Un bordello senza muri

di Vincenzo Jacovino

McLuhan, quando parla della fotografia, fa sua l’immagine che Jean Genet aveva del mondo dell’era fotografica come di un bordello senza muri e, d’altro canto, cosa sono le numerosissime riviste e giornali di gossip? E’ vera involontarietà il loro tentativo di spingere sempre più oltre il limite, nell’accezione più ampia del suo significato? Perché una delle caratteristiche di questo medium – è sempre McLuhan a parlare – è appunto quella di isolare nel tempo momenti singoli che non mancano, spesso, di influenzare pesantemente specie quando le specifiche singole immagini prospettano deliranti e illimitate voluttà Questi momenti singoli sono, ormai, la sostanza dell’immaginario collettivo. Sollecitano pulsioni individuali e collettive con quei corpi femminili che sono

uno schianto con quelle dolcissime gambe,

come una lucertola ti serpeggia nel sangue. ( A.M. Ripellino)

Se la fotografia è un bordello senza muri e siccome nessuno può farla da solo è legittimo porsi non un solo interrogativo ma più di uno soprattutto quando in questo bordello ci casca, volente o nolente, il potente di turno. Ecco che gli interrogativi fanno massa critica per l’eccesso di voyeurismo ma, ancor peggio, per un processo di decomposizione dei protagonisti nonché del tessuto organizzativo sociale e politico. La società non è più rassicurante come non lo è il mondo e l’ambiente familiare perché attraverso questo bordello senza muri emerge con rutilante fascinazione l’esserci del potente, qui e ora, sempre dovunque e ovunque. E non solo, perché le Lolite, che oggidì furoreggiano, dimostrano quanto sia facile raggiungere mete impensate con un bel fondo schiena e sgambettando sgambettando.

Il bordello senza muri, oggi, affascina e sollecita partecipazione più di ieri perché quelle immagini, quei singoli momenti, creano un mondo al quale il cittadino, diventato pubblico, desidera appartenere. Si agogna di vivere in un mondo che non è reale. Si sogna di far parte del gossip perché introduce nell’ambiente dello spettacolo e della politica e, quindi, è consequenziale che si scambi la popolarità per la realtà.

E’ la meta finale di qualsiasi aspirante al potere il quale, mellifluamente, identifica la volontà popolare con la realtà sociale. E attraverso gesti e parole la realtà si confonde e fonde con i reality: sindrome fascinosa per Lolite e non. Pertanto ci si chiede, cos’è: prigionia di un’idea ricorrente? O paura dell’età che avanza? Purtroppo, è vero che fotografia e potere, a causa della polarità che esercitano, non fanno che sublimare una realtà sociale distorta e manipolabile costantemente..


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