Amore e condanna



di Natty Patanè
Così lontano da qui, dove l'amore può essere ancora colpa


Al tanfo non ci faceva più caso da tempo.
Dall'inferriata filtrava un gelido alito che come lame spaccava le labbra rinsecchite dalla sete ma, dalle stesse fessure, s'insinuavano, quasi materializzati, brandelli di luce a cui Sivier legava ricordi, speranze e fantasie.
Gli avevano detto che erano passati già 4 anni e, forse, le condizioni del sacco che gli avevano dato come divisa lo avrebbero potuto testimoniare.
Si rincantucciò in un angolo più libero da dove poteva fissare uno di quei quadrati di cielo e cominciò a cucirci sopra un velo leggero di ricordi.
Tornò rapido al volto di Nhimar, a come lo ricordava lui quel volto, a come lo ricordava in quel loro ultimo incontro. Volti e corpi accaldati che si liberavano dei vestiti per schizzarsi frammenti di fiume. Quel volto a cui si avvicinava, lento. Ricordò la sua pelle così chiara e gli occhi grandi e non ancora sfiancati dalla paura nei minuti dell'arresto.
Diede al gelo la forma affusolata di quelle mani che un giorno lo avevano accarezzato e, vincendo la confusione, lo avevano stretto e fatto vibrare facendolo illudere per un attimo d'essere immortale. Erano tempi così lontani dai momenti in cui il dolore e l'umiliazione sarebbero stati così violenti da fargli augurare di addormentarsi per sempre.
Porzioni di nuvole scorrevano velocissime e diventavano immagini preziose per chi, come lui, non sapeva quante ne avrebbe potute vedere ancora.
S'erano stesi sull'erba alta del greto del fiume ancora bagnati, confusi da quello che accadeva oltre i loro baci, insinuato nelle loro menti e, forse, nei loro cuori così inutilmente fiduciosi. S'erano stesi e avevano guardato a lungo il cielo dopo aver scoperto che l'amore, talvolta, si abbatte improvviso come un rovescio estivo, come un rovescio, violento e inaspettato.
S'erano stesi e avevano sussurrato alle nuvole le speranze degli anni che s'affacciano all'età adulta, in quegli ultimi istanti in cui la vita sembrava qualcosa da scoprire.
Come spesso faceva, chiuse gli occhi e, come un bimbo, sperò che le nuvole portassero via tutto quello che era accaduto dopo, gli uomini del villaggio che li insultavano e deridevano, l'arresto, le botte, le violenze, il processo incomprensibile e le tante mattine in cui lo svegliavano dicendogli che quello sarebbe stato il giorno.
Gli occhi si riaprirono sullo stesso muro coperto di muffa e graffiti osceni.
Fuori, il mondo guardava le stesse nuvole e a loro legava ricordi, speranze e fantasie.
Sivier continuò ad aspettare.
Sivier continua ad aspettare stretto al suo amore per un volto fissato nel ricordo, aggrappato ad un brandello di cielo sempre più piccolo.






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