FOTOGRAFIA ETICA IN UN MONDO IN CERCA DI MORALE


FOTOGRAFIA ETICA IN UN MONDO IN CERCA DI MORALE


E’ un antico problema quello del rapporto tra arte ed etica. E’ anche un antico problema quello sull’artisticità della fotografia. Sicuramente la fotografia parte sempre da un confronto con la realtà. Il fotografo può manipolare il reale, renderlo quasi irriconoscibile, trasformando l’oggettività del visibile nella soggettività di una sua visione interiore. Il fotografo di reportage, invece, cerca di documentare situazioni reali che riguardano l’universo in cui viviamo e, purtroppo, spesso ci parla di violenza, conflitti, degrado ambientale. A volte diventa anche sociologo e indaga fenomeni culturali delle società evolute o di quelle sottosviluppate.  Nel lavoro di reportage è implicita una componente etica, perché anche le immagini più oggettive implicano un giudizio. Oggi appare urgente una battaglia civile, sociale, culturale per affrontare un mondo che sembra sempre più avvolto in una spirale di irrazionalità, dove a guerre e ingiustizie sociali si unisce un forsennato assalto alla natura, alla possibilità di vita futura del pianeta. Di fronte a ciò credo che tutti gli intellettuali siano chiamati a mobilitarsi, tutte le arti debbano attivarsi perché è in gioco, letteralmente, il futuro del genere umano. Tornando alla fotografia di reportage, il messaggio trasmesso risulterà sempre più forte se si unirà alla potenza delle immagini la qualità della rappresentazione e la forza del racconto. Così a Lodi, alla decima edizione del Festival della Fotografia Etica, grandi fotografi ci immergono in una narrazione che, passando dalle sette sedi espositive e dalla numerose mostre in esse ospitate, ci interroga e ci coinvolge, ci chiede di mobilitarci per il presente e per il futuro, ripensando a un vecchio motto di Lenin: “L’etica è l’estetica dell’avvenire”.
Allo spazio Bipielle Arte, dove c’è la biglietteria, la sezione “Uno sguardo sul mondo” presenta quattro mostre: “I gilet gialli” dei fotografi dell’Agence France Presse. Fenomeno interessante, immagini troppo spettacolari, troppa ricerca del facile effetto. Secondo me una delle mostre più deboli. Commoventi le immagini di Joey Lawrence nel lavoro “Guerriglieri curdi”: donne e uomini nei cui sguardi non si leggono odio, fanatismo; che sicuramente vorrebbero fare cose diverse dall’imbracciare un’arma e che, proprio oggi, sono nuovamente chiamati alla lotta per difendere la loro identità di popolo. Da un territorio di violenza e morte Nick Hannes, con “Il giardino delle delizie”,  ci catapulta in un luogo dell’assurdo, un teatro dove si sprecano risorse che potrebbero fare il bene di tanti per costruire un ambiente in cui pochi, ricchi, ignoranti, inconsapevoli si isolano tra spiagge in mezzo a grattacieli, autostrade che terminano nel nulla, false montagne innevate, saloni con arredi di ghiaccio, sale per cani con televisori al plasma e dog trainer, ville galleggianti costruite sull’acqua, con stanze sotto il livello del mare e maggiordomo a ricevere gli affittuari con bottiglia di champagne. Tutto questo in mezzo al deserto di Dubai. Il discorso sullo spreco assurdo di risorse a favore di un turismo di puro consumo, con in più un’attenzione sul disastro climatico ce lo offre Marco Zorzanello con “Il turismo nell’epoca del cambiamento climatico”.  Se nelle Dolomiti non nevica più, la neve si crea, si realizzano piste e sentieri innevati in mezzo ad ambienti naturali brulli. I cannoni da neve, sempre più numerosi, sparano per offrire un palliativo di quello che una volta era un paesaggio di neve vera. Il Mar Morto, in Israele, si ritira sempre più, le falde si impoveriscono ma si costruiscono alberghi con splendide piscine in mezzo al deserto. Crescono esponenzialmente i turisti che si recano con navi a visitare le zone artiche, dove i ghiacciai si sciolgono; si fanno selfie e acquistano l’acqua dei ghiacciai che, imbottigliata, viene venduta a peso d’oro. Guillermo Arias e Pedro Pardo, in “La Carovana”, documentano il viaggio disperato di migliaia di persone, con tanti bambini, che da Honduras e Guatemala attraversano a piedi tutto il Messico per raggiungere il confine con gli Stati Uniti, dove vengono picchiati, arrestati o rischiano la morte per accedere al mondo dorato di Trump.
Nel bellissimo Palazzo Barni le mostre dei premiati del World Report Award: nella sezione Master, Darcy Padilla, con “Sognatori”, documenta la condizione dei nativi nella riserva indiana di Pine Ridge, considerato il luogo più povero degli Usa. Uomini e donne sono consumati dall’uso di alcool e anfetamine, seguitando così il processo di genocidio del loro popolo. Il giovane tedesco Arne Piepke, vincitore delle “Student Award”, in “Fede, tradizione e patria” documenta la tradizione dei club dei tiratori in Germania e dei festival in cui si divertono a sparare a finti uccelli: inquietante. Il “No Profit Award” è andato a Emergency, presentata in altro spazio. Secondo, Médecins du Monde. Il belga Olivier Papegnies mostra, col titolo “Impadronirsi del proprio futuro, gravidanze indesiderate tra le adolescenti in Costa d’Avorio”, l’attività dell’organizzazione per aiutare le giovani, fornire ausilio medico ed educativo. Al terzo posto l’Ong “Positive change may happen” per la quale la fotogiornalista Renée C. Byer, già vincitrice del Pulitzer, viaggiando attraverso dieci paesi in quattro continenti, ha realizzato il servizio “Vivere con un dollaro al giorno, le vite e i volti dei poveri del mondo”, mostrando i drammi ma anche le speranze di queste genti. Il premio Spot Light Award è andato all’indiano Senthil Kumaran Rajendran, col servizio “Confini, il conflitto tra esseri umani e tigri”. Il fotografo si è recato in villaggi che si trovano ai margini di riserve che ospitano le poche migliaia di tigri sopravvissute, dove la convivenza tra uomini e animali è resa difficile dalle attività agricole che restringono sempre più gli spazi delle tigri, le quali, ovviamente, attaccano anche l’uomo e che vengono illegalmente uccise. Le immagini delle tigri, tranne quelle morte, sono riprese da grande distanza o da telecamere fisse ed è anche affascinante vedere come gli animali sembrino essere un tutt’uno con gli alberi e la foresta. Il premio “Short Story Award” è andato al tedesco “Emile Ducke”, che, con “Diagnosi”, ha seguito un treno ospedaliero che attraversa luoghi remoti della Siberia per permettere ai residenti di avere visite ed esami medici. Al piano inferiore del palazzo, nella sezione “Single Shot Award” sono presenti trenta fotografi con una sola foto. Il tema del concorso, anche per combattere l’atmosfera tragica di tanti servizi, è “Essere, pensare, agire positivo” e vuole documentare situazioni in cui, nonostante le difficoltà, emerge un elemento di speranza. Il premio è andato all’italiana Giulia Frigieri con la foto di una ragazza che, insieme a un’amica, ha costituito il primo team di donne surfiste in Iran, vincendo la duplice difficoltà della condizione femminile nel suo paese e del fatto che in Iran, per ragioni geografiche, le zone adatte a questo sport sono assai poche.
Il Palazzo Modignani ospita lo “Spazio tematico Italia”. Incontriamo per prima Letizia Battaglia, che non ha bisogno di presentazioni. Le immagini sono tra le sue più dure, con gli ammazzati dalla mafia, i ragazzini che giocano con le armi. Diana Bagnoli, con “Prima Comunione”, ci porta nel napoletano, a seguire la preparazione di due ragazzine per la cerimonia, che viene considerata di maggior rilievo sociale anche del matrimonio, con le bambine che comunque si atteggiano a donne in un gioco alquanto triste. Massimo Berruti si è calato nella terra dei fuochi, vivendo con la popolazione locale e conquistandone la fiducia e, con “Epidemia”, mostra una realtà ambientale agghiacciante. Marco Valle, con “Mare Mostrum”, esplora le coste marine italiane, documentando l’inquinamento, le costruzioni selvagge, gli scarichi illegali e tutto ciò che, purtroppo, in parte conosciamo, ma mai abbastanza. Io ad esempio sono rimasto esterrefatto dalla foto di ragazzi che, in provincia di Livorno, nuotano in un canale di acqua completamente bianca, che contiene gli scarichi dell’industria chimica Solvay e, sempre nella stessa zona, una spiaggia di sabbia bianchissima, quasi caraibica, che però è formata dai prodotti di scarto della stessa industria. I “Terra Project Photographers” presentano due approfondimenti interessanti, uno sulla scuola, che sappiamo avere in Italia grossi problemi, incentrato sulle piccole realtà montane e rurali, dove consentire una possibilità di accesso all’istruzione è fondamentale per mantenere in vita le comunità, introducendo anche un tema che viene dal Nord Europa, quello dell’istruzione all’aria aperta, le cosiddette “scuole nel bosco”; il secondo riguarda il lavoro, un mondo che è stato completamente rivoluzionato e che ha lasciato chi vi si deve inserire sempre più indifeso e solo a vivere nell’incertezza e in assenza di futuro. Il tema dell’Italia che cambia, con i piccoli paesi che si spopolano e spesso diventano fantasmi viene affrontato da Mariano Silletti che è andato a Serra Maggiore, comune della Basilicata i cui abitanti si contano ormai sulle dita delle mani, ultimi resistenti prima della morte di questa piccola realtà.
La bella e luminosa Biblioteca Laudense ospita una installazione fotografica per ricordare i venti anni di una realtà importante e singolare come Banca Etica e un altro pugno nello stomaco col vincitore del premio Voglino Gabriele Cecconi che, in “I miserabili e la terra”, mostra la condizione disumana del popolo Rohingya, perseguitati nel Myanmar, anche con la complicità del già premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
Sempre per non chiudere gli occhi davanti al dolore del mondo, e anche per continuare ad essere grati a chi conduce una lotta impari contro il male e la guerra, che del male è la peggiore espressione, all’Ex Cavallerizza si documenta il lavoro di Emergency in Afghanistan, presso il centro chirurgico di Lashkar-gah. Immagini terribili ma necessarie
Anche l’ex chiesa dell’Angelo è un sito bellissimo e quanto mai adatto ad ospitare le fotografie della polacca Monika Bulaj. Il suo lavoro, “Broken songlines”, mostra la scomparsa, in tanti luoghi del mondo, di quella che lei chiama la ricchezza delle complessità, tutta quella spiritualità che si esprimeva in religioni che convivevano pacificamente. Al centro di questa koinè spirituale il corpo, che la Bulaj vede come tempio, luogo della memoria collettiva, prigione ma anche liberazione, corpo che non mente, che ospita il sacro, che, attraverso l’uso sapiente dei sensi, cerca la liberazione.
Infine allo Spazio Ludesan Life i fotografi dilettanti del gruppo lodigiano Progetto Immagine intendono rispondere, con lo strumento dell’indagine fotografica, alla polemica che l’anno scorso colpì la città, quando si volle negare il pranzo ai bambini delle scuole i cui genitori non erano in regola con la retta. Hanno contattato diciotto migranti che vivono nella zona e li hanno raccontati, raccogliendo sia storie di successo professionale e integrazione sia le difficoltà di altri che si scontrano con gravi problemi quotidiani. Un modo per far capire che i migranti non sono una categoria ma esseri umani, persone con le quali noi dobbiamo confrontarci, non voltarci dall’altra parte, non esercitare su di loro il nostro rancore e le nostre frustrazioni.

SAURO SASSI  


FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA
LODI, FINO AL 27 OTTOBRE
APERTO SOLO SABATO E DOMENICA DALLE 9.30 ALLE 20
BIGLIETTO EUR 15. RIDOTTO 12 PER OVER 65, STUDENTI DAI 13 AI 18 ANNI, STUDENTI UNIVERSITARI (CON TESSERINO), SOCI COOP E ALTRE CATEGORIE. GRATIS MINORI 12 ANNI. COL BIGLIETTO VIENE CONSEGNATO UN BRACCIALETTO CHE CONSENTE L’ENTRATA A TUTTE LE SEDI E, SE TENUTO AL POLSO, ANCHE NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE.
ACQUISTABILI SOLO PRESSO BIPIELLE ARTE, VIA POLENGHI LOMBARDO 13, VICINO ALLA STAZIONE FERROVIARIA O IN PIAZZA DEL BROLETTO IN CENTRO CITTA’
E’ PRESENTE ANCHE UN CIRCUITO OFF CON MOSTRE IN VARI LUOGHI
https://www.festivaldellafotografiaetica.it

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