Ricordando l’Inter


L’Inter è mio padre che si affaccia dalle nebbie del passato ogni volta che una maglia nerazzura esce da un sottopassaggio immaginario. L’Inter è la curva Tolla dello Stadio Magona, dove da bambino sostenevo le maglie nerazzurre della mia città. L’Inter sono io fanciullo che cerco di imitare le serpentine di Sandro Mazzola, ma col cavolo che ci riesco. L’Inter sono le punizioni a foglia morta di Mario Corso, il piede sinistro di Dio. L’Inter è Angelo Domenghini che corre come un pazzo sulla fascia laterale e ogni tanto segna su calcio d’angolo come Chiarugi. L’Inter è Jair, funambolico e potente, uno dei primi calciatori di colore visti nel nostro campionato. L’Inter è il mago Helenio Herrera che di sicuro vende fumo ma in ogni caso vince. L’Inter è Luis Suarez che detta legge in mezzo al campo, sfoggia un sorriso da gaucho andaluso e quando lo intervistano si esprime in un buffo itagnolo. L’Inter è gli anni Sessanta quando tutto sembra possibile, persino andare sulla luna. L’Inter è le Coppe Intercontinentali e i sogni di gloria. L’Inter è la Coppa dei Campioni, pure il triplete, certo, ma quella è roba moderna. L’Inter è Ferruccio Mazzola che non sarà mai grande come Sandro. L’Inter è il ricordo di Valentino Mazzola e del Grande Torino. L’Inter è Giacinto Facchetti che è bello e piace tanto a mia madre. L’Inter è Burgnich, roccia dove s’infrangono speranze avversarie, un implacabile Bertini che marca sempre Rivera. L’Inter è Bedin, Mereghetti, Vastola, persino Gori, Cella e Libera, che me li ricordo soltanto io, per via delle raccolte Panini. L’Inter è Aristide Guarneri, che un giorno ritrovo in un campo di calcio a Soresina (vicino alla sua Cremona), allenatore in Quarta Serie, troppo cambiato dai tempi delle figurine. L’Inter è Frustalupi centromediano metodista, che è giovane ma pare vecchio, un po’ come Spartaco Landini. L’Inter è Armando Picchi, così grande da lasciare il suo nome a una squadra di calcio di Livorno. L’Inter è Lido Vieri, venuto da Piombino, passato per Torino, approdato in maglia nerazzurra tra i pali di San Siro. L’Inter è il padre di Lido Vieri che lavora con mio padre. L’Inter è una domenica a Roma, da bambino, per vederlo giocare. L’Inter è una levataccia mattutina, prendere un treno per Firenze, curva Ferrovia, tifare nerazzurro contro i viola. L’Inter è mio padre ferroviere che si ostina a chiamarla Ambrosiana. L’Inter è i colori più belli del mondo, il nero e l’azzurro, che quando si fondono insieme fanno sognare. L’Inter è un bar della mia città, vicino alla fabbrica d’acciaio che sputa fuoco e fumo, dal quale partiamo di buon mattino per andare a vedere le partite. L’Inter è sempre quel bar ritrovo di tifosi dove nasce l’Interpiombino, una squadra dei torneiestivi che indossa una maglia nerazzurra. L’Inter è il ricordo del Bar Nedo, del primo club di tifosi, dei calciatori che di tanto in tanto vengono a bere un bicchiere di vino. L’Inter è la televisione in bianco e nero, un bimbo che cresce a pane, calcio e fumetti di supereroi. L’Inter è una notte a San Siro, cantare Vecchioni a squarciagola, veder l’Austria Vienna che vince. L’Inter è mio padre e mia madre in un bar del centro a Venturina, ogni domenica, per vedere le partite. L’Inter è abituarsi a perdere, ché la vita è sconfitte da subire, un gioco maligno che, comunque vada, non ne usciremo vivi. L’Inter è un Super Tele di gomma leggera e una maglietta nerazzurra, in piazza Dante, sotto una grande palma. L’Inter è trovare difficile arbitrare una partita quando scendono in campo Latina o Civitavecchia, ma pure Bisceglie, squadre in maglia nerazzurra. L’Inter è il primo Mc Donald italiano vicino a Piazza del Duomo, dove mangi prima di correre allo stadio, dopo aver visto la Madonnina. L’Inter è la metropolitana per San Siro che ti porta nel sogno. L’Inter siamo noi due ancora insieme, nonostante le difficoltà della vita, le piccole incomprensioni, le cose che  non vanno. L’Inter è mio figlio che porta avanti la tradizione, tifa nerazzurro, divide con me Dazn e ci guardiamo soltanto le partite della nostra squadra. L’Inter è amore, ricordo, lacrima che scende se ripenso a un gol di Peirò che vuol dire vincere una Coppa, in una partita di troppi anni fa. E mica per il gol di Peirò, neppure per la Coppa, la lacrima scende per via del tempo perduto che si lascia dietro frammenti. Ma quando nel ricordo rivivo gli istanti, penso che il nerazzurro è il leitmotiv della mia vita, da Piombino a Pisa, da studente liceale a universitario, ché all’Arena Garibaldi scendono in campo gli stessi colori, allenati da Aldo Agroppi, pure lui di Piombino. Rivedo lo Stadio Magona imbandierato di nerazzurro. E sorrido.


Nella foto: Lido Vieri, un piombinese a Milano.

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