Il Giappone in casa

 di Leena Lulu

Tutto è cominciato da una bambolina, ho l’hobby delle bambole da collezione e ho incrociato Leena Lulu (Maria Lucia Spagnulo) che è collezionista come me di bambole giapponesi. Da questa comune passione ci siamo confrontate, lei trentenne e io sessantenne, su quali siano stati i punti di riferimento che fanno di lei e le nuove generazioni appassionati del Sol Levante ed io e le generazioni del dopoguerra appassionati dell’America. Ci siamo rese conto parlando che tutto è nato dai cartoni animati che hanno segnato le nostre infanzie: lei cartoni giapponesi e films e io i cartoni, films e i fumetti americani. Due generazioni a confronto e due simbologie adolescenziali che fanno si di sognare lei di andare in Giappone ed io di sognare l’America.


fotogramma tratto dalla sigla di coda del primo episodi 'ACTARUS LA PRIMA  TRASFORMAZIONE' 1978 

Vi siete mai chiesti il motivo per il quale siamo così affascinati dal Giappone, tanto da aver dato vita ad un fenomeno comportamentale di massa collettivo, ad oggi chiamato “Cultura Otaku’’?

Otaku (おたく o オタク) è un termine della lingua giapponese che dagli anni ottanta indica in occidente, un fenomeno sociale di appassionati di MangaAnime, e altri prodotti, come action figure, bambole e oggettistica varia, che ha dato vita al collezionismo di oggetti, di informazioni e storie e che ha sviluppato attorno a questo fenomeno, fumetterie, fanzine, fiere specializzate, forum, gruppi e tanto altro.

E’ un fenomeno che nasce dai primi anni 30/40 quando i giapponesi cominciarono a sperimentare le tecniche dei primi cartoni animati americani, che negli anni della seconda guerra mondiale divennero popolari diventando un mezzo di propaganda militare. I cartoni giapponesi poi divennero sempre piu’ definiti e arrivarono a noi in occidente negli anni 70, tramite le trasmissioni televisive per bambini con il nome che li definisce come  anime (termine che deriva dall’americano animation). E spesso gli “Anime” sono adattamenti dei “Manga”, termine con il quale vengono identificati i fumetti degli autori giapponesi, che sono passati sul piccolo schermo, e in alcuni casi, anche al cinema. L’animazione giapponese, i fumetti e i videogiochi rappresentano uno dei primi approcci al Giappone per molti di noi. Infatti chi è stato bambino negli anni ‘80/’90 si ricorderà le prime serie di cartoni animati trasmessi in TV, i cui protagonisti sono diventati dei veri beniamini dei bambini: da  Heidi a Goldrake fino a Mazinga, sono stati tanti gli Anime giapponesi trasmessi in Italia e che ancora oggi ricordiamo con nostalgia.

Molti non sanno che le prime serie animate ad arrivare sulla nostra televisione furono quelle nate dalla collaborazione di aziende europee e giapponesi dove le storie, per attrarre maggiormente il pubblico locale, inizialmente furono ambientate in Europa, e da qui nacquero cartoni animati come “Barbapapà” e “Heidi”. Heidi è la storia di una bambina svizzera orfana che trova la felicità sulle Alpi e si fa amare da chi le sta attorno, grazie al suo cuore e ai suoi valori morali; storia basata sull’omonimo romanzo del 1880 dell’autrice svizzera Johanna Spyri e tradotta in giapponese nel 1920. Questo segnò l’inizio della vera e propria venerazione dei giapponesi nei confronti di Heidi, che nel 1974 grazie alla regia di Isao Takahata e i disegni di Yoichi Kotabe, Heidi divenne la protagonista di un cartone animato che la fece conoscere in tutto il mondo, incantando generazioni di bambini. La storia racconta di come Heidi, una bambina di cinque anni orfana, venga allevata dal nonno sulle montagne svizzere. A otto anni invece, quando la sua unica zia la porta a Francoforte, inizierà ad imparare non solo a leggere e scrivere, ma anche a confrontarsi con altre persone, in particolare con Clara, una bambina su una sedia a rotelle.                             

Potremmo definirla una rivoluzione, molto gradita dai piccoli e dai ragazzi, che all’epoca che si appassionarono alla novità, rappresentata dalle storie raccontate negli Anime. Ma il cartone animato giapponese che aprì letteralmente la via all’invasione degli Anime e dei manga nel nostro Paese, si chiamava “Ufo Robot” o “Goldrake’’ negli anni 70, nome ribattezzato appunto dai primi Otaku occidentali (Otaku: gruppi di persone che si identificano nei personaggi e ne costituiscono le basi per una cultura alternativa che poi sfocerà nel fenomeno Cosplay tra i tanti).

Era il 4 aprile del 1978, quando sbarcò sulla nostra Penisola un cartone animato che cambiò per sempre la storia della televisione italiana: Ufo Robot preceduto dall’annuncio della “fatina” Maria Giovanna Elmi, andò in onda il primo episodio di Ufo Robot, prodotto da Toei Animation (secondo le direttive del famosissimo autore del manga, Go Nagai, fumettista e scrittore giapponese. Considerato uno dei più importanti mangaka di sempre, per aver segnato la storia moderna del fumetto). L’arrivo di Ufo Robot nei palinsesti televisivi della Rai, sconvolse il modo di intendere i cartoni animati da parte dei giovani: non più storie autoconclusive. legate alla spensieratezza, ma un vero serial fantascientifico, in grado di toccare temi decisamente adulti, come la discriminazione razziale, l’amore e l’ecologia.Il tutto accompagnato da numerosi gadget, giocattoli, fumetti, libri pupazzi, oggetti vari e anche dischi delle varie sigle, che scalarono le vette delle Hit Parade dell’epoca.

Da quella sera del 4 Aprile 1978, quando venne trasmesso il primo episodio, non si parlava d’altro. Erano bastati venti minuti per appassionare adulti e bambini alla storia di Alcor e Actarus contro gli invasori arrivati dallo spazio. Quel primo episodio racchiudeva in se già tutti gli ingredienti che avevano fatto di Ufo Robot, un successo internazionale.

C'era Actarus, l'eroe alieno che aveva trovato riparo sulla terra dopo la conquista del suo pianeta da parte dei Vegani. Al suo fianco il terrestre Alcor e soprattutto c'era: Goldrake, l'astronave mutante di Actarus, pronta a trasformarsi in un titano di acciaio. Quando sulla Terra scattava l'allarme, partiva la musica e, ovunque fosse, Actarus correva fino ad infilarsi nel tunnel che lo avrebbe proiettato nelle cabina di comando di Goldrake. L'astronave-robot sbucava dal terreno e si fiondava contro l'avversario di turno. Al termine del duello, il bene trionfava inevitabilmente, ma la minaccia aliena restava lì, parcheggiata sulla Luna, in attesa di sferrare un nuovo attacco. Il tutto raccontato con luci nelle pupille, sequenze di combattimento prolungate, sforzi accompagnati da urla disumane, fermo immagine e tutto rigorosamente realizzato a mano.

Goldrake aveva aperto nella televisione italiana il varco attraverso cui, in modo capillare, dalla Rai alle reti Mediaset fino all'ultima delle TV private a conduzione familiare, avrebbero dilagato orde di supereroi giapponesi. 

Un trionfo quello di Ufo Robot, senza precedenti, ma che scatenò, al contrario, anche l’avversione dei cosiddetti “Perbenisti” che lo ritennero altamente diseducativo. Infatti, durante la trasmissione “l’altra campana”, condotta dal Enzo Tortora, i media iniziarono a supporre che gli “Anime giapponesi” fossero un veicolo di violenza e quindi non adatto ai bambini, inaugurando così tutta una campagna denigratrice verso i manga e gli anime, presente ancora oggi. Una serie di accuse gravose, che per circa dieci anni, purtroppo, ne bloccarono la messa in onda per poi riprendere negli anni novanta.

Perché negli anni novanta, con il proliferare dei fumetti giapponesi e la ri-modernizzazione degli anime, nacquero varie forme culturali e di collezionismo e fenomeni di identificazione giovanile che analizzeremo nei prossimi articoli.


fotogramma dal cartone animato 'HEIDI LA RAGAZZA DELLE ALPI 1974'

 

 

 

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