PROPOSTA PER UNA GITA ALL’ISOLA DI SAN GIORGIO A VENEZIA. BURRI, SEAN
SCULLY, LE STANZE DEL VETRO, ARTISTI CINESI
Questa estate Venezia, grazie alla Biennale
Arte, è occasione di infinite visite. Propongo questa volta l’isola di San Giorgio, luogo
bellissimo, proprio di fronte al bacino di San
Marco, con una chiesa stupenda del Palladio,
il convento, visitabile su appuntamento, e il campanile, sul quale salire per
una vista stupenda della laguna. In questo momento ci sono anche diverse mostre
temporanee.
Nello spazio adiacente alla chiesa la
Fondazione Cini propone una mostra
antologica di Alberto Burri, curata
da Bruno Corà, che dirige la Fondazione dedicata all’artista a Città di Castello (assolutamente da
visitare, con gli spazi di Palazzo
Albizzini e degli Seccatoi del
Tabacco che ospitano le opere di maggior dimensione). Burri, (Città di Castello 1915, Nizza 1994) assieme a Lucio Fontana, è il più rappresentativo
artista italiano del dopoguerra. La mostra consente di seguire cronologicamente
il suo percorso, a partire dal 1948,
e permette di approfondire il metodo dell’artista, che si poneva direttamente
in relazione con la materia. Burri, medico, applicava al suo lavoro
artistico un metodo scientifico.
Sceglieva un materiale, lo utilizzava, sperimentandone tutte le caratteristiche
fisiche, per realizzare composizioni che guardavano alla grande tradizione
italiana: la forma, il senso compositivo, la geometria dell’arte dell’Italia
centrale tra Duecento e Cinquecento
(da Cimabue a Michelangelo), il colore
dell’arte veneta. Poi passava ad altro materiale utilizzando la stessa modalità,
senza mai voler trasmettere “messaggi”, superata una prima fase in cui, nei
sacchi cuciti, nel colore rosso, poteva vedersi un’eco della guerra e dei suoi
dolori. Burri non aveva alcun
intento rappresentativo; presentava
la materia, dando ai suoi lavori titoli come “Rosso plastica”, “Legno”,
“Ferro”. Cioè, il titolo è la materia e la materia è l’opera. Vediamo quindi
alla mostra, in successione, i cicli: “Catrami
e muffe” (1948); “Sacchi” (1949/50); “Gobbi (tele modellate che ne rompono la
bidimensionalità), 1950; “Combustioni”
(1953); “Legni” (1958); “Ferri” (1958); “Cellotex” (materiale usato in industria come isolante, opaco, che
può essere reso liscio o scabro), fino agli anni ’90; Cretti (1970). Le opere, realizzate unendo sperimentazione
scientifica e sapienza compositiva, hanno fatto di Burri un esponente fondamentale dell’arte detta, in Europa, “Informale”, e, in particolare, di
quella definita “materica”, proprio
perché prediligeva questa componente al
gesto e al segno. Viste
retrospettivamente le sue opere appaiono molto classiche, ispirano un senso di armonia
e bellezza. Le sue quotazione nel mercato dell’arte sono alte e Burri è riconosciuto internazionalmente
come un maestro dell’arte moderna. In
passato le cose erano diverse.
Nel 1959 l’acquisto di un “Sacco” per le collezioni della Galleria Nazionale di Arte Moderna di
Roma fu oggetto di grandi polemiche e interrogazioni parlamentari, sia di
destra che di sinistra, che gridavano scandalo per aver inserito in un tempio
dell’arte “una vecchia e sdrucita tela da
imballaggi”. E’ quindi anche interessante vedere come si sia evoluto il
gusto e il senso dell’arte dal dopoguerra. Ricordo che su questo artista,
allora scandaloso, scrissero saggi insigni storici dell’arte come Cesare Brandi e Giulio Carlo Argan, riconoscendo nella sua opera non una rottura ma
una felice continuità con la grande tradizione italiana. La mostra alla Fondazione Cini si incentra sulla
pittura ma va ricordato che l’artista è stato anche scultore e ha lasciato
quello che è il più emozionante esempio di arte
ambientale. Questo termine è utilizzato per definire l’opera di artisti che
si confrontano direttamente con la natura, cercando di interagire con essa
attraverso materiali e azioni per realizzare opere che mettano in contatto
l’uomo con il paesaggio. Una fase della sperimentazione di Burri con la materia è quella dei “Cretti”, in cui l’artista disponeva, su superfici di cellotex, un miscuglio di materiali
che, essiccati, producevano delle
crepe, come nei terreni argillosi in fasi di siccità. Con questo titolo Burri ha realizzato vari quadri, anche
di grandi dimensioni. Nel 1981,
però, fu chiamato a progettare un’opera per il paese siciliano di Gibellina, interamente distrutto dal
terremoto del 1968, e ricostruito ex novo in altra posizione. Burri decise di creare un enorme cretto, che ricoprisse tutte le case
distrutte, lasciando le fessure dov’erano le strade. L’opera è stata
realizzata in cemento e rappresenta un forte segno che ricorderà per sempre la
città del passato e il tentativo di opporre alla forza distruttiva della natura
quella dell’umana memoria. In mostra un filmato documenta la realizzazione del
cretto che, recentemente restaurato, è una meta affascinante, assieme a tutta
la città nuova di Gibellina, piena
di opere di arte moderna.
BURRI, LA
PITTURA IRRIDUCIBILE PRESENZA
VENEZIA,
ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE, FONDAZIONE CINI
FINO AL
28 LUGLIO
ORARI: TUTTI
I GIORNI 11/19 TRANNE MERCOLEDI’
ENTRATA
GRATUITA
ARRIVARE: DA
PIAZZALE ROMA E DALLA FERROVIA: LINEA 2 FERMATA SAN GIORGIO. CIRCA 40 MINUTI.
BIGLIETTO CORSA SINGOLA EUR 7,50
DA SAN
ZACCARIA, VICINO A SAN MARCO LINEA 2 (TRE MINUTI). EUR 5
Sbarcando all’isola la prima cosa che
viene spontaneo fare è entrare nella splendida chiesa palladiana, che ospita
capolavori dell’arte come “L’ultima
cena” di Tintoretto, e l’accesso
al campanile. E’ una chiesa piena di luce, con al centro una cupola altissima.
Spesso la chiesa, gestita, come il convento, dai frati benedettini, ha ospitato
installazioni di artisti contemporanei chiamati a riflettere sul tema della
spiritualità, del rapporto umano col trascendente. Ora è l’artista irlandese Sean Scully (1945) che è stato chiamato a realizzare un intervento che riguarda
non solo la chiesa ma anche la sagrestia e numerosi ambienti adiacenti, tutti
collegati tra loro. Scully è un
artista astrattista, la cui arte è caratterizzata dalla realizzazione di
campiture di colore, orizzontali e verticali, in quadri spesso di grandi
dimensioni. L’assenza di figure e la solennità dei suoi lavori intende
richiedere ai visitatori una sosta, un’attenzione, una meditazione. Il fulcro
dell’intervento di Scully a San
Giorgio, in tutto una quarantina di lavori tra cui anche sculture, un libro dipinto, vetrate
colorate, è una spettacolare installazione sotto la cupola: una colonna altissima (oltre dieci
metri) di telati impilati e avvolti in strati di feltro di colori vivaci che vuol richiamare il biblico sogno della
scala di Giacobbe, percorsa
dagli angeli. L’opera vuole porsi come invito a un percorso dalla realtà fisica
a quella trascendente. Non manca, nel successivo percorso attraverso gli
ambienti della chiesa e dell’abbazia, anche la presentazione di alcune opere
che mostrano un nuovo percorso intrapreso dall’artista, con tele figurative sul
tema della madre e il figlio.
SEAN SCULLY,
HUMAN
VENEZIA,
ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE, CHIESA DI SAN GIORGIO
SEMPRE
APERTO
L’INGRESSO
ALLA CHIESA E AGLI SPAZI CHE OSPITANO IL RESTO DELLA MOSTRA E’ GRATUITO
Continuando il percorso lungo il perimetro dell’isola,
incontriamo un altro spazio di eccellenza della Fondazione Cini. Si chiama “Le
stanze del vetro” e ospita mostre di altissimo livello dedicate a questo
materiale, così importante per Venezia. Quella attuale è dedicata a un maestro
francese, Maurice Marinot, che si
dedicò a lavorare il vetro negli anni tra il 1911 e il 1934, arrivando a
introdurre tecniche innovative e realizzando contenitori, flaconi, vasi che
sono autentiche sculture e che esaltano la luminosità di questo splendido
materiale, arrivando anche a usare le bolle d’aria che si creano nella
lavorazione per ottenere effetti di decoro e di luce.
Dall’altro lato del viale che conduce all’entrata
delle Stanze del vetro è ancora possibile vedere, in uno spazio all’aperto
vicino al retro della chiesa, una
bellissima installazione
dell’americana Pae White. Si intitola “Qwalala”,
ed è un lungo serpente di mattoncini in vetro colorati, tutti fatti a mano, che
richiama il corso di un fiume ed è un invito all’apertura, alla bellezza, un
muro che lascia passare la luce e anche le persone.
MAURICE
MARINOT, IL VETRO 1911 – 1934
FINO AL 28
LUGLIO
LE STANZE
DEL VETRO, ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE
INGRESSO
GRATUITO
Proseguendo ancora tra l’ormeggio delle barche e la
parte finale dell’isola si incontra un ulteriore grande spazio espositivo,
sempre della Fondazione Cini, che ospita attualmente una mostra di sette artisti contemporanei cinesi. Si
intitola “Entropy”. Sono artisti di
diverse generazioni e che usano diverse modalità espressive, dalla pittura alla
video installazione. Alcune cose interessanti.
ENTROPY,
SETTE ARTISTI CINESI
ISOLA DI SAN
GIORGIO MAGGIORE
ENTRATA
GRATUITA
Segnalo infine che sull’isola c’è un solo café
ristorante gestito da un noto chef, con costi non economici. A Venezia mangiare
decentemente a prezzi contenuti è quasi impossibile. Qualche possibilità ci può
essere alla vicina isola della Giudecca ma secondo me la cosa migliore se si
vuole risparmiare è portarsi un panino.
SAURO SASSI
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