La visione assordante

Giuseppe Gavazza

Il titolo accattivante Accecare l'ascolto ha accompagnato i giorni della fiera Artissima, a Torino (ne ha appena scritto dettagliatamente Chiara di Salvo su queste colonne) seguendo l'idea di rompere le paratie e far scorrere il pubblico e le idee tra le arti.

Bene.

Così nella brumosa prima settimana di novembre mi ritrovo parte di una compagnia itinerante che poco a poco familiarizza a (ri)vivere la sindrome del festival: bulimia culturale all'inseguimento di eventi, delocalizzazione temporale che ti fa perdere i rapporti con il calendario e l'orologio, digiuni diluiti da aperitivi, caffè e cioccolatini offerti dagli sponsor, per un fine settimana anticipato a mercoledì, con culmine in una domenica full immersion no-stop dalle 11 del mattino a Mezzanotte circa.


L'idea - a mio avviso azzeccata e credo anche vincente a giudicare dal pubblico sempre numeroso – è quella di incrociare la città e i suoi abitanti con i suoi ospiti. Far conoscere ai torinesi (e non solo: molte persone sono giunte da altre città) artisti (in senso allargato: arte, teatro, danza, musica) internazionali e dare un motivo alle persone di passaggio a Torino - pubblico e professionisti del mondo delle arti visive legati alla fiera di Artissima – di scoprire la città partendo dalla visita ai suoi teatri aperti, riaperti, rinnovati recentemente: il Carignano, il Gobetti, l'Astra, il Regio, gli spazi teatrali della Cavallerizza Reale.


La parola come estasi – scorporata del proprio significato – non ha più una funzione comunicativa tradizionale ma diventa un significante autonomo, diventa l’alone di un suono inteso come oblio.

In questo senso Bene parla di un “ascolto accecato”.

Dall'introduzione di Andrea Bellini, direttore di Artissima, letta su RadioSick n.1/2009 (scaricabile in PDF a: http://www.artissima.it/frontend/radiosick/


Il titolo (tradotto in inglese con Blinding the ears; tutti i materiali informativi erano nelle due lingue) nasce da una definizione di Carmelo Bene citato sul volume (copertina in accecante verde rosso su carta patinata lucida) Accecare l'ascolto, nell'intervista introduttiva ancora a Bellini:

Ho tra le mani un foglio, scritto o disegnato. A distanza. Ne decifro perfettamente i margini e il significato totale. Lo accosto a venti centimetri dagli occhi e ne decifro il senso dei dettagli. Avvicino questo foglio al mio naso e qualunque leggibilità è sbiancata. Il massimo del blow-up ottico-acustico coincide con il minimo dell'ingrandimento (visibilità-udibilità zero). Ecco l'amplificazione come risonanza. La fenomenologia del soggetto è finalmente solarizzata. E' accecato l'ascolto.”


La musica cerca nuovi spazi, nuove occasioni e la ritroviamo ovunque, nel bene e nel male, in teatro e al supermercato, negli atri dei teatri e degli hotel, sotto i portici delle città. Non ci sono palpebre per le orecchie.


A Torino gli enti musicali si consorziano e nasce Sistema Musica; Teatro Stabile e Teatro Regio collaborano, le stagioni teatrali fanno concerti, quelle concertistiche fanno danza e quelle di danza fanno teatro. Tutto si rimescola come in un cocktail o come nell'opera dove tutto si mette in gioco: il suono, il gesto, l'immagine, la parola detta e cantata.

Le stagioni anche tradizionali e conservatrici si aprono al nuovo, almeno nella comunicazione: Bellini non è un cocktail si legge sui muri di Torino da qualche tempo: è la campagna dell'Unione Musicale per la stagione di concerti 2009-2010. (http://www.unionemusicale.it/stampa).


Bellini (Andrea di cui sopra) non è un cocktail e non è Vincenzo ma sembra saper mescolare ingredienti con capacità e originalità e sa mettere assieme ingredienti diversi e ben assortiti: insomma un buon barista e un buon compositore.


Nel prossimo numero scenderò nei dettagli di quanto visto-ascoltato: per ora orecchie, occhi e mente sono ancora accecati.

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