Boschi verticali, architettura eco-sostenibile o moda green?

Elena Guidi

bosco verticale
fonte: Boeri Studio

“Boschi verticali”, architettura eco-sostenibile o moda green? Il mondo dove l’esaltazione dell’immagine e l’idea della sostenibilità sono ormai diventati due fattori vincenti per qualsiasi attività, spesso si rischia di voler associare ad ogni costo i valori “green ed ecologico” per descrivere progetti, strutture od oggetti che in realtà non ne possiedono propriamente le caratteristiche. 

Strutture verdi che hanno fatto tanto parlare di sé, nel bene e nel male, sono sicuramente i “boschi verticali”. Si tratta di un modello di edilizia residenziale che tenta di portare i progetti di riforestazione metropolitana direttamente sui palazzi, posizionando alberi e arbusti, per l’appunto, in verticale.

Ce ne sono tanti di esempi sparsi per il mondo, ma l’edificio di cui si è parlato molto negli ultimi anni, sia nel panorama italiano che estero, è il “Bosco Verticale” di Boeri Studio. E’ stato completato nel 2014 a Milano, nella zona di Porta Nuova, e ospita circa 2100 piante posizionate su due torri. L’edificio ha avuto così tanto successo che al gruppo Boeri è stato richiesto di costruire altre “torri verdi” in Cina, a Nanjing, e a Il Cairo, in Egitto.

Se l’educazione ambientale che stiamo ricevendo in questi anni sta avendo effetto, dopo queste righe dovrebbe sorgere in tutti la domanda: questa generazione di edifici eco-sostenibili è davvero una soluzione al problema climatico e di biodiversità urbana, o si tratta solo di una copertura estetica?

Valutarne la reale sostenibilità non è mai facile. Ma possono essere considerati alcuni pro e contro.

L’effetto positivo sulla mente dei cittadini creato dalla vista delle piante in un paesaggio prevalentemente cementato è sicuramente il primo vantaggio. In secondo luogo c’è il vantaggio prodotto dalle facciate verdi nel ridurre le temperature, ma questo è un fenomeno soprattutto ristretto alle vicinanze dell'edificio, e visto che l’edificio è costruito in verticale, l’effetto non è poi così evidente nelle parti della città più basse e più utilizzate.

Boeri ha poi affermato che ‘’i diversi tipi di vegetazione creano un ambiente verticale che può essere colonizzato da uccelli e insetti trasformando il Bosco Verticale in un simbolo della ricolonizzazione spontanea della città da parte di piante e animali’’. L’aumento della biomassa vegetale in uno spazio urbanizzato è sicuramente un fattore positivo per gli animali, che sono sempre più privati del loro spazio, ma d’altra parte la presenza di aree verdi isolate e dalle dimensioni ristrette crea forti limiti. Qui non è possibile creare un habitat completo e sufficiente per la sopravvivenza della maggioranza delle specie, proprio perché non vi è lo spazio vitale necessario a farle coesistere ed interagire tra loro. Infatti solo gli organismi che tollerano la convivenza con gli esseri umani, che possono raggiungere altezze così elevate e che possono vivere in spazi così ristretti saranno in grado di abitarvi. Quindi bene, ma manca il terreno profondo e l’estensione spaziale che ha il verde “tradizionale” necessario per ospitare molte forme di vita.

Al contrario poi del verde pubblico “orizzontale” irrigato dalle acque meteoriche, la disposizione verticale delle piante ha richiesto un uso maggiore di energia per pompare l'acqua, compensato da un sistema di pompaggio a energia solare (anche se dobbiamo ricordare che questa fonte di energia verde ha tanti lati poco” green”), e di acqua per l’irrigazione, che viene riciclata dalle acque grigie e di falda del complesso. Valori per lo più positivi, ma ancora una volta manca qualcosa. Infatti uno dei grandissimi problemi delle aree urbanizzate fortemente cementificate è il problema alluvioni e dissesti idrogeologici. In mancanza di una vasta superficie pronta ad assorbire l’acqua meteorica, come il terrendo dei parchi e delle aree verdi delle città, aumenta l’acqua “libera”, ovvero quella che non trovando via di fuga si accumula per strade e piazze, provocando anche gravi danni.

La bio-architettura è un valido esempio per tentare di conciliare l’esigenza di verde e cemento nelle grandi città urbanizzate, in termini di massa biologica vegetale presente, con tutti i pro associati. Ma Il verde del “bosco verticale” non deve essere considerato come sostitutivo ma come complementare rispetto al verde pubblico e soprattutto non può essere una soluzione sufficiente per migliorarne la sostenibilità sia in termini di preservazione della biodiversità, qualità dell’aria e sicurezza idraulica. Anzi, si potrebbe ottenere l’effetto contrario. L’eccessiva esaltazione del carattere “ecologico” di queste strutture potrebbe “far rilassare” o desistere dalla ricerca di reali soluzioni dei problemi ambientali che sono ormai protagonisti delle città. Bisogna guardare i boschi verticali con un occhio più critico, e far sì che questa “spinta verde” delle città non sia solo una moda con qualche effetto positivo, che ci sono, ma far sì che si trasformi in un concreto movimento per la riqualificazione dei veri “boschi di cemento” nei quali siamo racchiusi.

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