AFFASCINANTE VIAGGIO CON SAURO SASSI A TORINO A SCOPRIRE L'ARTE CUBANA A RIPENSARE LA CITTA'
A TORINO L’ARTE RIPENSA LA CITTA’: CARLOS GARAICOA ALLA
FONDAZIONE MERZ
Torino è la città italiana che ha vissuto le più grandi
trasformazioni nel corso dell’ultimo secolo: è stata la capitale industriale
della nazione, ha attratto migliaia di persone dal sud Italia, espandendosi,
creando nuovi agglomerati urbani. Sono poi venuti anche migranti dal Sud del
mondo, facendone una città multietnica, dove basta fare un giro al grande
mercato di Porta Palazzo per
sentirsi portati in un mondo diverso, in cui etnie e generazioni si intrecciano
e si mescolano pacificamente. La spina dorsale della città del Novecento, perso
lo status di capitale e la nobiltà sabauda, è stata la Fabbrica, cioè la Fiat,
che ha impiegato decine di migliaia di operai nelle proprie officine, in
particolare Mirafiori, città nella
città, e poi indotto la creazione di un vastissimo tessuto industriale, con
officine di medie e piccole dimensioni, spesso aperte da ex operai, che hanno
disegnato un nuovo paesaggio urbano, al di là della zona centrale che
conservava il suo aspetto nobiliare. A partire dagli anni Settanta si è andato
sviluppando il declino dell’industria in Italia, che a Torino ha avuto una drammatizzazione nel 1980, coi licenziamenti, la massiccia cassa integrazione, lo
sciopero a oltranza e la marcia dei quarantamila, che determinò la sconfitta
operaia ma che non arrestò il declino della Fiat e, di conseguenza, di tutto il tessuto industriale torinese.
Così la città ha dovuto reinventarsi, diventando centro di sevizi e di turismo.
Grazie anche ai fondi e al ritorno di immagine delle Olimpiadi invernali del 2006 il suo
volto è notevolmente migliorato: sono stati restaurati edifici storici, da Palazzo Reale a Palazzo Madama, l’area archeologica del Quadrilatero Romano; è stato riallestito il Museo Egizio e sono stati svolti tanti altri interventi, incluso il
recupero della reggia di Venaria Reale,
che, da luogo degradato, di cui si era meditato anche l’abbattimento, è
diventato uno dei siti turistici più visitati d’Italia. Si è anche cercato di
riutilizzare siti industriali dismessi, con risultati a volte eccellenti, come
nel caso del Lingotto che, col
progetto di Renzo Piano, da fabbrica
Fiat è diventato un pregevole centro
commerciale, che ospita anche la Pinacoteca
Giovanni e Marella Agnelli e consente una passeggiata sul famoso circuito
per le prove delle auto realizzato sul tetto, che tanto piacque a Le Corbusier.
Un’altra zona di prima periferia che aveva una forte vocazione industriale era Borgo San Paolo. Qui, oltre a
interventi di riqualificazione urbanistica, sono sorti, a iniziativa di
privati, due splendidi luoghi destinati all’arte contemporanea: la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in
un edificio progettato dall’architetto Claudio
Silvestrin, estremamente elegante ed
essenziale (come i luoghi che ha progettato per lo stilista Giorgio Armani) e la Fondazione Merz, voluta dalla figlia e
dalla moglie del grande artista Mario
Merz, morto nel 2003. La
Fondazione sorge nell’edificio che ospitava la centrale termica delle officine Lancia, risalente agli anni ’30, che è stato restaurato ed è
diventato una bellissima sede espositiva, caratterizzata da una grande
luminosità, con enormi finestroni che inondano di luce la sala al pianterreno e
poi anche uno spazio sotterraneo e un piano superiore, che ospita anche una biblioteca.
La Fondazione, oltre a presentare mostre dedicate al lavoro di Mario Merz e della moglie Marisa (anche lei ottima artista), ne propone
anche dedicate a importanti artisti italiani e internazionali.
E’ stata appena inaugurata quella del cubano Carlos Garaicoa, (Havana, 1967), intitolata “El Palacio de las Tres Historias”. Garaicoa è partito guardando e
ripensando la città di Torino, il
suo passato industriale, l’attuale paesaggio urbano, con fabbriche dismesse,
grandi edifici, spesso fatiscenti, che gli ricordano la sua Cuba. A volte però, come a Cuba, dentro edifici in rovina si cela umanità, nascono rapporti
sociali. Così, nel centro di Torino, c’è uno spazio enorme, la Cavallerizza Reale, in zona
universitaria, tra il Palazzo Reale
e la Mole Antonelliana, che ovviamente
il Comune vorrebbe vendere per “riqualificarlo” con negozi lussuosi, alberghi e
così via. I cittadini l’hanno occupato e trasformato in un centro di
aggregazione e creatività e Garaicoa
lo ha visitato, ha parlato con giovani che lo animano e lo inserisce nella sua
riflessione su passato, presente, futuro della città. Il passato è la gloria
sabauda, l’industria ma anche il fascismo, simboleggiato dalla Torre Littoria, 109 metri, a due passi da piazza
Castello. Il presente è incerto, la ricerca di una vocazione turistica, il
degrado delle periferie, la violenza. Il futuro potrebbero essere queste
persone che si riuniscono, creano rapporti, realizzano progetti. Garaicoa dice di non amare la parola
utopia, perché rimanda a ciò che si vorrebbe ma si pensa mai ci sarà. La Cavallerizza è, per lui, un esempio
concreto di creazione di nuovi rapporti umani e sociali. La mostra alla Fondazione Merz inizia con due grandi
pannelli pubblicitari, di quelli su cui le immagini possono variare. La grafica
è quella, elegante, degli anni ’20 e ’30. Nel primo una figura di Ermes ha alle spalle profili urbani e
tre slogan: “Brillante como un cuchillo”, “Inutil como toda ideologia”, “Limpio
como un diamante”. Tre città, tre storie. Le immagini del secondo pannello
contengono tre parole: “Passato”, “Presente” (con immagini di violenza
militare e violenza urbana) e “Futurismo”
(un’immagine che potrebbe richiamare i progetti architettonici di Sant’Elia, con grandi edifici, razzi). Garaicoa non è architetto però è
affascinato dall’architettura perché la ritiene un mezzo indispensabile per
leggere la storia e per riflettere sulle manifestazioni del potere. La parte
centrale della mostra continua a ragionare su questi due elementi: la retorica
delle parole e quella degli edifici. Come cubano, della prima ne ha subita
molta, con gli interminabili discorsi di Fidel,
ma pensa anche a Hitler e Mussolini. I secondi sono stati usati
come manifestazioni di regimi totalitari, (fascismo, nazismo, stalinismo). Però
la parola può diventare poesia e gli edifici fascisti di architettura
razionalista, visti oggi, possono cambiare di senso, diventare poetici. Garaicoa ha allestito delle grandi
teche trasparenti, che contengono modelli di edifici razionalisti degli anni
’30, come la Torre Littoria, il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur
(cosiddetto Colosseo quadrato),
anche una chiesa progettata e mai realizzata. Le teche sono invase dalla luce
che viene dai finestroni, che le mettono in rapporto con l’esterno: gli alberi,
le case del Borgo San Paolo. Si crea
un fantastico effetto di visioni, di riflessi. Inoltre Garaicoa interviene poeticamente sulle maquettes inserendo elementi
in vetro trasparente che, a loro volta, giocano con la luce e ancor più
destrutturano l’apparenza retorica degli edifici. In altre teche l’artista ha
inserito immagini della Cavallerizza
Reale, spazio abbandonato, recuperato da giovani e cittadini e diventato
luogo di incontro e creatività. Quindi ancora una dialettica tra passato,
presente e futuro, che si allarga alla sua Cuba
con due grandi immagini a parete di edifici fatiscenti dell’Avana, dei quali, con pannelli rossi e
neri e segni a matita l’artista, progetta una futura rinascita. Le teche e
tutta la sala possono essere osservate da altezze diverse grazie a una
piattaforma a scalare disposta lungo una parete, dalla quale, con alcune
cuffie, è anche possibile ascoltare Marinetti
che recita poesie futuriste e la parola poetica di Pasolini: un poeta che guardava al futuro e uno al passato; la
parola che, staccata dalla contingenza storica, diventa solo poesia. In mostra
sono presenti anche un progetto di un campus universitario che diventa una
mostruosa macchina di controllo dei corpi e delle menti, un Panopticon con echi di Kafka e Borges. Un’altra installazione è una specie di scaffale di libreria
con fogli che da bianchi immacolati diventano sempre più scuri fino a divenire
neri. Da un lato, come fermacarte, un’aquila aggressiva e minacciosa,
dall’altro una colomba bianca, lo sguardo rivolto all’indietro. L’opera si può
leggere iniziando dalla parte dell’aquila o da quella della colomba, può suggerire
idee di violenza e sopraffazione o di pace. L’allestimento dell’intero
pianterreno è molto bello ed equilibrato, con l’eleganza delle teche in vetro,
i manifesti e i finestroni che portano tanta luce e permettono di vedere il
paesaggio esterno e, dall’esterno, di vedere il museo. L’ultima installazione, la
più poetica e commovente, è nel sotterraneo. Ancora una volta Garaicoa si interroga sulla retorica,
sui modi in cui il potere si manifesta. In questo caso ha preso una persona, Hitler, e i suoi gesti. Si sa che Hitler possedeva una incredibile
capacità di affascinare le folle, coi gesti, le parole, il corpo. Garaicoa si è concentrato sul movimento
delle mani, realizzando un film animato in cui, con un disegno semplicissimo,
mostra solo le mani che si muovono durante un discorso
avendo, come base sonora, non le parole del fuhrer ma la musica semplice e
straziante del “Quartetto per la fine
del Tempo”, realizzato dal compositore francese Olivier Messien nel 1941,
quando era recluso in un campo di concentramento tedesco. L’effetto è
commovente, i gesti sembrano accompagnare dolcemente la musica; ancora una
volta, in Garaicoa, le forme della
retorica, decontestualizzate, cambiano di significato. C’è un senso di grande pace,
una speranza. Ho chiesto a Garaicoa cosa
pensa del futuro, anche relativo alla sua Cuba e lui mi ha risposto di essere,
come artista, ottimista. In effetti lui sostiene i giovani artisti dell’isola e
li guarda con simpatia, così come i giovani della Cavallerizza di Torino. La
sua arte è calata nel nostro tempo e ci aiuta a riflettere e anche a non
rinunciare alla bellezza e alla poesia.
Sauro Sassi
CARLOS
GARAICOA: EL PALACIO DE LAS TRE HISTORIAS
FINO AL 4
FEBBRAIO 2018
TORINO,
FONDAZIONE MERZ, VIA LIMONE 24
BIGLIETTO
EUR 6, RIDOTTO EUR 3,50. ORARI: MARTEDI’-DOMENICA 11-19
BORGO SAN
PAOLO, DOVE SORGE LA FONDAZIONE, E’ UNA PRIMA PERIFERIA, SI RAGGIUNGE BENE COI
MEZZI PUBBLICI DALLE STAZIONI FERROVIARIE DI PORTA NUOVA E PORTA SUSA CON I BUS
55 E 56, FERMATA ROBILANT E IL TRAM 15 FERMATA RACCONIGI.
ABBASTANZA
VICINA, RAGGIUNGIBILE A PIEDI, LA FONDAZIONE SANDRETTO REBAUDENGO, CHE HA IN
CORSO UN’OTTIMA MOSTRA SU ARTE CONTEMPORANEA E ANTICA A TORINO ASSIEME ALLE
OFFICINE GRANDI RIPARAZIONI.
CONSIGLIO DI
CHIEDERE INFORMAZIONI E SPIEGAZIONI, E ANCHE UN ACCOMPAGNAMENTO ALLA VISITA
DELLA MOSTRA (GRATUITO), AL PERSONALE DEL MUSEO, GIOVANI MOLTO GENTILI E
COMPETENTI
إرسال تعليق