Un problema di superficie

la redazione



fonte: catalogo della mostra

Carlo Ciussi, una danza di tracce e colori alla galleria Invernizzi a Milano dal 25 febbraio al 29 aprile 2025, ripercorre tracce e superfici di colore, una parte della multiforme attività di ricerca sul colore dell'artista. Una ricerca che esplora le diverse fasi del suo lavoro all'interno del catalogo che qui riportiamo per estratti.

Nel ripercorrere le linee primarie del suo discorso dentro la pittura lungo oltre mezzo secolo, Luca Massimo Barbero in un saggio del 2011 su Carlo Ciussi si riferisce a un “incoercibile desiderio di fare”, oltre a un costante “procedere inventivo”, rilevando quindi quanto sia multiforme e ampia l’indagine che questo artista, sin dal finire degli anni Cinquanta, ha portato avanti nel silenzio del suo studio, interrogando la tela, adottando diversi mezzi per entrare nel ventre inesplorato della pittura e studiandola come un fenomeno in continuo divenire grazie alla mediazione del colore.

Questa mostra si concentra su una specifica fase del lavoro dell’artista, i suoi anni Ottanta, con circa venti tele di medio e grande formato e un nucleo inedito di opere su carta della medesima fase dell’indagine pittorica, che non soltanto chiariscono i prodromi del suo pensiero visivo, ma evidenziano anche quanto importante e ancora per molti versi non ancora indagata sia la sua coeva produzione su carta. Nelle tele in mostra, concepite a partire dal 1983, l’artista mette da parte la sistematicità di una astrazione geometrica e la rigorosa modularità che dagli anni Sessanta ha verificato con impegno inesausto, per poi sfociare a esiti più aperti e disinvolti che sono proprio quelli qui raccolti nel percorso espositivo, in cui dalle tele rettangolari e ovali dalla grossa grana spuntano forme e segni sinuosi, aperti, che con il passare degli anni, nelle tele dipinte intorno al 1990, si intrecciano tra loro in una danza di scie e colori in grado di mutare di volta in volta.

Giulio Carlo Argan suggeriva che “la ricerca di Ciussi mira, se non sbaglio, a desimbolizzare la geometria, a ricondurla al suo significato primario, di misura della terra. Si rende conto che il processo non può essere che proporzionale e prospettico, nel senso storico dei due termini: e, storicamente, c’è una proporzione e una prospettiva delle linee, come c’ è una proporzione e una prospettiva del colore” 

Pur legato a un contesto che è quello del post-informale prima e delle esperienze della pittura modulare-astratta e agli esiti delle ricerche sulla percezione cromatico-visiva, Ciussi è un battitore autonomo e lo sarà anche e soprattutto negli anni della maturità quando rimane fedelmente congiunto alla propria pittura, senza farsi minimamente distrarre dalle forze in atto in Italia e nel contesto internazionale. Ciussi conserva strenuamente il senso profondo di una pittura che guarda alla modularità per infrangerla, che stabilisce un repertorio aperto da ricomporre perché la pittura è anzitutto pittura e nel suo caso è anche poetica e sincera esperienza esistenziale, mai diaristica ma comunque sempre intima, un esercizio quotidiano zen da esercitare nel silenzio del suo studio a Udine e, a partire dagli anni Sessanta, anche a Milano. 

Per Ciussi la pittura è stata sempre un fatto mentale, anche quando emotivamente coinvolto, quindi anche quando il segno si apre, il colore vive e resiste e trapassa il tempo e lo spazio, nei fatti tutto è frutto di un lavoro di progettazione che la coeva produzione di disegni manifesta espressamente.





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