Libertà d'ascolto

Giuseppe Gavazza

“All'origine vi erano soltanto dei suoni, che a poco a poco si trasformarono in materia.”

“A seguito di questa evoluzione provocata dal demiurgo gli uomini persero i loro corpi sonori, luminosi e trasparenti, e cessarono di librarsi nell'aria. Divennero pesanti e opachi e, allorché cominciarono a mangiare i prodotti della terra, la loro natura acustica si attutì a tal punto che rimase loro soltanto la voce.
(Marius Schneider, La musica primitiva, Adelphi 1992)




Miti di ogni parte del mondo raccontano che l'universo è nato dai suoni, che attraverso i suoni si creò la materia; anche chi consegnò le tavole a Mosè si manifestò, pare, solo come voce che gli dettò le dieci leggi.

L'essere digitale, che condivide con l'anima alcune caratteristiche, ci permette di scambiare e registrare enormi quantità di dati. Per motivi diversi si pongono di più in più limiti, regole e interdizioni al flusso, alla trasmissione e alla memorizzazione di dati, ma pare che, per ora, a questa rete di divieti e controlli sfugga, almeno un poco, la dimensione dell'ascolto.

Musei, gallerie d'arte, monumenti, spazi pubblici mi chiedono di rinunciare ai miei apparecchi di registrazione visiva così come mi chiedono di evitare di produrre suoni telefonando o parlando ad alta voce. Giustamente.
Mi è successo recentemente di leggere la curiosità e un po' di sconcerto negli occhi di custodi di musei che si avvicinavano vedendomi maneggiare il registratore audio digitale portatile, un piccolo apparecchio elettronico con led e tasti, aspettandosi - forse anche sperando - di avermi colto in flagranza di irregolarità con un videoregistratore, una macchina fotografica o un telefonino. E a chi mi diceva di spegnere chiedevo perché, dove si leggeva che fosse proibito registrare suoni: e ho potuto continuare a registrare suoni.

Sono invece riuscito a far tacere su un TGV Parigi-Milano un insopportabile e irriducibile telefonatrice (italiana): esasperato dal suo ininterrotto vociferare ad alta voce, sapendo che probabilmente l'avrei insultata chiedendo di smettere, ho visibilmente appoggiato il registratore audio sul tavolino che ci separava: “Cosa fa? “ “Registro suoni” “Ma lei non può registrare quello che dico” “Non è scritto da nessuna parte che non posso registrare; invece gli annunci hanno ripetutamente invitato a rispettare gli altri telefonando unicamente dalle piattaforme tre gli scompartimenti”. Indignata si è altezzosamente allontanata, rumorosamente, ma non ha telefonato più.

Sappiamo di vivere un epoca e in una società principalmente basate sulle immagini: questo dà forse un po di respiro e libertà al mondo dell'ascolto. Trovo molte trasmissioni interessanti alla radio, non alla TV: gli indici d'ascolto (si chiamano così anche quelli tele-visivi?) radiofonici sono così insignificanti a fini politici, propagandistici, commerciali da consentire ancora un po' di libertà di scelta a chi programma permettendo di uscire dalla banalità e dal conformismo. “Il telefono, la tua voce”, recitava uno slogan anni fa: la radio oggi mi porta ancora voci che mi piacciono, m'insegnano, mi divertono, mi arricchiscono.

Chiudete qualche volta gli occhi e aprite le orecchie: fa bene alla mente e all'anima. E magari comprate un registratore audio portatile – ne esistono di economici e forse la funzione registrazione audio esiste in un apparecchio che avete già - e usatelo per raccogliere memorie che, riascoltate, vi sorprenderanno; basterebbe un minuto di suoni registrati ogni cento fotografie o ogni ora di videoregistrazione.

Imparare ad ascoltare è un modo per avvicinarsi al mondo.

Giuseppe Gavazza, 2 maggio 2009

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