di Claudia Penzavecchia
Quando sei una dietista (mi perdoneranno i politically
correct ma parlerò al femminile, trattandosi di me. La cosa non cambia però per
i colleghi di sesso maschile) ti devi mettere l’anima in pace: ogni nuova
persona che ti verrà presentata, se ne uscirà con un “ah, ma allora mangi
sempre sano”.
Quando mangi, di base le persone giudicheranno quello che
scegli: se non mangi la pasta “ah vedi, allora è vero che la pasta fa male”. Se
non mangi la carne “ah quindi, vegetariana?”. Se mangi la carne si volteranno
verso l’amico/a vegetariano/a e diranno tronfi “visto? Devi mangiare la
carne!”. Se mangi il dolce “ma come, il dolce?”. Se non mangi il dolce “visto??
La dietista non mangia dolci”.
Per questo e altri motivi sto seriamente prendendo in
considerazione l’ipotesi di tornare al mio vecchio lavoro di montatrice video.
No, scherzo. Ormai tutti sanno che sono una dietista
burlona.
La mia reazione di solito, devo ammetterlo, è un sorriso
educato, un “beh dai, dipende”. E dentro di me un “ma perché non ti fai gli
affari tuoi e mi fai mangiare in pace, come io sto facendo con te?”.
Sì perché se pensate che i dietisti a tavola giudichino
quello che mangiano gli altri, vi sbagliate di grosso. Almeno, io non lo faccio
(ho un po’ di manie di grandezza e certe volte traslo me stessa su tutta la
categoria e in effetti, bisognerebbe fare dei distinguo. Ma qui, si parla di
me).
E questo per svariate ragioni. La prima è che quando si
mangia, si mangia. Si parla con gli altri a tavola, ci si gusta il cibo, si
compiono delle scelte in base alle proprie preferenze, si assaggia, ci si gode
l’atmosfera, si gioca con le briciole sulla tovaglia, a mezz’orecchio forse si
ascolta il telegiornale se c’è, si ruba un tortiglione dal piatto del vicino,
si prende in giro chi taglia gli spaghetti e chi mette il parmigiano dove non
ci starebbe… si fanno tante cose, di sicuro tra queste non rientra il guardare chi
mangia cosa, e quanto.
Di sicuro, a me, non partono in automatico calcoli sulla
percentuale di carboidrati, proteine e grassi che qualcuno sta consumando. Nemmeno guardo quanto bevono i miei compagni
di mangiata, io che sono astemia. Non mi interessa. Non ha senso che io me ne
interessi. E questo ci porta alla seconda ragione.
Perché nessuno potrà mai giudicare, anche volendo (e io non
voglio), l’alimentazione di una persona da un pasto. No, nemmeno da un’intera
giornata, caso mai vi trovaste insieme pranzo e cena.
Questa tendenza per cui ormai etichettiamo tutto molto
velocemente come giusto o sbagliato al primo sguardo, non so dove l’abbiamo
presa. Certe volte mi sembra di vivere in un grande quiz interattivo. Fai un
gesto, ti metti una cosa, mangi, e le persone accanto a te schiacciano
immediatamente una bella spunta verde o una grossa X rossa. Il contesto, la
totalità, le particolarità, le sfumature, i se, ma e dipende, non contano più.
Perché ci vuole troppo tempo per prendere un considerazione
tutte le variabili, combinarle tra loro e trarne delle conclusioni (che poi
alla fine, spesso continueranno a non essere risolutive nemmeno così).
L’approccio globale non ci piace perché non ci
tranquillizza. Non accende spunte verdi e croci rosse ma delle specie di ondine
di un giallino spento niente affatto rassicuranti. Non è sexy. Non vende. Non
ci puoi fare il titolone di giornale con un grosso, grasso Dipende.
Le persone leggono “dipende” e pensano “ e quindi?”.
E quindi, dipende. E quindi ti devi mettere un attimo a
tavolino, in silenzio, metti il cellulare da parte, spegni la tv, smetti di
piluccare, fai un bel respiro, e pensa. Al tuo stile di vita. Alle tue
preferenze. A quelli che sono i tuoi dubbi realmente (non quelli che ti hanno
fatto venire, quando non te ne eri mai preoccupato prima), le cui risposte ti
cambierebbero davvero la vita. Pensa a cosa ti ha portato fino a questo punto e
quanto ci hai messo, ad arrivarci, e fai una previsione reale di quanto ci
metteresti a raggiungere il tuo obiettivo, se hai deciso di cambiare
alimentazione o stile di vita in generale.
NO. Lo vedo, che stai cercando spunto dall’ennesimo profilo
Instagram, dall’influencer Jennifer o Johnny, dal guru che ti dice questo sì e
questo no. NO. Lascia perdere, quelle persone non sono te. Hanno altri
obiettivi, altri stili di vita, altri vissuti, un’altra genetica, altri gusti,
altri ritmi, altri interessi, altri scopi anche, nel trovarsi su Instagram.
Ha senso plasmare la
propria vita sulla loro? Anzi… su quella che loro fanno vedere a voi?
Siete sicuri che quello che vi mostrano sia tutta la verità?
State con loro 24 h su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni all’anno? Ecco.
Quindi, che senso ha? Che senso ha bere succo di sedano,
perché lo fa qualcuno sui social media, se a voi il succo di sedano fa schifo?
Oltretutto, non serve a niente, ma questa è un’altra storia.
Perché lo stesso discorso lo possiamo fare anche su altri
alimenti, non crediate. Che senso ha per esempio mangiare gli spinaci, se a voi
non piacciono? Ma non mangiateli! Ma chissenefrega degli spinaci! C’è talmente
tanta verdura da cui pescare, qualcosa che vi piace ci sarà! Forza,
scioglietevi un po’. Rilassatevi. Connettetevi sulle vostre preferenze. Ma che
vita è una vita in cui non potete scegliere liberamente cosa mangiare? Il cibo
è nutrimento, d’accordo, ma è anche qualità della vita. È piacere, socialità,
simbolo, tradizione.
E sì, certo, dobbiamo anche esercitare un certo livello di
razionalità e di “presenza”, quando mangiamo. Perché la nostra genetica ci
spinge ad accumulare energia per quella carestia che ormai non arriverà più,
almeno non per voi che state leggendo qui e ora. E quindi facciamo gli adulti,
un minimo dobbiamo discernere tra alimenti più nutrienti e alimenti meno
nutrienti, quelli di cui possiamo mangiarne porzioni più abbondanti in
frequenza maggiore, e quelli che dobbiamo mangiare in maniera più oculata. Ma
mi avete sentito dire da qualche parte fin’ora che c’è qualcosa che dovete
assolutamente evitare? No. Se non soffrite di patologie particolari, no.
Torneremo a sviscerare man mano questi e altri argomenti
relativi al campo della nutrizione. Intanto, smettete di guardare cosa c’è nel
piatto degli altri, e concentratevi sul vostro. Non ho studi scientifici alla
mano che lo provino , ma mi sento di dire che un comportamento del genere
solleva la probabilità di campare cent’anni.
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