IL BENE TOLTO: catarsi o purificazione?

di Patrizia Luperi




Alessandra Sciacca Banti ci presenta il bellissimo libro di Giusy d'Urso:
Il bene tolto, edizione Progetto cultura, 2007

Le voci di donna più autorevoli in campo letterario si sono alzate nel Novecento.
Una tra queste è stata quella di Clarice Lispector.
Il fenomeno della scrittura femminile si rinnova in questo scorcio di XXI secolo.
La lettura del libro di Giusi D’Urso, Il bene tolto, mi ha subito fatto pensare all’opera prima della Lispector: Vicino al cuore selvaggio

I due testi, incentrati sulle figure di due donne che si guardano dentro e analizzano tutto quello che percepiscono del mondo reale, hanno in comune anche la tecnica narrativa. Le costruzioni di immagini, realistiche o fantastiche. In particolare quelle realistiche sfumano nel poetico e nel immaginoso puro grazie all’uso di un lessico ricco e all’uso di figure retoriche, senza però la pesantezza che di solito accompagna questo processo. Sono le parole lievi ma potenti di cui parla un uomo, Italo Calvino, nelle Lezioni americane. La scrittura femminile ha forse più potenzialità di quella maschile ma ha bisogno di confrontarsi con essa anche nell’uso delle tecniche più raffinate e magari anche nella riflessione teorica.
La donna bionda senza nome di Giusi D’Urso e Joana, la protagonista del romanzo della Lispector, vivono il vuoto emotivo che le colpisce dopo il loro incontro con gli uomini della loro vita. Un vuoto che si ripercuote sul loro equilibrio fisico e mentale.
Nel libro di Giusi D’Urso si pone l’accento su questo senso di disagio, usando come specchio della condizione psico-fisica della protagonista, di cui non viene rivelato mai il nome, un fenomeno che ha a che fare sia con il corpo che con la psiche: le mestruazioni, simbolo della fertilità e quindi di quel senso di completezza che la maternità dà alle donne.


La donna senza nome non ha avuto figli, come non li ha avuti Joana nel romanzo di Clarice Lispector. In uno slittare di piani narrativi tra il presente e il passato della donna, messi in risalto dall’uso di diversi caratteri tipografici, c’è sempre questo elemento del senso di pienezza che le mestruazioni regolari danno alla protagonista. Il vuoto emotivo nasce anche dalla mancata realizzazione di quello che era in potenza nel corpo della donna giovane e fertile.
A cinquanta anni le mestruazioni sono andate via. Il vuoto emotivo è cresciuto dentro la protagonista.
Concluso un ciclo della sua vita, la donna senza nome affronta, passando per la disperazione, il ricordo del trauma che l’ha segnata. Essere violentata mentre ha le mestruazioni.
La rievocazione del trauma avviene alla presenza di uno degli uomini della sua vita. Il marito che è impotente di fronte alla sofferenza della compagna.
La rievocazione del trauma, una rievocazione solitaria nonostante la presenza maschile, secondo me ha una funzione catartica. La catarsi non ha sempre l’effetto di procurare sollievo, ma ha sempre quello di sciogliere i nodi del dolore e di dare una consapevolezza di questo dolore e delle sue ragioni.
Questo avviene in una forma più decisa anche nel romanzo della Lispector, dove Joana, liberata dai suoi fantasmi, parte per un viaggio. Il viaggio è spesso simbolo di liberazione e coscienza di sé.
La raggiunta capacità di auto-analisi è la caratteristica delle donne di carta del Novecento e del Duemila e delle donne-autrici che le hanno create.

8 Commenti

  1. Sì, un articolo bellissimo e profondo. Sono lusingata, gratificata e anche un po' confusa.
    Grazie.
    Giusi D'Urso

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  2. Il vuoto emotivo...che sia per un figlio mancato, per un amore sfumato o per una violenza subita, ha quel sapore amaro che purtroppo molte donne troppo spesso provano. A volte si rischia davvero di non discernere la realtà dall'immaginazione. Ma ciò che dal mio punto di vista contraddistingue noi donne è, oltre alla capacità di generare, anche quella di rigenerarci. E' la nostra forza, deve esserlo.

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  3. devo a questo post la conoscienza di Clarice Lispector, attraverso la traduzione italiana di alcuni dei suoi lavori pubblicati su Sagarana, ad esempio il saggio "Sullo scrivere", presente sul n. 18, http://www.sagarana.it/rivista/numero18/saggio4.html

    quindi grazie ad Alex per averci introdotto alla lettura di Clarice, noi poveri letterati che non conosciamo il portoghese...

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  4. Ho divorato "Il bene tolto" in una notte. E' quello che definirei "romanzo in apnea", nel senso che per gustarlo pienamente e soprattutto per farlo proprio va finito in fretta, come un gelato. Non voglio essere fraintesa, tutto penso di questo libro tranne che somiglia ad un gelato: è tutt'altro che zuccherato, ha un sapore dolceamaro che persiste una volta letta l'ultima pagina.
    Devo ammetere che non immaginavo mi rapisse così: sono un tantino prevenuta verso le letture tutte al femminile, e invece...
    Ogni singola pagina e riga trasuda tensione: è l'inquietudine della protagonista che ci contagia, dovuta alla sua voragine solitudine interiore. Solitudine che la donna tenta di ingannare (invano) attraverso rapporti con l'altro sesso più o meno reali (il marito, l'amante in carne ed ossa, l'amante in chat).
    Ma come vive l'amore e la sessualità questa cinquantenne-ragazzina? Ovviamente in modo immaturo e instabile. Più che d'amore è affamata di comprensione, spera che almeno uno di questi uomini verso i quali apre le braccia (col marito sembra già rassegnata, anche se alla fine sembra che il brav'uomo si riscatti e si tolga finalmente i prosciutti dagli occhi) la salvi. Non ha ancora capito, e non per colpa sua, che l'unica capace di salvarsi è ella stessa. A mio parere non ci riesce: il trauma che l'ha segnata nella sua intimità più profonda violando il suo giovane pudore l'ha come ibernata in uno stato di eterna ma illusoria adolescenza; l'amore più forte ma anche il più sofferto è quello sognato in chat, non a caso privo di fisicità (che lei però desidererebbe). La passionalità della protagonista viene esternata in una sessualità tormentata e al limite del masochismo: non a caso l'amante è un uomo molto imponente, sia dal punto di vista fisico che psichico, e le provoca rabbia e delusione, pur tuttavia accompagnate da un'insana dipendenza.
    La rievocazione del trauma ha davvero potere catartico per questa femmina dilaniata?
    Il titolo non mente: il bene tolto è la femminilità negata, il figlio mai avuto e forse mai voluto: al momento dello stupro la bambina aveva le mestruazioni, (tema che come ha notato giustamente Alessandra Sciacca Banti ricorre per tutto il libro), finchè anche queste non tornano più dal momento che la donna è entrata in menopausa.
    Il finale, non si esaurisce in un'esplosione (che costituirebbe sollievo sia per la protagonista che per il lettore in apnea) bensì implode: per questo credo sia impensabile parlare di catarsi o purificazione, e dubito ahimè che la finestra aperta costituisca salvezza per quell'anima violata nel profondo e che forse non è mai stata forte abbastanza per sopravvivere al suo dramma.

    Sono troppo cupa? Son sicura che Patrizia la pensa diversamente da me, e vede la finestra aperta come una rinascita.
    Giusy, ci puoi dir qualcosa? Avrei voluto conoscerti domattina, ma spero non mancherà occasione.
    Buonanotte a tutti gli amici della Terza Stanza
    Ariel

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  5. Carissima Ariel,
    mi sorprende sempre leggere le interpretazioni e i commenti delle lettrici del mio romanzo. Anch'io non vedo l'ora di conoscerti e di ringraziarti di persona per la tua attenzione al mio lavoro.
    Non credo che tu sia troppo cupa. Credo che ogni libro ci cambi un po', in fondo; che dopo averlo letto non siamo esattamente come eravamo prima. Hai filtrato il mio scritto con la tua sensibilità e le tue esperienze: quello che ti è imploso dentro ha un sapore diverso dall'implosione che hanno sentito altri. Ed è giusto che sia così.
    La finestra aperta è rimasta volutamente aperta, affinchè ognuno, leggendo e metabolizzando quell'implosione di cui parli, trovi dentro di sè il coraggio o semplicemente il piacere di lasciare entrare l'aria assolata o richiuderla sui propri affanni!
    Non sempre ciò che ci viene tolto non può essere in qualche modo ripristinato, recuperato.
    Un abbraccio a te e a Patriza, che penserà che siamo "cupe" entrambe!!! :)

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  6. Buon fine settimana Giusy, anche tu sei una che ruba ore al sonno per ritagliarsi uno spiraglino per sè? i figli mettono a dura prova la nostra intimità!
    Spero a presto,
    Ariel

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