IL FILM “I BAMBINI DI GAZA”. L’UTOPIA DELLA SPERANZA

 IL FILM “I BAMBINI DI GAZA”. L’UTOPIA DELLA SPERANZA



Nel 2003 a Gaza c'erano i bombardamenti israeliani, i carri armati israeliani, i soldati

israeliani che sparavano (come oggi, ma oggi è molto peggio). E' ambientato in

quell'anno il film di Loris Lai, tratto da un romanzo di Nicoletta Bortolotti, ''I bambini

di Gaza''. Ricordo che nel 1967, dopo la guerra dei sei giorni, Israele occupò il Sinai,

la Cisgiordania, Gerusalemme Est, le alture del Golan e la striscia di Gaza.

Successivamente Il Sinai tornò all'Egitto, in seguito ad accordi con quello stato,

mentre tutte le altre aree, nonostante una risoluzione delle Nazioni Unite, non

furono restituite da Israele, che non ottemperò nemmeno al diritto internazionale

che chiedeva che chi occupava un territorio non suo rispettasse i diritti dei residenti

e non potesse colonizzarlo con propri insediamenti. Nel 2003 era in corso la rivolta

palestinese nota come seconda intifada, Gaza era ancora occupata ed erano state

create diverse colonie, i palestinesi avevano già realizzato tunnel attraverso cui

trasportavano armi e merci, Hamas era già nato (nel 1987) ma non era ancora al

potere. I bambini a Gaza giocavano alla guerra contro gli israeliani, poi passavano

alla pratica lanciando pietre ai soldati, infine morivano per le bombe. I coloni

israeliani si sentivano le avanguardie del movimento sionista, il cui fine era occupare

tutta la Palestina cacciandone i palestinesi e realizzando il ''Grande Israele''. In

questo contesto un ragazzino di Gaza va a scuola, gioca alla guerra, aiuta la madre

giovanissima e vedova (il padre, ucciso dagli israeliani, è un ''martire''). Però la cosa

che gli piace di più è andare alla spiaggia con un malandato surf, a cercare nelle

onde quella libertà che gli è quotidianamente negata. Nota un altro ragazzino col

surf, cerca di avvicinarlo ma questo lo sfugge. Seguendolo, scopre che è un

israeliano che vive in un una casa protetta dall'esercito con la madre e il padre, che

la considera come un avamposto per la sacra missione di occupare tutto il territorio

scacciandone i locali. Questo ragazzino è solo e vive con disagio la sua condizione,

cercando anche lui, con la tavola da surf, liberarsi da questa realtà. I due bambini si

guardano con diffidenza, ma non riescono a trovare l'odio reciproco che i rispettivi

popoli di appartenenza vorrebbero. Interviene poi un terzo personaggio, che appare

inizialmente del tutto alieno: un ragazzo americano, che si è alloggiato vicino alla

spiaggia e che ha una dipendenza da sostanze antidolorifiche. Si scoprirà che è un ex

campione di surf, reso zoppo da un incidente e sconvolto dalla morte della sorella,

che operava come volontaria per aiutare la popolazione di Gaza, e che ora vuole

solo scomparire dal mondo. L'incontro di queste tre solitudini provoca un effetto

positivo, perché l'americano ritrova interesse per la vita assecondando la passione

dei due bambini, diventando loro maestro di surf e non solo. E i due ragazzini,

nonostante l'odio e il dolore, forse si avvicinano in una solidarietà che è solo umana

e sarebbe normale in un altro contesto. Il film appare un pò troppo estetizzante, a

volte fugge la terribile realtà che racconta con inserti onirici, virtuosismi registici (in

certe scene mi ricorda un pò lo stile di Garrone di ''Io capitano''). Mi sembra, ma

forse sbaglio, che il regista abbia guardato anche un film completamente diverso

come ''Un mercoledì da leoni'', dove pure c'è il tema del surf come luogo di fuga dal

reale e dai suoi problemi, di rafforzamento dell'amicizia, e anche del bisogno dei

giovani di trovare una guida di vita. Merita la visione in questi tempi terribili perché

si presta a diverse considerazioni sul senso di ciò che vediamo, sulle radici di questo

odio. Soprattutto, secondo me, dovremmo tutti capire il trauma di questi bambini

che nella loro vita hanno visto solo sangue, violenza, che vivono nella paura, che

hanno perso i famigliari e gli amici. C'è un riscatto, una salvezza per loro? Io credo di

no e penso che quello che accade metterà un marchio di vergogna indelebile su chi

avrebbe potuto impedirlo e anche su chi è stato indifferente. Recentemente ho

rivisto ''Germania anno zero'' di Rossellini. Parla di un bambino che si aggira tra le

macerie di Berlino distrutta dopo la guerra: vorrebbe aiuto, solidarietà, anche solo

qualcuno per giocare. Ma trova solo cattiveria e crudeltà, capisce di non avere

speranza e si uccide. Purtroppo l’umanità non cambia. A Bologna ''I bambini di Gaza''

è programmato al cinema Orione.

Sauro Sassi

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