Foto: Christian Poveda
Chiara Di Salvo
« Perché un festival di fotogiornalismo? Perché in Italia non ci sono festival dedicati esclusivamente al fotogiornalismo? Questo festival nasce come risposta ad un bisogno di capire e conoscere le realtà del mondo in maniera più approfondita. Per far questo abbiamo invitato 7 fotografi pluripremiati e abbiamo coinvolto alcune associazioni nella promozione di questi temi come l'Associazione italiana Carlo Urbani, Medici Senza Frontiere, Amnesty International e Terra! Alla seconda domanda non siamo ancora riusciti a dare una risposta. ».
Questa è la descrizione fornita dall’Associazione Culturale Angeliribelli Lab, organizzatrice dell’evento che quest’anno giunge alla sua seconda edizione. Dal 29 maggio al 7 giugno la Provincia di Ancona ospiterà ARTEFOTO 2009 - Festival Internazionale di Fotogiornalismo - che, inserito nel suggestivo contesto storico-artistico dell’entroterra marchigiano (i sei paesi coinvolti sono: Castelbellino, Castelplanio, Mergo, Poggio San Marcello, Rosora e San Paolo di Jesi), offre la risposta al bisogno di capire e conoscere le diverse realtà del mondo che ci circonda.
Il Festival, ideato e organizzato dall’Associazione culturale Angeliribelli Lab in collaborazione con il CIS (Servizi per 12 Comuni Uniti) e con il sostegno della Provincia di Ancona e Camera Work, si propone di far conoscere le diverse realtà esistenti in maniera più approfondita anche attraverso il coinvolgimento di alcune associazioni come AICU (Associazione Italiana Carlo Urbani), Medici Senza Frontiere, Amnesty International e Terra!
I circa trecento scatti provenienti da tutto il mondo saranno qui raccolti in sette mostre, tutte ad ingresso libero e gratuito e allestite in siti di grande valore storico e culturale. Le mostre resteranno aperte dalle 10.00 alle 22 per tutta la durata dell’evento. Il Festival, caratterizzato quest’anno da una forte presenza femminile, propone anche due workshop fotografici, rispettivamente tenuti da Francesco Zizola e Lorenzo Maccotta e la prima italiana del film-documentario “La Vida Loca” di Christian Poveda, che si terrà venerdì 29 maggio alle ore 21.30 nel chiostro dell’Abbazia de’ Frondigliosi di Castelplanio. Il programma prevede anche incontri con fotogiornalisti ed associazioni, videoproiezioni e una mostra di fumetti sul tema dell’acqua.
Le diverse situazioni sociali, i paradossi e i rischi che l’uomo deve affrontare spesso per fame sono documentati dall’occhio-obbiettivo di ciascun fotografo.
Francesco Zizola (Italia), con Born Somewhere, racconta le condizioni di vita dei bambini di trenta paesi. Si tratta di un reportage di uno dei più grandi fotoreporter contemporanei che ha passato gli ultimi tredici anni documentando le condizioni dell’infanzia nel mondo; dai figli delle guerre in Iraq, ai piccoli lavoratori dell’Indonesia, ai ricchi e alienanti di Los Angeles.
Amy Vitale (USA/India), con Experience India propone il risultato di 5 anni vissuti nel subcontinente indiano della fotoreporter. Le sue fotografie rivelano una società oltremodo vibrante, ricca di contrasti, la più grande ed efficiente democrazia al mondo che ha resistito ad oltre 50 anni di conflitti intestini ed esterni.
Lana Slezic (Canada), con Afghan Women scruta la vita delle donne afgane nella loro più intima realtà. Ciò che dovrebbe essere considerato “eccezione” per loro diventa, purtroppo, normalità. La fotografa è nata a Toronto, Canada, nel 1973 da genitori Croati.
Christian Poveda (El Salvador), con La Vida Loca studia il fenomeno della violenza importata dagli Stati Uniti: le maras, gruppi criminali dell’America Centrale, nati sul modello delle bande giovanili di Los Angeles, stanno seminando il terrore a El Salvador. Rappresentano un’infanzia terribile e piena di odio, l’odio di chi non ha mai avuto niente, l’odio dello sfruttamento, della sottomissione e dell’umiliazione quotidiana.
Lorenzo Maccotta (Italia), con Clandestine Landings, in collaborazione con Medici Senza Frontiere, racconta delle migliaia di migranti che affluiscono da diversi Paesi nei centri di raccolta ortaggi del sud Italia per essere impiegati nel lavoro dei campi. Partecipi di un settore fondamentale dell’economia, l’agricoltura, i protagonisti di questa storia vivono dentro casolari abbandonati o vere e proprie tendopoli nella più completa illegalità, condannati ad essere invisibili da un silenzio omertoso, troppo spesso senza acceso all’acqua, luce, gas né assistenza sanitaria.
Axelle de Russé (Francia), con Le retour des concubines narra della cultura cinese in cui un tempo la condizione sociale di un uomo era valutata in base al numero di donne in suo possesso, entrambi mogli e concubine. Nel 1949, i comunisti vietarono la pratica perché considerata il simbolo della decadenza borghese, ma oggi, dopo due decenni di economia di mercato, la concubina, la “ernai” ossia la seconda moglie è ritornata. Il mito della concubina potrebbe essere la fantasia di molti uomini, ma per le giovani donne significa vivere in isolamento, in costante attesa dell’uomo e in uno stato di totale dipendenza. Al contrario, per un uomo, la concubina è invece simbolo di successo.
Nina Barman (USA), con Homeland guarda all’America e alla sua società in cui vede crescere fanatismo e fede nelle armi e in Dio. Implicito nelle immagini in technicolor della Berman vi è un senso di paura sotto le spoglie del banale. Ancora più inquietante è il fatto che tali immagini siano parte integrante degli Stati Uniti di oggi.
INFO
W: www.artefotofestival.org
E: press@artefotofestival.org
Il Festival, ideato e organizzato dall’Associazione culturale Angeliribelli Lab in collaborazione con il CIS (Servizi per 12 Comuni Uniti) e con il sostegno della Provincia di Ancona e Camera Work, si propone di far conoscere le diverse realtà esistenti in maniera più approfondita anche attraverso il coinvolgimento di alcune associazioni come AICU (Associazione Italiana Carlo Urbani), Medici Senza Frontiere, Amnesty International e Terra!
I circa trecento scatti provenienti da tutto il mondo saranno qui raccolti in sette mostre, tutte ad ingresso libero e gratuito e allestite in siti di grande valore storico e culturale. Le mostre resteranno aperte dalle 10.00 alle 22 per tutta la durata dell’evento. Il Festival, caratterizzato quest’anno da una forte presenza femminile, propone anche due workshop fotografici, rispettivamente tenuti da Francesco Zizola e Lorenzo Maccotta e la prima italiana del film-documentario “La Vida Loca” di Christian Poveda, che si terrà venerdì 29 maggio alle ore 21.30 nel chiostro dell’Abbazia de’ Frondigliosi di Castelplanio. Il programma prevede anche incontri con fotogiornalisti ed associazioni, videoproiezioni e una mostra di fumetti sul tema dell’acqua.
Le diverse situazioni sociali, i paradossi e i rischi che l’uomo deve affrontare spesso per fame sono documentati dall’occhio-obbiettivo di ciascun fotografo.
Francesco Zizola (Italia), con Born Somewhere, racconta le condizioni di vita dei bambini di trenta paesi. Si tratta di un reportage di uno dei più grandi fotoreporter contemporanei che ha passato gli ultimi tredici anni documentando le condizioni dell’infanzia nel mondo; dai figli delle guerre in Iraq, ai piccoli lavoratori dell’Indonesia, ai ricchi e alienanti di Los Angeles.
Amy Vitale (USA/India), con Experience India propone il risultato di 5 anni vissuti nel subcontinente indiano della fotoreporter. Le sue fotografie rivelano una società oltremodo vibrante, ricca di contrasti, la più grande ed efficiente democrazia al mondo che ha resistito ad oltre 50 anni di conflitti intestini ed esterni.
Lana Slezic (Canada), con Afghan Women scruta la vita delle donne afgane nella loro più intima realtà. Ciò che dovrebbe essere considerato “eccezione” per loro diventa, purtroppo, normalità. La fotografa è nata a Toronto, Canada, nel 1973 da genitori Croati.
Christian Poveda (El Salvador), con La Vida Loca studia il fenomeno della violenza importata dagli Stati Uniti: le maras, gruppi criminali dell’America Centrale, nati sul modello delle bande giovanili di Los Angeles, stanno seminando il terrore a El Salvador. Rappresentano un’infanzia terribile e piena di odio, l’odio di chi non ha mai avuto niente, l’odio dello sfruttamento, della sottomissione e dell’umiliazione quotidiana.
Lorenzo Maccotta (Italia), con Clandestine Landings, in collaborazione con Medici Senza Frontiere, racconta delle migliaia di migranti che affluiscono da diversi Paesi nei centri di raccolta ortaggi del sud Italia per essere impiegati nel lavoro dei campi. Partecipi di un settore fondamentale dell’economia, l’agricoltura, i protagonisti di questa storia vivono dentro casolari abbandonati o vere e proprie tendopoli nella più completa illegalità, condannati ad essere invisibili da un silenzio omertoso, troppo spesso senza acceso all’acqua, luce, gas né assistenza sanitaria.
Axelle de Russé (Francia), con Le retour des concubines narra della cultura cinese in cui un tempo la condizione sociale di un uomo era valutata in base al numero di donne in suo possesso, entrambi mogli e concubine. Nel 1949, i comunisti vietarono la pratica perché considerata il simbolo della decadenza borghese, ma oggi, dopo due decenni di economia di mercato, la concubina, la “ernai” ossia la seconda moglie è ritornata. Il mito della concubina potrebbe essere la fantasia di molti uomini, ma per le giovani donne significa vivere in isolamento, in costante attesa dell’uomo e in uno stato di totale dipendenza. Al contrario, per un uomo, la concubina è invece simbolo di successo.
Nina Barman (USA), con Homeland guarda all’America e alla sua società in cui vede crescere fanatismo e fede nelle armi e in Dio. Implicito nelle immagini in technicolor della Berman vi è un senso di paura sotto le spoglie del banale. Ancora più inquietante è il fatto che tali immagini siano parte integrante degli Stati Uniti di oggi.
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E: press@artefotofestival.org
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