Il caso Wikileaks, tra i fenomeni “virali” più eclatanti di attualità del 2010. Il sito delle “soffiate”, diretto dall'australiano Julian Assange, ha offerto la possibilità a milioni di internauti di leggere direttamente i documenti segreti della diplomazia internazionale. Una svolta per l'informazione on line in favore della libertà di informazione.
Il 2010 è quasi finito, e come ogni anno che passa, si vanno a tirare le somme di quello che è stato, e di quello che poteva essere. Un anno in cui il web ha fatto da padrone, non solo per quanto riguarda la consacrazione dei social networks, ma anche per la sua affermazione come mezzo di informazione privilegiato. Basta guardare il caso WikiLeaks, punta dell’iceberg di un crescente assalto all’agenda mediatica. La vicenda del sito delle “soffiate”, diretto dall'australiano Julian Assange, è una delle storie “virali” più eclatanti di attualità del 2010, le cui dinamiche , iniziate 4 anni fa, non sono state facili da capire all’inizio. É solo ora che la vera storia dietro questa organizzazione sta venendo alla luce. Ecco le tappe salienti.
È stato detto che WikiLeaks ha reso di pubblico dominio agli internauti il più esteso e segreto materiale diplomatico internazionale mai pubblicato prima dal resto dei media mondiali messi insieme, tirandone fuori i più nascosti e inaspettati scheletri nell’armadio. Il tutto in favore della libertà di informazione. Può essere vero tutto questo?
Sì, può essere vero. A detta di Julian Assange, nel reportage ealizzato dalla televisione svedese Svt, : «E' preoccupante che il resto dei media di tutto il mondo stia lavorando così male, che un piccolo gruppo di attivisti riesce a pubblicare un maggior numero di informazioni di questo tipo del resto della stampa mondiale messa insieme». E' in questo modo che, a tempo di record, WikiLeaks diventa una forza globale con cui fare i conti.
Il sito è curato da giornalisti, attivisti, scienziati. Chiunque, da ogni parte del mondo, in forma anonima, può inviarvi materiale “che porti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende” tenuti nascosti. Gran parte dello staff del sito, come gli stessi fondatori del progetto, rimane anonima. L'organizzazione dichiara di verificare l'autenticità del materiale prima di pubblicarlo e di preservare l'anonimato degli informatori e di tutti coloro che sono implicati nella “fuga di notizie”. Ebbene, siamo di fronte a un nuovo tipo di ribellione, una guerriglia tecnologica senza base nazionale. Difatti, WikiLeaks, per scelta, non ha alcuna sede ufficiale. Covi di studenti, internet cafè e server rooms, sono i loro centri di controllo e di comando sparsi in tutto il mondo. Insomma, una sorta di Wikipedia in versione irrintracciabile che consente la pubblicazione e l'analisi di massa di documentazione riservata. Lo scopo ultimo è quello della trasparenza da parte dei governi quale garanzia di giustizia, di etica e di una più forte democrazia. «La gente ha il diritto di conoscere questo materiale e gli archivi storici hanno il diritto di avere ogni materiale che abbia importanza diplomatica, politica, etnica o storica» spiega ancora Assange nel reportage.
A proposito del guru di WikiLeaks, se andate a scovare nel suo passato, scoprirete presto che Assange lotta da tempo contro il “sistema”. Lui stesso ha raccontato le sue prime iniziative hacker quando da adolescente, in Australia, si faceva chiamare “Mendax”, divenendo un hacker di fama e annoverando tra le sue vittime nientepopodimeno che l’agenzia spaziale NASA. All’età di 21 anni finì in tribunale, colpevole di una ventina di reati informatici e, seppur assolto, si convinse della necessità di avere un’informazione senza censura. Dalla creazione in Australia di una delle prime piattaforme per dibattiti online alla pubblicazione dei documenti riservati di Scientology, il passo che portò nel 2006 a Wikileaks fu breve. Assange vide la divulgazione di informazioni come uno strumento di prevenzione che avvisa coloro che sono implicati in atti moralmente discutibili o azioni criminali che saranno moralmente scoperti e dovranno affrontare le conseguenze.
Fu così che nel 2006 Assange e un gruppo di persone, accumunati dallo stesso pensiero, registrarono il dominio wikileaks.org, dedicato a coloro che volevano rendere noti gli abusi di potere. Lui e i suoi colleghi, hacker e matematici, erano dislocati in tutto il mondo e comunicavano attraverso una ristretta mailing list. Da questa piattaforma cominciarono a definire il loro progetto per costruire un movimento globale per la pubblicazione di informazioni segrete, l’arma politica più conveniente, a loro parere, con l'obiettivo di inserire una nuova stella nel firmamento dell’uomo. Del resto, «ogni grande riforma deve essere basata sull’informazione perché solo questa può amplificarla e raggiungere il suo scopo», afferma Assange nel documentario.
Ispirato da Wikipedia, WikiLeaks (nome composto da "leaks", che significa fuga di notizie, e "wiki", termine di origine hawaiana che indica i siti i cui contenuti sono sviluppati in collaborazione da tutti coloro che vi hanno accesso) distribuisce le informazioni raccolte da anonimi volontari per controllare l’autenticità ed eliminare ogni traccia dell’identità della fonte. Nonostante la maggior parte della popolazione non abbia né il tempo, né interesse o le risorse per analizzare il materiale di WikiLeaks, ci sono professionisti a cui rivolgersi. WikiLeaks arrivò alla conclusione che i media sono gli unici canali che hanno le risorse e le motivazioni richieste per creare un vero impatto. Così WikiLeaks si è accordò con alcune testate internazionali, che ottennero l'esclusiva e che tutt'ora pubblicano in modo autonomo le informazioni ricevute: si tratta di The Guardian, di Der Spiegel, di The New York Times, di El Pais, di Le Monde. Da allora è uno scoop dopo l’altro. Dai documenti sulla sottrazione di denaro dai fondi statali keniani da parte dell'ex presidente keniano Daniel Rap Moi, alle procedure di detenzione nella prigione di Guantánamo; dalle prove che la multinazionale Trafigura ha inondato di rifiuti tossici la Costa d’Avorio alle mail private di Sarah Palin che incastrano la governatrice dell’Alaska mentre viola la legge sulla trasparenza.
Certamente questo è stato l'anno della "rivelazione" di WikiLeaks ma ne sentiremo parlare ancora con nuovi scoop e confessioni, con l'aupicio che la rete sia ancora libera, e che le informazioni, nonostante pressioni o censure continuino a circolare liberamente, e siano fruibili a tutti. D’altronde, TerPress è figlio del web e crede nella sua potenza e le sue enormi potenzialità, come la lezione di WikiLeaks ci ha dimostrato.
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