Gordiano Lupi
Regia: Eriprando
Visconti. Soggetto e Sceneggiatura: Renzo Rosso, Vittorio Sermonti, Eriprando
Visconti. Fotografia: Lamberto Caimi. Montaggio: Mario Serandrei. Musiche: John
Lewis. Paesi di Produzione: Italia / Francia. Casa di Produzione: 22 Dicembre
di Ermanno Olmi. Durata: 80’. Genere: Sentimentale. Formato: 1.33 – Bianco e
Nero – 35 mm. Interpreti: Daniéle Gaubert (Valeria), Enrico Thibault
(Giampiero), Romolo Valli (padre di Giampiero), Lucilla Morlacchi (Francesca,
sorella di Giampiero), Regina Bianchi (madre di Valeria), Rosanna Armani
(Vicky), Anna Gael (amica di Valeria), Giancarlo Dettori (Dario), Ermanno Olmi
(sig. Turchi).
Un libro interessante e
utile come Prandino – L’altro Visconti,
scurato da Corrado Colombo (aiuto regista del Visconti meno noto) e da Mario
Gerosa (esperto di cinema a tutto
tondo), edito in questi giorni da Edizioni Il Foglio, mi ha convinto a
riscoprire la scarna filmografia del talentuoso regista milanese. Nove lungometraggi,
in fondo, quasi tutti accomunati da un unico tema: dimostrare
l’incomunicabilità tra uomo e donna
(sula scia di Antonioni) e la fragilità del rapporto sentimentale (seguendo
Bergman). Eriprando Visconti (1932 - 1995) viene avvicinato dalla critica più
attenta a registi come Alberto Cavallone e Cesare Canevari, per tematiche
affrontate e modo di sperimentarle da un punto di vista cinematografico,
esibendo anche il non mostrabile, per scelta professionale e onestà
intellettuale. Eriprando Visconti, detto Prandino, sin dal primo film, pur
rispettando le convenzioni cinematografiche dei primi anni Sessanta, cerca di
andare oltre, mettendo in primo piano il personaggio di una donna libera,
indipendente, insoddisfatta, che non si accontenta del matrimonio e di un
figlio, ma che vuole essere interprete della sua vita. Valeria - che ha il
volto della giovanissima quanto brava Gaubert - è una donna che lascia gli
uomini, che decide la fine di un rapporto, che perde la verginità, aspetta un
figlio e va ad abortire in Svizzera per non essere costretta a sposarsi, è una
donna che non cerca il matrimonio come scopo di vita ma vuole essere libera da
condizionamenti. Bravo anche Enrico Thibault
nel ruolo maschile da borghese innamorato, uomo del suo tempo che non comprende
una donna così diversa da come dovrebbe essere secondo un ruolo assegnato dalla
tradizione. I due attori principali sono giovani e alle prime esperienze ma
vengono guidati con mano ferma da un regista che pretende molto da loro,
soprattutto una recitazione teatrale ricca di dialoghi e di primi piani, molto
impostata ma naturale, secondo regole che provengono dalla lezione neorealista.
Una storia milanese è un film originale,
girato in maniera perfetta, fotografato in un nebbioso e languido bianco e nero
dal bravo Caimi, impaginato da Serandrei tra piani sequenze e primissimi piani,
intensi campi e controcampi, ricco di dialoghi verbosi e complessi, sempre ben
impostati. Visconti espone la sua idea di cinema e dimostra di avere le idee
chiare sin dalla prima opera, anche se la gigantesca ombra dello zio peserà non
poco sulla produzione futura, relegandolo ai margini del sogno. Ermanno Olmi
produce e interpreta un piccolo ruolo che prevede tre lunghe sequenze insieme
all’attrice principale, quasi un viatico di un grande regista a un giovane
autore che descrive con sapienza la Milano del boom, le contraddizioni di una
famiglia borghese, il rapporto tra padre e figlio, l’affetto complice per la sorella
e la frequentazione di amici della stessa classe sociale con i quali trascorre
serate sempre uguali e va a caccia in palude. Colonna sonora straordinaria di
John Lewis, che comprende brani di Enzo Jannacci e di musica popolare, per una
pellicola che passa dal mito americano all’esaltazione della tecnica, polemizza
con la cultura classica imperante, mostra il traffico di una Milano attiva e
moderna, i navigli, la campagna fredda e nebbiosa. Alcune sequenze d’amore si
spingono oltre il lecito per la rigida censura del periodo storico, cosa che
costa un divieto ai minori per una pellicola in ogni caso adatta a un pubblico
adulto e preparato. Una storia milanese
è un film coraggioso, per niente convenzionale, una piccola storia d’amore
descritta con rapide pennellate, iniziata e finita per volontà di una donna che
vuole essere libera e indipendente. Un film risolto, teatrale, intenso, a
tratti persino poetico, sceneggiato con cura e senza sbavature, che analizza in
maniera approfondita la psicologia dei personaggi. Visconti mette sul piatto della bilancia i temi futuri
della contestazione giovanile e dell’emancipazione femminile, anticipando la
lotta femminista che condurrà l’Italia ad accettare la modernità, divorzio e
aborto compresi. Da rivedere, consapevoli che per essere apprezzati certi film
devono essere storicizzati e lo spettatore deve calarsi nella temperie
culturale che li ha prodotti.
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