di Rosa Tiziana Bruno
La comunità sociale, in effetti, fa ben poco per creare spazi di aggregazione dove agli stranieri sia dato di raccontarsi con voci nuove e antiche. Al contrario la scuola, come luogo privilegiato di incontro, può sviluppare percorsi di riflessione, studio e condivisione.
Attraverso una specifica educazione interculturale, bambini e ragazzi possono appropriarsi di atteggiamenti consapevoli di comunicazione e cooperazione.
Possono arrivare a conoscere civiltà , culture e tradizioni differenti; scoprire che la letteratura è traboccante di vita e che insieme a scrittori e genitori si può esplorare il mondo, nella considerazione che la diversità è portatrice di valori positivi.
Del resto questi sono obiettivi esplicitamente previsti dalla normativa scolastica attuale. [Decreto L.vo n. 59/2004]
Perché la fiaba:
La fiaba è un genere narrativo presente nella tradizione orale di ogni popolo e quindi uno strumento didattico capace di creare punti di incontro. Consente di entrare per un momento nella vita quotidiana di un villaggio, di un popolo. Aiuta a scoprire le caratteristiche e le differenze che connotano un gruppo, un paese, un modo di vivere.
L'accesso al mondo narrativo di una cultura costituisce la via di accesso diretto a quella cultura ed ecco perché la fiaba può diventare elemento privilegiato nella didattica interculturale, quando essa sia padroneggiabile dal docente che la utilizza.
Attraverso il racconto può avvenire lo scambio fra immaginari diversi, rintracciando in ogni storia le differenze, ma soprattutto le analogie.
I personaggi e gli eventi cruciali, infatti, si presentano simili anche se collocati in paesi differenti. Per questo la fiaba ha il potere di congiungere trasversalmente le culture e, nello stesso tempo, di raccontarne le specificità .
Perché la narrazione:
Un modello operativo che può orientare nella progettazione di un percorso di didattica interculturale è sicuramente l’approccio narrativo.
Non è possibile fare a meno della narrazione per realizzare obiettivi interculturali. Infatti uno studio semplicemente descrittivo e cristallizzato di una cultura diversa rischia di scadere in rigide classificazioni banalizzanti che non restituiscono la complessità e la ricchezza dell'esperienza dell'altro.
La narrazione appartiene all'universale. Consente di soddisfare un bisogno molto forte ovvero l'esigenza di fantasticare, di immaginare. Lascia un segno che modifica profondamente, sia chi narra, sia chi accoglie i racconti. Le storie aiutano a decodificare i fatti e gli eventi, a dare una rappresentazione e un significato alle cose e alle vicende. Non a caso Bruner afferma che il narrare è una "pratica sociale e culturale potente"[ J.K. BRUNER, Acts of Meaning (1990), trad. ital. La ricerca del significato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, p. 74.] ovvero stabilizza e rinnova la vita sociale perché permette la continua "negoziazione dei significati".
Per acquisire atteggiamenti di disponibilità , di apertura, di dialogo serve predisporre un ambiente didattico aperto al riconoscimento e alla valorizzazione delle molteplici culture presenti nella comunità sociale.
La narrazione consente di sviluppare l’approccio interculturale, sia sul piano cognitivo, proponendo ai bambini informazioni e conoscenze sul mondo; sia sul piano affettivo, modificando le rappresentazioni dell’altro e le relazioni con chi viene da lontano. La narrazione senza confini consente di raccontare ai bambini il mondo, di aprire finestre sul lontano e l’altrove, di suscitare curiosità , apertura, attenzione.
La ricerca di un confronto profondo passa attraverso la conoscenza di abitudini, modalità , gusti e idee differenti. Lo sviluppo del pensiero critico parte dalla consapevolezza di sé e dalla capacità di decentrarsi per ascoltare attivamente. Si tratta dunque di creare nuove sensibilità , nuovi modi di approcciare l’altro da sé: curiosità e disponibilità diventano nuove chiavi per aprire le porte del dialogo, della convivenza democratica, del piacere di scoprire quanto sono numerose le somiglianze e quanto affascinanti le differenze.
Perché la necessità di un progetto:
il metodo e la programmazione assumono grande rilevanza per l'esito educativo e didattico della narrazione. Infatti, sebbene la fiaba sia molto utile in una prospettiva interculturale, il suo utilizzo non può avere un carattere di estemporaneità . Obiettivi come l'educazione all'ascolto e al decentramento dei punti di vista, non sono perseguibili attraverso percorsi frammentari e occasionali. Lo specifico dell'educazione interculturale è costituito dai processi di apprendimento che portano a conoscere altre culture e a instaurare nei loro confronti atteggiamenti di apertura e dialogo. Ovviamente si tratta di obiettivi complessi, non affidabili all’improvvisazione.
Ricorrere ad un progetto, infine, è importante perché permette di coinvolgere in maniera articolata anche il mondo degli adulti, nello specifico scrittori e genitori immigrati.[ Cfr: J. Bruner, La cultura dell'educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, tr. it., Feltrinelli, Milano 1997, p. 95]
Perché un progetto con scrittori e genitori:
ciò che assume maggior rilievo, in un progetto educativo interculturale, sono le attività interdisciplinari a livello operativo. Organizzare incontri periodici con scrittori che narrano in prima persona le fiabe, può avere una ricaduta educativa molto proficua.
I bambini imparano a leggere ascoltando, perché quando vengono loro raccontate delle storie sviluppano un piacere fortemente connaturato nella natura umana, quello di accompagnare con l’immaginazione vicende fantastiche racchiuse in quello che può sembrare quasi un oggetto magico: il libro. E chi meglio di colui che i libri li scrive può soddisfare questo piacere?
Per bambini e ragazzi l’incontro con un autore è stimolante e insolito. E’ una pagina scritta che diventa persona viva, un notevole avvenimento educativo.
In realtà si tratta di uno scambio: anche per lo scrittore questa attività ha un enorme pregio. Un autore non è un’isola, fa parte di una comunità , vive dentro una società , deve nutrirsi di contatti, fare parte del mondo.
Allo stesso modo, la presenza dei genitori immigrati riveste un ruolo fondamentale. Chiedere loro di narrare a tutti i bambini una fiaba in lingua originale, ha una duplice valenza: di arricchimento del mondo immaginario di tutti e di attenzione al mondo dell’infanzia immigrata.
Solitamente questi genitori hanno poco tempo per narrare, stretti fra i ritmi del lavoro e le difficoltà di inserimento. Capita che vengano a mancare i momenti collettivi di ascolto dei tempi delle feste e dell’incontro. Così un mondo di racconti e di immagini rischia di andare perduto perché non più trasmesso e vivificato.
Per questi motivi la narrazione in lingua madre assume ancor di più un valore di ricomposizione. Serve a valorizzare alfabeti e scritture diverse, aiuta a sostenere il bilinguismo dei bambini di origine straniera e a realizzare una alleanza educativa tra scuola e famiglia.
Premessa:
In un tessuto sociale caratterizzato dall’intreccio di varie culture, il confronto e la cooperazione diventano esigenze primarie. Coabitare non basta. Occorre ricercare obiettivi comuni, come antidoto allo scontro distruttivo, per creare assieme una società in cui realizzarsi.
La comunità sociale, in effetti, fa ben poco per creare spazi di aggregazione dove agli stranieri sia dato di raccontarsi con voci nuove e antiche. Al contrario la scuola, come luogo privilegiato di incontro, può sviluppare percorsi di riflessione, studio e condivisione.
Attraverso una specifica educazione interculturale, bambini e ragazzi possono appropriarsi di atteggiamenti consapevoli di comunicazione e cooperazione.
Possono arrivare a conoscere civiltà , culture e tradizioni differenti; scoprire che la letteratura è traboccante di vita e che insieme a scrittori e genitori si può esplorare il mondo, nella considerazione che la diversità è portatrice di valori positivi.
Del resto questi sono obiettivi esplicitamente previsti dalla normativa scolastica attuale. [Decreto L.vo n. 59/2004]
Perché la fiaba:
La fiaba è un genere narrativo presente nella tradizione orale di ogni popolo e quindi uno strumento didattico capace di creare punti di incontro. Consente di entrare per un momento nella vita quotidiana di un villaggio, di un popolo. Aiuta a scoprire le caratteristiche e le differenze che connotano un gruppo, un paese, un modo di vivere.
L'accesso al mondo narrativo di una cultura costituisce la via di accesso diretto a quella cultura ed ecco perché la fiaba può diventare elemento privilegiato nella didattica interculturale, quando essa sia padroneggiabile dal docente che la utilizza.
Attraverso il racconto può avvenire lo scambio fra immaginari diversi, rintracciando in ogni storia le differenze, ma soprattutto le analogie.
I personaggi e gli eventi cruciali, infatti, si presentano simili anche se collocati in paesi differenti. Per questo la fiaba ha il potere di congiungere trasversalmente le culture e, nello stesso tempo, di raccontarne le specificità .
Perché la narrazione:
Un modello operativo che può orientare nella progettazione di un percorso di didattica interculturale è sicuramente l’approccio narrativo.
Non è possibile fare a meno della narrazione per realizzare obiettivi interculturali. Infatti uno studio semplicemente descrittivo e cristallizzato di una cultura diversa rischia di scadere in rigide classificazioni banalizzanti che non restituiscono la complessità e la ricchezza dell'esperienza dell'altro.
La narrazione appartiene all'universale. Consente di soddisfare un bisogno molto forte ovvero l'esigenza di fantasticare, di immaginare. Lascia un segno che modifica profondamente, sia chi narra, sia chi accoglie i racconti. Le storie aiutano a decodificare i fatti e gli eventi, a dare una rappresentazione e un significato alle cose e alle vicende. Non a caso Bruner afferma che il narrare è una "pratica sociale e culturale potente"[ J.K. BRUNER, Acts of Meaning (1990), trad. ital. La ricerca del significato, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, p. 74.] ovvero stabilizza e rinnova la vita sociale perché permette la continua "negoziazione dei significati".
Per acquisire atteggiamenti di disponibilità , di apertura, di dialogo serve predisporre un ambiente didattico aperto al riconoscimento e alla valorizzazione delle molteplici culture presenti nella comunità sociale.
La narrazione consente di sviluppare l’approccio interculturale, sia sul piano cognitivo, proponendo ai bambini informazioni e conoscenze sul mondo; sia sul piano affettivo, modificando le rappresentazioni dell’altro e le relazioni con chi viene da lontano. La narrazione senza confini consente di raccontare ai bambini il mondo, di aprire finestre sul lontano e l’altrove, di suscitare curiosità , apertura, attenzione.
La ricerca di un confronto profondo passa attraverso la conoscenza di abitudini, modalità , gusti e idee differenti. Lo sviluppo del pensiero critico parte dalla consapevolezza di sé e dalla capacità di decentrarsi per ascoltare attivamente. Si tratta dunque di creare nuove sensibilità , nuovi modi di approcciare l’altro da sé: curiosità e disponibilità diventano nuove chiavi per aprire le porte del dialogo, della convivenza democratica, del piacere di scoprire quanto sono numerose le somiglianze e quanto affascinanti le differenze.
Perché la necessità di un progetto:
il metodo e la programmazione assumono grande rilevanza per l'esito educativo e didattico della narrazione. Infatti, sebbene la fiaba sia molto utile in una prospettiva interculturale, il suo utilizzo non può avere un carattere di estemporaneità . Obiettivi come l'educazione all'ascolto e al decentramento dei punti di vista, non sono perseguibili attraverso percorsi frammentari e occasionali. Lo specifico dell'educazione interculturale è costituito dai processi di apprendimento che portano a conoscere altre culture e a instaurare nei loro confronti atteggiamenti di apertura e dialogo. Ovviamente si tratta di obiettivi complessi, non affidabili all’improvvisazione.
Ricorrere ad un progetto, infine, è importante perché permette di coinvolgere in maniera articolata anche il mondo degli adulti, nello specifico scrittori e genitori immigrati.[ Cfr: J. Bruner, La cultura dell'educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, tr. it., Feltrinelli, Milano 1997, p. 95]
Perché un progetto con scrittori e genitori:
ciò che assume maggior rilievo, in un progetto educativo interculturale, sono le attività interdisciplinari a livello operativo. Organizzare incontri periodici con scrittori che narrano in prima persona le fiabe, può avere una ricaduta educativa molto proficua.
I bambini imparano a leggere ascoltando, perché quando vengono loro raccontate delle storie sviluppano un piacere fortemente connaturato nella natura umana, quello di accompagnare con l’immaginazione vicende fantastiche racchiuse in quello che può sembrare quasi un oggetto magico: il libro. E chi meglio di colui che i libri li scrive può soddisfare questo piacere?
Per bambini e ragazzi l’incontro con un autore è stimolante e insolito. E’ una pagina scritta che diventa persona viva, un notevole avvenimento educativo.
In realtà si tratta di uno scambio: anche per lo scrittore questa attività ha un enorme pregio. Un autore non è un’isola, fa parte di una comunità , vive dentro una società , deve nutrirsi di contatti, fare parte del mondo.
Allo stesso modo, la presenza dei genitori immigrati riveste un ruolo fondamentale. Chiedere loro di narrare a tutti i bambini una fiaba in lingua originale, ha una duplice valenza: di arricchimento del mondo immaginario di tutti e di attenzione al mondo dell’infanzia immigrata.
Solitamente questi genitori hanno poco tempo per narrare, stretti fra i ritmi del lavoro e le difficoltà di inserimento. Capita che vengano a mancare i momenti collettivi di ascolto dei tempi delle feste e dell’incontro. Così un mondo di racconti e di immagini rischia di andare perduto perché non più trasmesso e vivificato.
Per questi motivi la narrazione in lingua madre assume ancor di più un valore di ricomposizione. Serve a valorizzare alfabeti e scritture diverse, aiuta a sostenere il bilinguismo dei bambini di origine straniera e a realizzare una alleanza educativa tra scuola e famiglia.
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