di Gordiano Lupi
www.infol.it/lupi
Simone Bargiotti pubblica la sua seconda opera dopo Voglio sentire l’urlo del tuo respiro
(Zona, 2011) con I libri di Emil,
piccola casa editrice bolognese collegata al marchio Odoya che riserba uno spazio ai giovani narratori e a interessanti
proposte di saggistica. Il giorno più
bello della mia vita io non c’ero è un racconto psicologico più che un
romanzo, non tanto per la lunghezza (110 pagine), quanto per il respiro
narrativo e per la modesta complessità della struttura. Tutto ruota attorno al
protagonista, in una sorta di psicoterapia individuale resa esplicita da una
rapida introduzione, una confessione in piena regola. L’autore parla di un
ragazzo che ha la sua stessa età, immedesimandosi nel ruolo del protagonista,
facendo vivere in prima persona dubbi e angosce esistenziali. Ambientazione
bolognese, luoghi che Bargiotti conosce bene, quindi la regola base della
scrittura è rispettata: parla solo di
cose che conosci. La materia narrata è vecchia come il mondo: amori, primi
baci, timidi rapporti sessuali, conflitti adolescenziali, ragazze che si
succedono ad altre ragazze. La scoperta dell’amore è il fulcro dell’esistenza,
il motivo per cui si vive e si affrontano le prove, ma ci sono anche il
difficile rapporto con la madre, la scuola, il lavoro, gli amici. Bargiotti
cita Nietsche e racconta il suo passato, come lezione per vivere il presente,
prende per mano il lettore e comunica la voglia del protagonista di emanciparsi
dalla cultura scolastica. La vera formazione intellettuale non sono le nozioni
da mandare a memoria per andare a lavorare in un ufficio in giacca e cravatta,
ma le scoperte musicali e letterarie
compiute in prima persona. Possono essere i Queen, può essere Nietsche, ma
anche un quotidiano, una rivista, l’incontro con una donna o con una grande
idea. Bargiotti racconta attacchi di panico, paure immotivate, momenti di pura
dissociazione dalla realtà come istanti di vita vissuta. Il libro si legge
volentieri, lo stile è nitido, il tono colloquiale, le digressioni ridotte al
minimo. Si tratta di un romanzo - confessione con tutti i limiti di tale genere
narrativo. Avremmo preferito una storia, congegnata in modo tale da comunicare
le stesse idee ma inserite in un contesto narrativo. Bargiotti ha seguito la
strada del flusso dei pensieri e del ricordo del passato. Una lettura
consigliata soprattutto per gli adolescenti che vivono identiche pulsioni.
Abbiamo avvicinato l’autore per raccogliere le sue
considerazioni, interessanti per il possibile lettore: “Ho scritto un romanzo
psicologico perché mi è venuto naturale raccontare una psicoterapia. Racconto
le mie avventure quando ero pierre
nelle migliori disco della riviera romagnola.
Non so nemmeno io se sia finzione o realtà. Sai meglio di me che la verità non esiste in letteratura, lo
scrittore è un tramite fra se stesso e la pagina, e anche il racconto più vero
è comunque falso. Diciamo che è la
mia verità, la mia soggettività. La letteratura per me è questo, dovessi
definirla in tre parole direi Io secondo
me. I miei riferimenti letterari... Ho amato moltissimo Kafka, ho letto tutta
la sua opera e anche molta critica su di lui (Citati, Cantoni). Poi (forse all’altro
estremo) amo leggere Bukowski e Kerouac. Infine, non ho ancora iniziato nulla,
visto che mi chiedi il prossimo lavoro. Ma ho appena finito questo”.
Simone
Bargiotti
Il giorno
più bello della mia vita io non c’ero
Euro 12 – Pag. 110 – I libri di Emil
www.ilibridiemil.it
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