che quello delle nostalgie.
Oggi forse è arrivato il freddo, quello atmosferico, quello vero, che quello dell'anima ti può arrivare quando vuoi. Qualche giorno fa il mare scardinava ogni appiglio e si mangiava il lungomare ma era solo un preludio d'inverno, qualche giorno dopo sul porticciolo un pescatore “arricciava” violentemente polpi mentre altri offrivano cassette di pescetti ma il sole dominava illudendo.
Ma tu dell'arricciatura dei polpi che ne sai? E soprattutto che te ne fregherebbe? Parlavamo di mettere le cose a posto, di riappropriarsi dei propri natali ed io, omaggiandoti ancora una volta torno ai miei di natali, quelli fatti di pesci, pescherie, sguardi torvi, silenzi, silenzi infiniti e da riempire o lasciare vuoti. A ciascuno i suoi, a chi le fattorie, a chi le pescherie, a chi le falegnamerie a chi altro, magari dipinto di prestigiosi colori. E di colori io userei forse solo il glicine, o il rosso ciliegia oppure l'indaco, ma si sa che poi i colori sbiadiscono, i silenzi no. Pensa che mentre ti parlo di pesci e colori mi muovo e ho rovesciato un intero vasetto di peperoncino che per ora può attendere riverso languidamente sul pavimento.
Hai ragione Astrid, ti confondo, saltellando da una cosa all'altra ma che vuoi? Mica tutti possono essere concisi e chiari come te ma capisco che stanco, sono bravissimo a stancare, fossi stato un militare sarei stato uno di quelli che assediano e stressano a tal punto che i nemici si arrendono solo per non sopportarli più …. ecco, divago ancora, che cazzo potrei entrarci io coi militari! Bah sarà la mia notoria aggressività che da qualche parte, talvolta trasborda.
Parlo, parlo, parlo, perchè in fondo mettere a posto, soprattutto se sai che poi molte cose non le userai più, non è mai facile.
Insomma, Astrid, mi hai regalato infiniti sogni, mi hai carezzato nelle illusioni, quelle dolci, non quelle da psicoanalisi, ed ora è giusto che prevalga il silenzio. Sul lungomare due ragazzi si baciavano, di nascosto, nella penombra della traversa e senza saperlo mi dicevano che della libertà dei tuoi personaggi io ho saputo solo guardare le ombre, sfuggenti, iridescenti ma vere e comunque profonde.



Post a Comment

أحدث أقدم