Il post precedente offre lo spunto per affrontare il tema quanto mai controverso della compensazione delle emissioni di un evento e, in particolare, della reale (o meno) sostenibilità di questa pratica.
Premessa: l’attività di organizzazione eventi non rientra tra quelle sottoposte a vincoli dal Protocollo di Kyoto.
Conseguenza: così come la riduzione, anche la compensazione delle emissioni generate dallo svolgimento di un qualsiasi tipo di evento rappresenta un'operazione puramente volontaria per i soggetti operanti nel settore.
Lo strumento maggiormente diffuso a livello nazionale e internazionale per procedere alla compensazione delle emissioni generate da un evento è costituito dall’acquisto di crediti di emissione sul Mercato Volontario del Carbonio. In parole povere, per compensare le proprie emissioni si acquistano quelle evitate da altri, in vari modi, in diverse parti del mondo.
Come si può vedere in Figura, il 29% dei crediti generati e scambiati nel 2010 deriva da progetti di riduzione delle emissioni da deforestazione e degradazione delle foreste (REDD); il 16% da processi di captazione del metano di discarica; l’11% dall’eolico; il 6% da progetti di riforestazione e imboschimento e così via.
Ma è veramente sostenibile ragionare nell’ottica “inquino tanto compenso”? Compensare, piuttosto che ridurre, le emissioni di un evento acquistando crediti derivanti da fiamme a cielo aperto che bruciano il gas di discarica nei Paesi in via di sviluppo? O da centrali idroelettriche che per essere costruite hanno comportato la “ricollocazione” di interi villaggi? O ancora da discutibili progetti di efficienza energetica?
Chiederselo pare quantomeno lecito...
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