L’informazione e il sistema sociale complesso


di Giuseppe Siano


In copertina: Gossip! di Dario Panzeri


Queste nuove potenzialità e tecniche conoscitive, che si stanno sviluppando in particolare nei laboratori scientifici e che alcuni artisti innovatori hanno iniziato a divulgare secondo un proprio sistema di “creatività”, ci hanno indotto a credere — con la scienza sistemica — nelle radici e nelle motivazioni più complesse e meno profonde delle azioni umane. (Parlando di radici mi viene in mente un testo poco noto e datato di Felix Guattari e Gilles Deleuze, «Rizoma»).
Se fossimo spinti dagli attuali cambiamenti — che si pensano oggi abbiano fondato anche un nuovo modello di scienza che sta unificando tutto il sapere e che chiamiamo cibernetica — ci troveremmo già proiettati in una filosofia che lascia intendere che per fondare una nuova conoscenza comune bisognerebbe procedere oltre il logos inteso come parola, e recepire il logos come sistema di relazioni variabili.
Questo spostamento nel modo d’intendere il logos già da solo potrebbe indurre a fondare la “ricerca delle conoscenze” sugli stimoli; superando la filosofia e il racconto della comunicazione lineare che cerca ciò che vogliono dire o rappresentare “veramente” i fatti nelle parole. Qui si desidera andare anche oltre i messaggi che volevano comunicare le parole con un racconto lineare.
Uno degli uomini di scienza di primo piano nel mondo moderno, che ha inaugurato questa riflessione sulla complessità della trasmissione dell’informazione, è stato Charles Darwin. Egli è stato un solitario biologo, che ha osservato la natura e ha studiato le specie viventi. Nel corso della sua vita ha fatto esperimenti e ha scritto libri. La principale scoperta, che guida il suo pensiero, è il manifestarsi dei processi di evoluzione.
Il tema dell’evoluzione, sviluppato da questo grande innovatore della filosofia e della conoscenza, fu articolato in una varietà di concetti agilmente interconnessi, che in biologia alcuni ancor oggi sono validi, mentre altri non hanno superato la verifica sperimentale e conoscitiva nel tempo.
Per questo motivo le idee di Darwin vanno esaminate singolarmente, e non vanno raggruppate sotto un’unica concettualità, o stigmatizzate in un’unica rappresentazione.
Dopo la rivoluzione cosmica portata dall’astronomo polacco Copernico nel cielo, e del filosofo Kant nel pensiero filosofico, Darwin evidenziò il credo fallace della centralità dell’essere umano anche in biologia. Fece intendere innanzitutto che l’uomo non andava collocato in quell’ambiente semidivino, che è attribuito ancora all’“essere” umano. Egli notò che l’uomo dotato di pensiero evidenziava spesso un’autoproclamata superiorità umana, rispetto alla lotta biologica per il cambiamento e per la sopravvivenza in cui erano coinvolte invece tutte le altre specie viventi.
In uno dei primi taccuini affermò che «Spesso la gente parla del meraviglioso evento della comparsa dell’uomo dotato d’intelligenza», ma ciò che alla sua giovane età già lo entusiasmava fu la scoperta che «la comparsa di insetti con altri sensi è più meravigliosa» [a cura di P. H. Barrett, P.J. Gautrey, S. Herbert, D. Kohn e S. Smith, traduzione del taccuino rosso B ed E, sta in C. Darwin, Taccuini 1836-1844, Roma-Bari Editori Laterza, 2008, p. 208]. In effetti, questa affermazione fa supporre che Darwin non era un umanista, dal momento che ciò che lo impressionò furono le istintive capacità architettoniche e di orientamento delle api mellifere, che allora stava studiando. Per l’estetica, ma, in verità, anche per la ricerca filosofica: con un’organizzazione sensoriale differente si può giungere a costruire un’architettura di vita e di pensiero differente, con una differente percezione dell’ambiente.
Dopo secoli, la rivoluzione copernicana del pensare e del sentire contro l’antropocentrismo ancora oggi non è conclusa. Essa ha avuto sviluppi agli inizi del secolo scorso anche nel campo aperto dalla fisica subatomica, con la trasmissione dell’informazione come corpuscolo-onda. La rivoluzione continua tuttora, perché coinvolge le conoscenze che sono presenti nell’attuale dibattito. Bisogna attraversare le recenti scoperte della seconda parte del XX secolo per riconoscere la innovazione nel conoscere e nel pensare, che ha diviso ulteriormente i campi della trasmissione dell’informazione: da una parte gli sviluppi della chimica e della biologia con la formazione degli “organismi complessi”, attraverso cui si conservano i meccanismi dell’ereditarietà biologica e del sistema organizzativo DNA e RNA, — dove, cioè, degli acidi conservano le informazioni che permettono la sopravvivenza della vita degli organismi —; dall’altra la fisica della trasmissione dell’informazione, al servizio di ambienti ancora più piccoli, i cosiddetti nano-ambienti della fisica quantistica, che s’interessano d’informazione trasmessa attraverso il propagarsi e l’assemblarsi delle onde-corpuscoli, — ovvero, attraverso variabili di elettricità, calore, energia connesse a onde-corpuscoli subatomici, come i fotoni, gli spin ecc.. Un’ultima nota sulla fisica della trasmissione dell’informazione: per far emergere e misurare gli elementi-onda, energetici, luminosi elettrici e interfacciati a quelli organici corpuscolari, coi loro spostamenti di nanosecondi nei nano-ambienti spazio-temporali relativi, è necessario dotarsi di un altro sistema di misurazione delle relazioni (il nanometro, o miliardesimo di metro). Di solito si ricorre a dispositivi che permettono di captare e tradurre gli stimoli energetico-corpuscolari in strutture di quanti o in vettori, per cui l’osservatore, per ora, deve sceglie se seguire il fenomeno come emergenza corpuscolare o come onda. Nella fisica della trasmissione dell’informazione l’unità di misura comune è il bit [binary digit = calcolo binario]. Di questo ulteriore sistema fisico con cui trasmettere le informazioni parleremo più approfonditamente in seguito, ma ne abbiamo già assunto dei modelli (sinergismo, catastrofi, ecc.) quando abbiamo definito la complessità dei sistemi.
Ritorno a Darwin per dire che ancora oggi troviamo filosofi ed uomini di scienza, anche tra quelli che dichiarano di accettare la sua teoria evolutiva — qualsiasi “cosa” pensino che sia —, che rifiutano spesso di accettare alcune delle implicazioni che il naturalista inglese centocinquanta anni fa affermava.
La sua più importante scoperta, che va oltre l’evoluzione e che si presenta ancora come la “vera” minaccia per il pensiero umano occidentale, è ciò che egli chiamò “selezione naturale”. Questa locuzione indica il meccanismo centrale del cambiamento evolutivo.
Secondo la teoria di Darwin, confermata da un secolo e mezzo di prove e di studi della biologia, la selezione naturale è un processo senza uno scopo, ma è efficace e utile alla trasmissione della vita. Essa può essere verificata in modo “impersonale”, è cieca agli indirizzi futuri, non ha fini se non la prova dei modelli di sopravvivenza fisica sviluppati da una specie in un ambiente e la descrizione a-posteriori dei modi di trasmissione dell’informazione; per cui si può dire che la selezione naturale ha solo esiti. Per comprendere come si applica questa selezione al processo evolutivo, quindi, basta osservare sia quali individui sopravvivono nell’ambiente vitale osservato, e sia quali individui hanno successo nella riproduzione. La selezione naturale di una specie, in sintesi, nasce da variazioni disordinate, selezionate ed accumulate, e, va confrontata con l’osservazione delle interrelazioni tra le altre specie presenti nello stesso ambiente. Essa produce, inoltre, una forma di ordine che ha fondamenti pragmatici, le cui radici sono riscontrabili nella sopravvivenza e nel successo riproduttivo dell’individuo e nel tipo d’informazione trasmessa alla specie; mentre i fattori che inducono all’azione gli individui sono la superfecondità e la competizione mortale. Prodotti collaterali, che sono a fondamento dell’individuo di qualsiasi specie, sono l’adattamento, la complessità e la diversità; questi sono i fattori generali che permettono la riuscita o meno della trasmissione dell’informazione genetica. La casualità di calcolo e di combinazione degli eventi, cui si sottopone la scelta di un individuo e a cui sono interrelati dei fattori relativi come, ad esempio, la situazione e gli sviluppi scelti da altri individui nello stesso ambiente, potrebbe anche far intendere che vi sia un progetto di un piano divino preordinato.
In questo caso, però, è un insieme di fattori caotici che determinano le scelte, e non certo un ordine rivelato a-prioristicamente prestabilito. Dopo Darwin è emersa la necessità di discriminare tra un vecchio progetto ed un nuovo progetto d’intendere la scienza e la conoscenza; segnando una prima differenza tra comunicazione attraverso le teorie scientifiche umane antropocentriche, che poi si sono differenziate da ciò che si trasmetteva come informazione delle specie viventi con le nuove teorie scientifiche evoluzioniste.
L’informazione, per questo motivo, non può più essere considerata come un sinonimo del comunicare tra umani, intesi quali entità superiori.
I filosofi e gli artisti della comunicazione della superiorità dell’umano pensiero, secondo i calcoli eseguiti sia dai teologi di esegetica biblica o ebraica o da quelli che s’interessano dell’Olimpo greco-romano, in questi quindicimila anni dalla “creazione” del loro mondo da parte del loro dio o con la nascita poco successiva del panteon greco-romano, ancora oggi credono per vere quelle teorie che si sono costruite con le loro rappresentazioni, e credono all’immutabilità dei loro idoli da venerare, perché ancora forti sono le loro teorie antropocentriche.
Dopo Darwin la vita della Terra, grazie agli studiosi dei fossili, iniziò ad essere calcolata in termini di miliardi di anni, e non fu fatta risalire a quindicimila o a ventimila anni dalla creazione di Dio. Con questo biologo-filosofo possiamo affermare che ebbe inizio il distacco dell’informazione delle specie dal concetto di comunicazione; infatti, solo questa ultima locuzione rimase ad indicare in modo esclusivo la “comunicazione superiore” degli umani, nonostante che anche l’uomo è coinvolto nella lotta per la sopravvivenza degli individui, al pari di ogni vivente di altra specie, che ogni giorno si svolge nell’ambiente vitale.

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