di Gordiano Lupi
Regia: Alberto Simone.
Soggetto e Sceneggiatura: Alberto Simone, Gioia Magrini, Dido Castelli.
Fotografia: Roberto Benvenuti, Romolo Eucalitto. Montaggio: Enzo Meniconi
Kohout. Musiche: Vittorio Cosma. Scenografia: Andrea Crisanti. Costumi:
Beatrice Bordone, Luigi Bonanno. Produttore: Roberta Manfredi, Alessandro
Olivieri. Paesi di Origine: Italia, Paesi Bassi. Durata: 86’. Genere:
Drammatico. Interpreti: Tchéky Karyo, Nino Manfredi, Isabelle Pasco, Jim Van
Der Woude, Johan Leysen, Mimmo Mancini, Paolo Sassanelli, Andrea Cagliesi,
Davide Cincis, Barbara De Luzenberger, Andrea Giudici, Annelie Harrysson,
Cinzia Mascolo, Vasco Mirandola, Daniela Rompietti, Anouschka Sarafzade, Anna
Scaglione, Francesco Scali, Francesco Guzzo, Giacinto Ferro, Turi Scalia.
Colpo
di luna è l’interessante opera prima di Alberto Simone - apprezzato
da Nanni Moretti - presentata al Festival di Berlino, dove è stata premiata
soltanto per la bravura del cast di contorno. A nostro parere ci sono molti
aspetti che rendono la pellicola importante nell’asfittico quadro
cinematografico dei nostri anni Novanta. Prima di tutto la tematica disagio mentale, affrontata con
leggerezza e profondità, per non parlare di una delle ultime ottime
interpretazioni di Nino Manfredi. In sintesi la trama. Lorenzo (Karyo, doppiato
da Roberto Pedicini) torna in Sicilia dopo la morte della madre, nella casa
della sua infanzia, che deve restaurare e vendere. Prende contato con Salvatore
(Manfredi) che si presenta alla villa con due insoliti aiutanti che soffrono di
turbe psicologiche. Lorenzo si rende conto che a casa di Salvatore si è
insediata una vera e propria comunità diretta da uno psicologo (Leysen), che si
prende cura di ragazzi affetti da disagi mentali. Salvatore ha un figlio
schizofrenico (Mancini) che cura con affetto, nella consapevolezza che la sua
assenza nel momento del bisogno ha aggravato la malattia mentale. La madre è
morta nel darlo ala luce e Salvatore è tornato a casa dalla Germania - dove si
trovava per lavoro - solo cinque anni dopo. Lorenzo è uno scienziato che si
occupa di buchi neri e problematiche astrofisiche, in un primo tempo vorrebbe
scappare e tornare prima possibile al suo lavoro, ma poco a poco si affeziona
alla comunità, vive una sorta di rapporto sentimentale con Luisa (Pasco),
comincia a curare i ragazzi e decide di restare. Perfetta l’interpretazione
degli attori che si calano in maniera credibile nelle turbe psichiche che
devono rappresentare, dopo lunghe fasi di studio a contatto con veri malati di
mente, insieme al regista e agli autori. Il film è ben sceneggiato, a parte
alcuni dialoghi un po’ retorici e diverse sequenze (ben fotografate) meramente
calligrafiche. Il regista cita Il posto
delle fragole di Ingmar Bergman con la tematica del ritorno a casa e della
riscoperta dell’infanzia grazie alle cose che si rivedono con gli occhi nuovi
dell’età adulta. Tra tutti è emblematico l’episodio dell’automobile di famiglia
riscoperta nel garage e rimessa in sesto per spostarsi, che produce alcuni flashback di un Lorenzo bambino seduto
nei sedili posteriori. Citato esplicitamente Il dormiglione di Woody Allen, sia nel contenuto che nel dialogo
della poetica sequenza. Abbiamo il tema della diversità tra Sud e Nord, la vita
che va sempre di fretta, presa troppo sul serio dai milanesi, contro il fatalismo
meridionale e i tempi lenti della calda Sicilia. Nino Manfredi è straordinario
- pur con il suo accento ciociaro - come
vecchio lavoratore siculo, ignorante ma tutto cuore, innamorato di suo figlio e
della vita. Tchéky Karyo nei panni del protagonista sfoggia sempre la stessa
espressione, non è il massimo della recitazione mimica, ma in definitiva compie
con diligenza il suo dovere. Contributi comunitari alla realizzazione del film per il tema portante prettamente sociale e per
aver affrontato l’argomento disagio mentale con spirito didattico (e mai
didascalico). Ottima la colonna sonora realizzata da Vittorio Cosma, che si
avvale di alcuni pezzi classici e sinfonici.
Alberto Simone (Messina, 1956)
gira nella sua Sicilia un’opera prima ispirata e compiuta, proviene da
esperienze di psicologo e psicoterapeuta, quindi conosce bene il tema di cui
parla. Candidato al David di Donatello come miglior regista esordiente, ha la
sfortuna di incontrare sulla sua strada uno straordinario Paolo Virzì. Produce
Dauphin Film Company, fondata insieme alla moglie Roberta Manfredi (figlia di
Nino), mentre il suocero collabora come attore in un ruolo che gli calza a
pennello. Globo d’Oro alla migliore opera prima, assegnato dalla stampa estera.
Simone non ha più girato niente per il cinema, ma ha cominciato una proficua
attività come regista televisivo e sceneggiatore Rai. Ricordiamo tra i molti lavori
realizzati nei due ruoli: Linda e il
brigadiere (2000), Una storia
qualunque (2000) - sempre con Nino Manfredi protagonista -, Un difetto di famiglia (2002), Le ragioni del cuore (2002), In nome del figlio (2008), Il commissario Manara (2009 - 2011), L’ultimo papa re (2013).
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