La musica buona e la musica cattiva




di Giuseppe Gavazza

In un commento all'articolo Scambi d'arte di Antonella Musiello pubblicato su TerPress martedì scorso, 12 maggio '09, ho citato una frase di Proust che parla di buona e cattiva musica: ho recuperato un'altra traduzione dello stesso frammento che incollo in coda a questa pagina.

Il mio commento non voleva suonare critico o altezzoso nei confronti di quanto scritto nell'articolo e neppure intendeva etichettare come “cattiva musica” quella di Ennio Moricone - compositore che apprezzo e ammiro - oggetto dell'articolo. Il bellissimo breve testo di Proust mi è stato sollecitato dalla lettura dell'articolo in relazione alla ben conosciuta capacità di suscitare emozioni attraverso i suoni ed usarlo come commento, al più, vuole essere provocatore di una riflessione o di una discussione su quanto s'intende con “musica”.
(Per dare una briciola di mia opinione premetto che mi chiedo spesso, ad esempio, se sia corretto parlare di musicoterapia Рcome ̬ consueto Рo piuttosto di suonoterapia).

Musica è l'arte dei suoni, credo su questo si possa essere d'accordo, sempre che dei suoni faccia parte anche il silenzio.
Così come, ad esempio, pittura è l'arte del colore (e del nero e del bianco) e letteratura è l'arte delle parole (e dei segni d'interpunzione) ?

Nelle infinite classificazioni e categorizzazioni della musica troviamo musica classica, musica rock, musica etnica, world music, musica jazz, musica leggera, musica pop, e tanta altra musica; quando abbreviamo al genere (il jazz, il pop, la classica) diamo per scontata la parola assente : musica.

Con le parole possiamo scrivere (mi limito alla parola scritta) molte cose diverse: romanzi, poesie, articoli di giornale, lettere personali, relazioni tecniche, arringhe, leggi e regolamenti condominiali.
E usando i colori (mi limito ai segni tratti su superfici) posso dipingere quadri, disegnare scenografie, fumetti, bozze schizzi e progetti tecnici, decorare pareti e vasellame.

Non so quanti oserebbe proporre che la biografia del divo del momento è migliore letteratura perché ha venduto forse mille volte più di un romanzo di Tommaso Landolfi; più di qualcuno invece è, mi pare, convinto che la canzone ben piazzata in hit parade sia musica migliore di un brano di Niccolò Castiglioni.

Per non parlare (scrivere) della poesia: se valutassimo in base ai versi che meglio conosciamo (magari anche a memoria) probabilmente attribuiremmo molti Nobel per la letteratura a Mogol prima che a Montale (o Ungaretti).

E non credo neppure che Forattini pensi di essere pittore migliore di XYZK perché tutti sanno riconoscere il suo tratto e in milioni hanno capito e apprezzato i suoi segni grafici.

Eh già: chi sapremmo indicare come XYZK ? Possibile che non esista un pittore di oggi di sicuro talento anche se poco conosciuto? E chi sono poi Landolfi e Castiglioni?

Uno scenografo non è un pittore e un giornalista non è un poeta. Possono esistere pittori che realizzano scenografie e poeti che scrivono di calcio, e viceversa; e certo non voglio dire che uno sia “meglio” di un altro. Ma esistono mestieri e competenze differenti, che in genere si indicano con diversi nomi e generano prodotti distinti e distinguibili.
Basta produrre suoni per fare musica? Basta che tali suoni suscitino emozioni? Ricordo un articolo di Massimo Mila letto su La Stampa forse 30 anni fa: parlando di non so più quale concerto (davvero mi sono scordato la composizione considerata) scriveva più o meno così: “Questa musica è come il cordiale che danno nelle caserme: un liquore a basso costo di bassa qualità ma ad alto tasso di alcool: vale poco ma ubriaca molto”.

Rispettiamo Montale e Ungaretti perché la scuola li rispetta e ce li fa conoscere e, quando va bene, ce li fa capire e amare; forse può succedere che ci faccia conoscere anche Tommaso Landolfi. Al contrario la scuola – in Italia – ignora che la musica è cultura; se va bene si fa della buona educazione al suono e alla musica, facendo valere il valore essenziale formativo ed educativo della pratica musicale. Poi, nell'età della ragione e fondante le basi della cultura personale (la scuola superiore) la musica scompare; Gesualdo da Venosa non ha gli stessi diritti di Petrarca, Verdi non ha gli stessi diritti di Manzoni, Schumann non ha gli stessi diritti di Goethe. E speriamo che l'uguaglianza dei diritti di tutti i grandi della cultura non si livelli presto, ma verso il basso, dando a Dante gli stessi diritti che oggi sono di Orlando di Lasso: anche questo è la democrazia che si sta preparando ?

Nessuna arte é più seducente della musica specialmente quanto diserta dal consesso delle arti per darsi alla prostituzione.” (Gianfrancesco Malipiero, Ti co mi e mi co ti, Vanni Scheiwiller editore, Milano 1966, p.24)

Giuseppe Gavazza

Scagliate contro la cattiva musica la vostra maledizione, ma non il vostro disprezzo! Quanto più si suona e si canta cattiva musica (e con più trasporto di quella buona) tanto più essa si riempie di lacrime, delle lacrime degli uomini. Il suo posto à molto in basso nella storia dell'arte ma molto in alto nella storia dei sentimenti della società umana. Il rispetto (non dico l'amore) per la cattiva musica non é soltanto una forma di amore per il prossimo, é ancor più consapevolezza del ruolo sociale della musica. I popoli hanno sempre gli stessi messaggeri di letizia e di dolore, nella massima felicità e nella più nera sventura; i cattivi musicisti. Un orribile ritornello, che un orecchio musicalmente dotato ed educato respinge al primo ascolto, racchiude il segreto di innumerevoli vite umane a cui ha infuso felici ispirazioni e sempre pronta consolazione. Un quaderno con cattive melodie, logorato dal frequente uso, ci dovrebbe commuovere come un sepolcro o una città. Che importa se le case non hanno stile o se le tombe scompaiono sotto stupide iscrizioni o banali ornamenti. (Marcel Proust, Les plaisirs et les jours, letto su De Natale, L'analisi musicale: modello o occasione?, Morano 1981).

4 Commenti

  1. In un interessante saggio intitolato "Formae mentis" uno studioso americano della mente, il prof. Howard Gardner (Feltrinelli, 1983) della Harvard University dice che nel cervello esistono SEI diverse intelligenze "relativamente autonome" e con evidenti localizzazioni fisiche: linguistica, MUSICALE, logico-matematica, spaziale, corporea-cinestetica, personali-il sè, personali-le relazioni con gli altri. La SCOMPARSA, come tu dici, della musica avviene "nell'età della ragione". Perchè ? Prima di rispondere devo osservare che anche altre intelligenze sono poco "coltivate" come quella corporea-cinestetica e quella personale, sia del sè sia dell'altro. Gli effetti di questa mancata educazione delle intelligenze multiple è una grave perdita per lo sviluppo della persona e forse una radice della sempre più scarsa coesione sociale.
    Poi si dovrebbe notare, anche dalla nostra esperienza personale, che le intelligenze "collaborano" ossia trasferiscono in un modo impercettibile il loro potere evocativo e trasversale: una musica può facilmente indurci emozioni (effetti cenestetico-corporei), una empatia verso l'altro può innescare una risposta verbale (effetti sul linguaggio). Dunque perchè la musica riceve poca attenzione nei primi anni di vita per poi scomparire ed ancora ricomparire come "ascolto" e consumo ? Non ho una risposta che mi convinca. Ne tento una...noi oggi privilegiamo la comunicazione verbale e visuale per cui quando alleviamo i nostri figli ripetiamo quanto appreso nella vita adulta, ossia PARLIAMO molto a nostro figlio, gli facciamo VEDERE subito molte immagini ed oggetti...ma non gli facciamo ascolatre musica sino dai primi giorni di vita e dopo cinque anni ...i giochi sono fatti !! Ricordo bene il metodo SUZUKY per insegnare il violino ai bimbi dai tre anni con esiti eccezionali; l'avvio è nei primi anni. Poi la musica si continua da imparare ma è un po' come il programma software che si carica sul nostro computer...non è hardware, non è "cablata" e quindi meno efficace, meno integrata, meno creativa.

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  2. La ringrazio per il suo commento rigurado al mio articolo e apprezzo la citazione di Proust, anche se il mio intento non era quello di fare differenza tra buona o cattiva, ma quello di dare importanza alla musica da qualsiasi parte essa provenga e qualsisi cosa essa possa rappresentare.
    Inoltre le faccio i complimenti per la sua rubrica perchè credo sia molto interessante.

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  3. @ renzo provedel: non se ho sostenuto che la la musica scompare nell'età della ragione. Certo che la musica si apprende meglio nell'infanzia ma è così per molte altre cose. Immagina non incontrassimo il linguaggio parlato se non dopo i 10 anni: credo che ben pochi parlerebbero agevolmente. La musica è una pratica, è una ginnastica, necessita un controllo psico-fisico simile a quello richiesto dalle pratiche sportive. Il metodo Suzuky è efficace ma moltissimi musicisti sono diventati eccellenti in modi diversi. Certo che vivere la musica attivamente nei prima anni di vita spiana la strada. Secondo me è un problema energetico: per ascoltare musica acustica la si deve produrre, fare attivamente con dispendio di energie motorie, muscolari. La musica solo ascoltata (riprodotta) è nata con l'elettricità ed è una pratica passiva. Ascoltare con gli altri è una esperienza piacevole ma in fondo autistica; suonare con gli altri presuppone un livelo di interazione complesso e articolato.

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  4. @ Antonella Musiello: grazie a te per l'intervento. la differenza tra musica buona e cattiva nasce dalla citazione di Proust e mi sta a cuore che si ascolti anche ciò che non è così conosciuto, riconosciuto, diffuso. Esiste musica bellissima, rara da trovare (colpa della distribuzione), che chiede un po' di "training" e di attenzione per essere goduta. Forse servirebbe un commercio equo o solidale anche per la musica e l'arte: altre volte ho auspicato un WWF per l'arte e la musica: un WAF (World Artlife Found) o un WMF. L'arte non commerciale è in via d'estinzione?

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