GAUDENZO FERRARI MOSTRE TRA PIEMONTE E LOMBARDIA

IL NOSTRO ECLETTICO SAURO SASSI CI PORTA A SCOPRIRE MERAVIGLIE DELLA PITTURA DEL 1500

GAUDENZIO FERRARI A VARALLO. LA PITTURA, LA SCULTURA, IL TEATRO



L’Italia, immeritatamente, inspiegabilmente se si guarda all’oggi, è il Paese più bello del mondo, sia dal punto di vista naturalistico che artistico. Per quel che riguarda l’arte, per non parlare dell’antichità, dal ‘200 ad oggi si sono affacciati artisti che hanno disseminato la penisola di capolavori immortali (per non contare quelli che, per varie ragioni sono finiti all’estero): da Cimabue a De Chirico, e anche oltre, nel ‘900. Tutti conosciamo i grandi nomi: Piero della Francesca, Masaccio, Michelangelo, Raffaello, Leonardo… e Caravaggio, genio assoluto ma che, a causa della sua vita tragica e avventurosa, tende a occupare un ruolo preponderante nella pubblica attenzione, con mostre a lui dedicate che si ripetono continuamente. Bisogna invece considerare che, al di là di quegli artisti che si pongono ai vertici assoluti, per la capacità di rivoluzionare lo stesso cammino dell’arte nei secoli, la nostra storia è attraversata da una miriade di altri che hanno comunque segnato il nostro sentire, creando, senza che magari ce ne rendessimo conto, le basi del nostro immaginario visivo ma anche, in senso lato, culturale. Così in tutte le nostre regioni si possono scoprire artisti di grande interesse e valore che, ingiustamente, godono di poca attenzione: spesso rappresentano una splendida rivelazione. Nel glorioso ‘500, culla del Rinascimento, il Piemonte non era certo tra i fulcri di questo grande sommovimento artistico e culturale. Le grandi cose si facevano a Firenze, a Venezia, a Roma. Anche Milano, in virtù del suo accresciuto peso politico, cominciò a guardare all’arte, in particolare con Ludovico Maria Sforza, detto Il Moro, che chiamò Bramante e Leonardo. Nacque così una scuola di artisti che si ispirarono alle grandi novità da essi portate. In particolare, sulla scia di Leonardo, attenzione alla realtà, alla natura, anche un certo estro per una raffigurazione caricaturale, sempre derivata dalla osservazione di tipi umani bizzarramente reali. Giunse così a Milano Gaudenzio Ferrari, nato verso il 1480 a Valduggia, in Valsesia, e si mise a bottega di un onesto pittore, respirando le novità portate da Leonardo e Bramante e riprese da un altro giovane pittore che meriterebbe più considerazione, Bartolomeo Suardi, detto Bramantino. Vide anche il polittico che il solito Ludovico il Moro aveva commissionato a Perugino per la Certosa di Pavia, poi tornò nelle sue valli, nel vercellese, e si recò a Firenze e Roma, per aggiornarsi ulteriormente. Forse incontrò Amico Aspertini, pittore bolognese, estroso, anticlassico, un po’ influenzato dall’arte germanica, che potrebbe avergli lasciato qualche suggestione. Quindi tornò ancora in Valsesia e in particolare a Varallo, graziosa cittadina attraversata dal fiume Sesia e dal suo affluente Mastallone, in vista delle Alpi. Qui iniziò a lavorare nelle chiese e realizzò il suo primo capolavoro, il grande affresco (otto metri di altezza per undici di lunghezza) sulla parete divisoria della chiesa di Santa Maria delle Grazie che rappresenta, in venti riquadri, scene della vita di Cristo e culmina al centro con una grande crocifissione. La parete delimitava lo spazio della chiesa riservato ai fedeli da quello dei frati, secondo una costruzione tipica precedente al Concilio di Trento. La visione è emozionante, tanto più che la chiesa, esternamente, appare anonima e nulla lascia presagire lo stupore che coglie chi entri e si trovi di fronte questa grande opera in cui Gaudenzio dispiega la sua idea dell’arte: istruire il popolo, ignorante, per lo più analfabeta, raccontargli visivamente ciò che non può ricevere altrimenti, emozionandolo, coinvolgendolo con una rappresentazione semplice, senza simbolismi, senza dotte allusioni, invitandolo a riconoscersi nell’umanità di Cristo, nel suo dolore più che nel suo trionfo. Questa attitudine Gaudenzio la riprese e la acuì nell’altra opera che rende necessaria una gita a Varallo in occasione della mostra che questa città gli dedica, con sezioni anche a Vercelli e Novara: il Sacro Monte. Tra Piemonte e Lombardia, terre di confine, terre esposte alle influenze delle rivisitazioni del messaggio cristiano, dette eresie, e del messaggio luterano, la battaglia per la conservazione della “vera” religione cattolica si combatteva con le armi ma anche ricorrendo, come del resto anche nei conflitti odierni, alla propaganda. Bisognava, in particolare, che i poveri non fossero influenzati da chi condannava i fasti della chiesa romana, la sua corruzione ma la vedessero come un unico corpo, unito e simboleggiato da quello di Cristo. Gli artisti furono quindi ingaggiati a questo scopo proprio perché le immagini raggiungevano tutti, e si volle arrivare a una ulteriore accentuazione del messaggio teatralizzandolo, considerando che al tempo il teatro si faceva nelle corti, riservato al divertimento dei potenti, ma anche nella strada, davanti alle chiese, coi giullari e le sacre rappresentazioni per il popolo minuto. Si realizzarono nove Sacri Monti, cioè luoghi costituiti da varie cappelle collegate in un percorso, ognuna della quali conteneva rappresentazioni plastiche e pittoriche della vita di Gesù o fatti della cristianità. Si voleva coinvolgere il popolo, che doveva visitarli, apprendere, ricevere un messaggio di obbedienza. Dei nove Sacri Monti, che hanno ricevuto dall’Unesco il riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità, quello di Varallo è di gran lunga il più bello ed emozionante, proprio grazie all’opera di Gaudenzio Ferrari e della sua bottega, oltre che di molti altri artisti, pure a lui inferiori. Il monte sorge su uno sperone roccioso che domina il paese, è raggiungibile a piedi, partendo dalla chiesa di Santa Maria delle Grazie, in circa trenta minuti. Oppure, nella stessa zona, con una funivia che raggiunge la cima in pochi minuti. Infine, in auto, seguendo le indicazioni, su strada asfaltata. Il luogo si presenta come una cittadella inserita in un bosco, in cui sono sparse quarantaquattro cappelle e una piazza centrale con una Basilica. Dentro le cappelle sono rappresentati, sia con affreschi che con statue a grandezza naturale (oltre 800) scene della vita di Cristo. Il percorso dall’una all’altra è molto piacevole, ci sono panchine ed aree di sosta. Le cappelle sono visibili attraverso inferriate o vetri, per garantirne la protezione ma questo non ne limita l’emozionante impatto visivo. Gaudenzio Ferrari ha operato in otto tra le quarantaquattro, a partire dall’Annunciazione fino all’altro suo capolavoro, la Crocifissione, grandiosa opera con ottantasette statue in terracotta e affreschi. Bisogna infatti considerare che Gaudenzio non operò solo come pittore ma anche scultore, sia in legno che in terracotta. Le statue vestono abiti del tempo, i capelli sono veri e in alcune cappelle, come quella dei Magi o quella della Crocifissione, non c’è soluzione di continuità tra i dipinti e le sculture, che paiono uscire dalle stesse pareti, come se le immagini di un film invadessero la platea. Anche questa scelta è funzionale al desiderio di coinvolgere lo spettatore, farlo entrare nella storia. Inoltre i personaggi raffigurati e scolpiti appaiono del tutto simili alle persone reali del luogo, spesso brutti, sghembi, sdentati, perché ci si potesse meglio identificare. E anche Cristo non appare mai bello e trionfante ma lacero, insanguinato, sofferente, proprio come tante persone di quel tempo (ma anche del nostro). Gaudenzio Ferrari fu riscoperto da quel grande scrittore che fu Giovanni Testori, che chiamò appropriatamente questa sua opera il Gran Teatro del Monte. Guardando a ciò che accade oggi, alle guerre, al dolore, all’uomo colpito e deriso, e rifacendosi a Calderon de la Barca forse si potrebbe anche chiamarla Grande (e terribile) Teatro del Mondo.


SAURO SASSI

LA MOSTRA DEDICATA A GAUDENZIO FERRARI, CURATA DA GIOVANNI AGOSTI E JACOPO STOPPA, SI SVOLGE NELLE CITTA’ DI VERCELLI (ARCA), NOVARA (BROLETTO). DOCUMENTANO CRONOLOGICAMANTE LE FASI SUCCESSIVE DEL LAVORO DI GAUDENZIO. FINO AL 1 LUGLIO 2018.
A VARALLO LA MOSTRA TERMINA IL 16 SETTEMBRE 2018 E LE SEDI SONO: PINACOTECA, IN VIA DON PIETRO CALDERINI 25 DA MARTEDI’ A DOMENICA DALLE 10 ALLE 18 (LAVORI GIOVANILI). CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE, PIAZZA GAUDENZIO FERRARI 6 DA MARTEDI’ A DOMENICA DALLE 10 ALLE 18. IN OCCASIONE DELLA MOSTRA E’ STATA ALLESTITA UNA IMPALCATURA CHE PERMETTE DI VEDERE GLI AFFRESCHI DA VICINO. SACRO MONTE, APERTO 24 ORE SU 24 TUTTI I GIORNI. BIGLIETTO 15 EURO, COMPRENDE LA SALITA AL PONTEGGIO DELLA CHIESA DI SANTA MARIA E UN VIAGGIO DI ANDATA E RITORNO SULLA FUNIVIA DEL SACRO MONTE. RIDOTTO EUR 12 PER OVER 65 E STUDENTI DA 14 A 26 ANNI, TESSERE TOURING, FAI, ALI. CLIENTI INTESA SANPAOLO. C’E’ ANCHE UN BIGLIETTO CUMULATIVO DA 20 EURO PER LE TRE SEDI.
ALBERGHI: ITALIA, CORSO ROMA 6, IN PIENO CENTRO. ANCHE BUON RISTORANTE. 0163/51106. SUL MONTE, RAGGIUNGIBILE CON STRADA ASFALTATA, L’ALBERGO SACRO MONTE, TEL. 0163/54254, ANCHE RISTORANTE. PERMETTE LA VISITA SUGGESTIVA DELLE CAPPELLE ILLUMINATE DI NOTTE. INOLTRE E’ IMMERSO IN UN’AREA PROTETTA DOVE SI POSSONO FARE BELLE ESCURSIONI.
VARALLO SI PUO’ RAGGIUNGERE DA MILANO PRENDENDO LA A4 VERSO TORINO E POI LA A26 VERSO GRAVELLONA TOCE USCENDO A GHEMME/ROMAGNANO SESIA E POI PERCORRENDO UNA TRENTINA DI CHILOMETRI, OPPURE LA A1 FINO A PIACENZA, POI LA A21 VERSO TORINO E, AD ALESSANDRIA, LA A26 VERSO GRAVELLONA TOCE, USCENDO SEMPRE A GHEMME/ROMAGNANO SESIA (PIU’ LUNGA MA POCO TRAFFICATA). O SI PUO’ ABBINARE A UNA VACANZA AL LAGO MAGGIORE O AL LAGO D’ORTA CHE NON SONO DISTANTI, O PROSEGUIRE VERSO LA VAL D’AOSTA.

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